Fear of missing out: un fenomeno in forte crescita

F.O.M.O., acronimo di “Fear Of Missing Out”, consiste nel timore, tipico dei nostri tempi, di essere esclusi a livello virtuale e sociale

F.O.M.O., acronimo di “Fear Of Missing Out” (paura di essere tagliati fuori), consiste nel timore, tipico dei nostri tempi, di essere esclusi a livello virtuale e sociale, finendo per perdere esperienze, opportunità e idee comuni. Tale ansia colpisce, a livello ormai mondiale, a qualsiasi età; la fascia che soffre di più è quella dell’adolescenza, in cui si costruisce la propria personalità e si rendono più profonde le relazioni sociali. Chi ne è affetto, condiziona i propri comportamenti e ha continuamente paura di essere escluso, di trovarsi ai margini. La patologia ha dei nuovi risvolti nel mondo contemporaneo, contrassegnato dall’esplosione dei social e, al tempo stesso, dalle conseguenze che la pandemia ha sviluppato a livello di socialità.

La felicità virtuale dei social, supportata da fotografie e video forzatamente gioiosi, amplifica quel sottile filo d’invidia che un tempo si considerava nel vedere il giardino del vicino sempre più verde. Ora, l’inclusione promessa dal web, è virtuale in tutti i sensi e, riducendo il contatto fisico, quello dei cinque sensi, diviene del tutto effimera e mutevole, nell’incertezza continua, mancante di una solida base affettiva e relazionale.

Il timore di esser tagliato fuori dal divertimento espresso dagli amici, può compromettere l’umore e l’autostima del soggetto. Non si tratta, come qualcuno afferma, di una nuova ansia generata dalla tecnologia e dall’invasività dei social nella vita quotidiana. Il sottile dubbio, infatti, di vivere meno e meno bene del prossimo, è una caratteristica comune nell’individuo, sebbene ridimensionata attraverso un confronto diretto con la realtà e le “esagerazioni” del gruppo o del singolo. I social amplificano, spesso, le distorsioni della realtà e non consentono una verifica diretta. Donano l’illusione dell’inclusione attraverso i gruppi e i messaggi ma, in realtà, conducono a un isolamento reale e sempre dietro l’angolo. L’alterità contribuisce a costruire la propria personalità nella scoperta dell’altro; rimanervi esclusi, soprattutto nell’età adolescenziale, potrebbe condurre a delle problematiche esistenziali molto gravi, con ripercussioni a lungo termine. Santa Teresa di Calcutta affermava “Esiste una povertà ben più grande: non essere amato, desiderato, sentirsi escluso ed emarginato”.

Il disagio psicofisico che si accompagna a questa paura è notevole: produce malessere e ansia e non permette di vivere appieno gli eventi. Gli esperti del settore invitano, quindi, a ridurre la dipendenza dal telefono cellulare e a non drammatizzare eventuali casi di rinuncia. L’invito è a essere più decisi nelle scelte, senza rimorsi perenni e, nel caso di esclusione o di perdita di un evento, a saperlo tradurre in positivo. Imparare a perdere un evento diviene sinonimo di crescita e di giusto distacco dalle situazioni potenzialmente angosciose.

“Fomo Sapiens” (sottotitolo “Impara a decidere senza farti travolgere da un mondo pieno di scelte possibili”) è il volume scritto da Patrick James McGinnis, investitore finanziario e padre dell’acronimo F.O.M.O., pubblicato da Rizzoli nel febbraio dello scorso anno. Lo scrittore statunitense ha introdotto anche il concetto di “F.O.B.O”, la “Fear Of Better Options”, la paura di non prendere la decisione migliore.

Il testo analizza le problematiche tipiche della gioventù, la più esposta alle dinamiche di internet, nella quale il timore di essere esclusi o di non trovare la soluzione più adatta, crea dei veri e propri vuoti esistenziali, che paralizzano l’individuo. Più si ha paura di essere emarginati, più si tende a controllare nervosamente i propri profili, aumentando, di conseguenza il tempo trascorso sul web.

Oberlo, sito specializzato in dropshipping (attività d’intermediazione nella vendita on line) e tematiche riguardanti il web, ha tracciato alcune statistiche interessanti. Al link https://www.oberlo.it/blog/statistiche-social-media, si legge “1. 2 miliardi di utenti sui social in tutto il mondo.2. Facebook è la piattaforma social più popolare in Europa e nel mondo.3. Il 90,4% dei Millennials, il 77,5% della Generazione X e il 48,2% dei Baby Boomers sono utenti attivi dei social network.4. Gli utenti trascorrono in media 2 ore e 30 minuti al giorno sui social media. Il 73% degli esperti di marketing ritiene che il social media marketing sia stato ‘in qualche modo efficace’ o ‘molto efficace’ per il proprio business. Il 54% degli utenti utilizza i social network per cercare prodotti. Il 71% dei consumatori che ha avuto un’esperienza positiva con un brand sui social media raccomanderà quel brand ai suoi amici e familiari. Il 49% dei consumatori fa riferimento ai consigli degli influencer per decidere quali prodotti acquistare. Ogni giorno vengono caricate su Instagram 500 milioni di storie Instagram in tutto il mondo. Il 91% di tutti gli utenti dei social network accede ai canali sociali tramite dispositivi mobili”. I Millennials sono i nati nel periodo 1981-1996, Generazione X quelli tra il 1960 e il 1980, Baby boomers tra il 1946 e il 1964.

La comunità è nel virtuale e, parimenti, il timore è riscontrabile a livello digitale, propedeutico a incontri dal vivo che minacciano l’esclusione. La fobia, in ogni caso, riguarda anche altre situazioni: a scuola, in ambito lavorativo, nei gruppi fra pari e può interessare varie fasce di età. L’emarginazione può essere reale e non ipotizzata, con delle motivazioni gravi alle spalle: l’atteggiamento bullistico di alcuni ragazzi che mirano a isolare un loro coetaneo o, nel caso del mobbing, impedire l’accesso e la socialità a un determinato lavoratore vessato e perseguitato.

La versione “classica” della F.O.M.O. è quella non legata a internet, propria più dell’età adulta, in cui, tuttavia, sussiste l’ansia per non essere accettati e rischiare, così, di perdere esperienze importanti, anche a livello sentimentale, per giunta messe in apprensione da un’età non più verde, dall’ultima occasione da cogliere. Concorre anche una componente materialistica: la paura che, rimanere fuori da un contesto, possa pregiudicare il soddisfacimento di un proprio bisogno.

Nell’era esasperata del commercio fisico ed elettronico, la F.O.M.O. è artatamente alimentata, sebbene con parole edulcorate. L’intento del venditore, delle grandi catene commerciali è, infatti, di invogliare sempre più a un acquisto necessario, paventando, altrimenti, il rischio di essere tagliati fuori dall’offerta imperdibile, dalla moda, dalla comunità. L’invito pressante è di non lasciarsi scappare l’occasione, sottolineando, numericamente, quanti pochi posti o prenotazioni siano possibili. Con questi “ami” e queste “esche” si agisce sulla psiche del soggetto e lo si convince a non rinunciare. Si tratta di tecniche di “neuromarketing”. Il non comprare un determinato oggetto significa essere estromessi dal gruppo e non ostentare il proprio allineamento alla conformità sociale. Il falso messaggio che s’insinua è quello che la comunità accetta solo chi compra e consuma, chi acquista e ostenta, sia a livello materiale, con oggetti vari, sia quella spirituale, attraverso la felicità pubblicizzata. Si promette una (falsa) inclusione e un contatto più diretto e immediato con tutti ma l’individuo finisce con il vivere, a volte con timori fondati altre volte solo ipotizzati, di un disarmante terrore di essere tagliato fuori, di sopravvivere ai margini della bella società.

“Chatto dunque esisto” potrebbe essere la moderna rilettura del celebre motto cartesiano “cogito ergo sum”, dimenticando che, vivere fuori dai social, non significa vivere fuori della società. La risposta peggiore, pur di sovrastare la paradisiaca felicità montata dagli altri profili, è di dar fondo a tutto il proprio narcisismo, cadendo nella stessa trappola.

Per salvarsi dalla F.O.M.O., occorre anche riconsiderare il paradigma del “confronto”: se questo è vissuto in modo sano, come stimolo per crescere senza stress competitivo, si avranno solo effetti positivi ed eticamente ineccepibili. Se, al contrario, il confronto dovesse esser visto come una gara per vincere e annientare l’avversario, non solo non si realizzerebbe il rispetto per l’altro ma si finirebbe per non averlo per se stessi, azzerando identità e socialità.