“Beauty sickness”: l’individuo da soggetto a oggetto

Un'ossessione dei nostri tempi, che colpisce soprattutto i minorenni: quando la persona diventa un prodotto della società

La “Beauty sickness” (malattia della bellezza) è l’ossessione, dei nostri tempi, di curare il proprio aspetto esteriore affinché sia, a tutti i costi, il migliore possibile. Nella società mondiale dell’immagine, la cura per il proprio corpo può sconfinare sino a livelli patologici ed esasperati, condizionando la vita di chi ne è affetto. Il mito dell’eterna giovinezza si accompagna a messaggi di puro sillogismo (il cosiddetto “effetto alone” o “effetto cumulativo”) in cui bellezza è sinonimo di salute, fortuna, denaro, intelligenza, successo e potere. La tendenza a falsificare le proprie fotografie attraverso le magie digitali diventa una pretesa da sviluppare anche nel reale. Il giocare con un’immagine, che pure può rasentare l’esagerazione e l’accanimento, pur di trovare la presunta perfezione, si trasferisce, con tutte le sue conseguenze, nel mondo vero, in una confusione/pretesa tra virtuale/digitale e reale. Chi ne soffre tende a essere incontentabile, con pericolose ripercussioni a livello relazionale, di autostima e di ansia.

La patologia, infatti, ha effetti inibenti: costringe, chi si sente in conflitto con il proprio aspetto fisico, a rinunciare alla socialità, a un evento, a una relazione sentimentale, a esprimersi pienamente nel lavoro o nella scuola. In un contesto di elevati standard di approvazione sociale, può subentrare facilmente il terrore di non essere accettati e di non essere sufficientemente belli/belle per conquistare il cuore o la fiducia del prossimo. Da qui, le ripercussioni patologiche legate all’aspetto fisico e i difficili rapporti con il cibo che ne conseguono.

Il volume “Cosm-etica” (sottotitolo “Chirurgia estetica, corpo e bellezza”), pubblicato da McGraw-Hill Education nel marzo dello scorso anno e scritto dai professori universitari Paolo Persichetti (chirurgo plastico), Maria Teresa Russo (bioetica) e Don Vittoradolfo Tambone (medico), è un approfondimento completo sulle problematiche che riguardano il rapporto fra la salute e il desiderio, sempre crescente, ossessionante e ansiogeno, di percorrere la via della bellezza a qualunque costo. La ricerca continua di una presunta perfezione fisica, pone in secondo piano altri aspetti più rilevanti, quali lo spessore umano, spirituale e culturale della persona. San Luigi Guanella ricordava “Credilo fermamente: tutto è vanità quello che non conduce a santità”.

L’Associazione Italiana Chirurgia Plastica Estetica, la “prima in Italia dedicata esclusivamente all’aspetto estetico della chirurgia”, il 23 febbraio scorso, indica i numeri del settore “Le statistiche, elaborate partendo da una Survey condotta su un campione di Chirurghi Plastici di tutto il mondo, esprimono una flessione generale del settore poiché sono riferite al primo anno di pandemia, durante il quale a livello globale gli interventi di Chirurgia Plastica Estetica sono stati sospesi per lunghi periodi. […] Il primo dato da sottolineare è il posizionamento del nostro Paese per numero totale di procedure (chirurgiche e non chirurgiche): dal quinto posto del 2019 passiamo infatti all’ottavo posto, dopo Stati Uniti, Brasile, Germania, Giappone, Turchia, Messico e Argentina. Nel 2020 in Italia sono state effettuate in totale circa 830.868 procedure estetiche (nel 2019 erano 1.088.704). La flessione generale rispetto all’anno precedente si aggira intorno a -10% per le pratiche chirurgiche mentre sono aumentate del 5,7% le pratiche non chirurgiche, confermando un trend del settore a livello macro già in atto prima della pandemia. […] La mastoplastica additiva si conferma l’intervento di Chirurgia Plastica ai fini estetici più richiesto, rappresentando il 16% delle procedure estetiche realizzate in Italia – dato simile anche su scala globale. Gli interventi per aumentare il seno continuano a essere i più richiesti dalle donne, in particolare nella fascia di età 19-34, mentre la blefaroplastica, che copre il 15,5% del totale delle operazioni di Chirurgia Estetica effettuate in Italia, rimane la più richiesta dai pazienti uomini. Tossina Botulinica e Acido Ialuronico tengono il primo posto tra le pratiche non invasive. Le pratiche di Medicina Estetica nella loro totalità hanno recuperato velocemente dopo i lockdown i punti persi, anche come conseguenza del trend chiamato ‘zoom effect’, che ha spinto i pazienti a privilegiare tutti i trattamenti utili per migliorare l’aspetto del viso. Tossina Botulinica e Acido Ialuronico si sono confermati gli iniettivi più richiesti anche nel 2020, in particolare nella fascia di età 35-50 anni, mentre i peeling chimici hanno guadagnato il terzo posto tra le procedure più richieste, seguiti dai trattamenti per la rimozione definitiva dei peli superflui e per il ringiovanimento del viso”.

La beauty sickness colpisce soprattutto le donne, di ogni età (in particolare le adolescenti) ma ne sono affetti anche gli uomini. L’argomento è noto ed è in crescendo nella società contemporanea dell’immagine, di pari passo con l’importanza posta all’esteriore nel mondo dei social. Il “fatto nuovo” è dato da alcune “vette” estreme mai raggiunte prima e che pongono nuovi interrogativi rispetto al classico (e quasi inflazionato) invito riassumibile nell’“accettati come sei e non ossessionarti nel voler apparire”.

Un punto cardine è il limite su quanto, nell’apparire e nel truccarsi o cambiare il volto, si palesi maggiormente l’esigenza di ostentare i pregi oppure di celare i difetti. Oltre all’atto materiale del cambiamento fisico, si innesca un’aprioristica tensione interna che muove tra spavalderia e insicurezza interiore.

La fragilità interna induce, inconsciamente, l’individuo a fortificarsi, dinanzi a un mondo volubile e consumatore anche dei gusti e della persona. Nel trucco esteriore si trova davvero la sicurezza interiore? Quest’equilibrio è sempre più in discussione ed è arduo trovare il giusto bilanciamento. La valutazione parte, sicuramente, da tempi di scelta che siano il più possibile lunghi per poter agire consapevolmente (e non inconsciamente). La problematica, tuttavia, torna al punto di partenza: il ragionare lento e graduale, per un’azione ponderata contro un mondo vorticoso che intende lasciar indietro chi non si uniforma e, quindi, perde mesi preziosi della propria bellezza.

Una versione moderna della “malattia della bellezza” è la tendenza, sempre più diffusa, da parte dei giovani, di ricorrere al ritocco fisico e facciale pur di assomigliare al loro personaggio famoso di riferimento. I chirurghi plastici avvertono quanto sia elevato il numero di minorenni che ricorrono agli interventi e di quanto, in queste loro decisioni, siano supportati dai genitori.

Al link https://www.vincenzocolabianchi.it/news/2021/5/22/back-to-schoolcon-ritocchino/, si fa riferimento addirittura a unritocchino prima di tornare a scuola. Si legge “Lo scorso anno la percentuale di giovani tra i 18 e 24 anni che si sono rivolti a un medico o a un chirurgo estetico è aumentata del 37%. Con un picco significativo proprio in estate (circa l’80%) e durante le vacanze invernali”.

L’altro fatto nuovo è proprio nel premio che, alcuni genitori, concedono ai propri figli in previsione del rientro a scuola, nella socialità più viva. La preoccupazione dei genitori non risiede nel valutare l’esecuzione dei compiti estivi o nella preparazione, tra cancelleria, quaderni e libri di testo, del proprio figlio bensì nel regalargli il ritocchino fisico per la stagione scolastica in corso. Il contagio della malattia della bellezza sembra molto diffuso. Il non puntare sull’avvenenza, induce a essere più accettati dal prossimo (che sia sulla stessa lunghezza d’onda) per qualità umane e intellettive, per un rapporto più solido e meno effimero. La bellezza è un dono, non viverla con serenità e gratitudine è un peccato.

Il confronto con il prossimo nasce dalla fanciullezza e si trascina per alcuni decenni: la saggezza è nel saperlo condurre attraverso binari equilibrati, senza scadere nell’ansia, invidia e insicurezza, nel saper mantenere vive, in sostanza, la propria individualità e diversità nel mare magnum della convenzionalità e dell’uniformità alla moda. Il conformismo annulla le individualità, omologandole alle leggi attuali del mercato dell’apparenza; l’individuo-persona è chi rimane se stesso, al lordo di difetti e imperfezioni.

Ciò che appare come un’emancipazione, nel darsi un’impronta nuova, coraggiosa e affascinante, attraverso il trucco e il ritocco, finisce, invece, per standardizzare la persona verso il culto imperante della società e, soprattutto, fa precipitare il soggetto verso una deriva di puro oggetto. Non più la persona per come è ma per come deve essere: un prodotto della società dei consumiL’edonismo, fondato sullo scontro e non sul confronto e la solidarietà, ringrazia.