CARESTIA SENZA PRECEDENTI: 232 MILIONI A RISCHIO

La fame colpisce quasi un miliardo di persone. Secondo le statistiche Fao, in 795 milioni soffrono di malnutrizione; di questi, il 98% vive nei Paesi in via di sviluppo. Solo in Africa ce ne sono 232,5 milioni.

Le carestie

Nel Corno d’Africa (Somalia, Eritrea, Sudan, Sud Sudan) come in Madagascar, Mozambico e Zimbabwe, il livello di “insicurezza alimentare” (vale a dire il numero di persone che riescono a fatica a trovare cibo a sufficienza ogni giorno) è altissimo. Tale emergenza può essere dichiarata “carestia” solo in condizioni specifiche: quando in una zona almeno il 20 per cento delle famiglie ha livelli estremi di carenza di cibo e limitata capacità di risposta; quando i tassi di malnutrizione acuta superano il 30 per cento; e quando il tasso giornaliero di mortalità interessa due adulti su diecimila.

I danni alla salute

Ma la fame non porta esclusivamente alla morte. Fra le tante conseguenze della malnutrizione acuta vi sono: estrema debolezza, anemia, ulcerazioni sparse, ipotrofia temporale, calo ponderale, cecità notturna, sanguinamenti e danni neurologici anche permanenti.

Le cause

I cambiamenti climatici, con l’innalzamento delle temperature, sono una delle principali cause di carestie degli ultimi anni. Tre quarti di tutti gli affamati del mondo, infatti, vive in zone rurali desolate e particolarmente vulnerabili a disastri naturali come siccità o inondazioni. Essi sono quasi totalmente dipendenti dall’agricoltura per i propri bisogni alimentari e non hanno fonti alternative di reddito o di impiego. Una siccità particolarmente prolungata, come quella in corso in Madagascar e in Africa occidentale, non solo “brucia” i raccolti dell’anno, ma vanifica la semina per l’anno successivo. La mancanza di precipitazioni dunque può gettare per anni una famiglia di piccoli agricoltori nella miseria più nera.

Ma, oltre ai fattori naturali, sono molteplici anche le cause umane: la guerra costringe le popolazioni a fuggire dalle proprie case e dalle proprie terre; i giovani vengono chiamati a combattere come soldati e non possono più occuparsi dell’agricoltura. Inoltre, la corruzione della classe politica e lo sfruttamento delle risorse da parte delle multinazionali straniere mina lo sviluppo nazionale.

Le vittime: donne e bambini

A farne maggiormente le spese sono i bambini. Essi subiscono la piaga della fame già dal grembo materno. Secondo l’Unicef, sono 200 milioni i minori che, nei Paesi in via di sviluppo, soffrono di una qualche forma di malnutrizione. Di questi, ben 17 milioni nascono ogni anno sottopeso a causa di un’insufficiente alimentazione materna, prima e durante la gravidanza.

Una possibile soluzione?

L’acqua è l’oro del terzo millennio. La storia recente (come la siccità che piagò il Sahel negli anni ’80) evidenzia quanto questo elemento sia fondamentale per la sopravvivenza di miliardi di persone.

Nonostante il nostro Pianeta sia costituito per due terzi di H2O, le riserve di acqua dolce sono sempre meno. Per tale motivo, l’abbassamento delle emissioni, l’utilizzo più esteso delle energie alternative, la riforestazione, una migliore politica di sfruttamento delle risorse associate alla pratica diffusa della buona governance, in stretta collaborazione con le agenzie internazionali che si occupano di aiuti umanitari, possono contribuire a migliorare – seppur nel lungo periodo – questo dramma.

Ma se l’acqua dolce è la principale necessità dell’umanità, la risposta si trova nella dissalazione salina dei bacini salmastri. L’acqua così recuperata è poi impiegata per uso alimentare e industriale.

Attualmente, anche se esistono oltre 18mila impianti di dissalazione in 150 Paesi, circa un miliardo di persone soffre la povertà idrica e questo metodo non risulta ancora risolutivo a causa del costo “salatissimo” del processo.

Trovare un sistema economico ed efficiente per estrarre acqua potabile dall’unico immenso bacino che esista, l’oceano, è la scommessa da vincere nei prossimi anni. Da questa partita dipende la vita (o la morte per fame e per sete) di quasi un sesto della popolazione mondiale.

Immagine di copertina: foto di Kevin Carter, Premio Pulitzer 1994