“The Pope”, film sulla coabitazione di due Pontefici

Si parla della sua presenza alla 76° mostra del cinema di Venezia, in programma dal 28 agosto al 7 settembre. L'attesissimo film “The Pope” di Fernando Meirelles con Jonathan Pryce nel ruolo di Bergoglio e Anthony Hopkins in quello di Ratzinger scandaglia una delle pagine più sorprendenti e inedite di duemila anni di storia della Chiesa: la coabitazione in Vaticano di due pontefici. Storia e cronaca si incrociano, nella memoria di vaticanista. Per far luce su quanto accaduto nel crepuscolo del proprio pontificato, Benedetto XVI ha affidato la relazione sullo scandalo Vatileaks a tre cardinali ultra-ottantenni, quindi non più elettori in conclave e fuori dalle logiche di un’elezione pontificia. Ciò significava consentire di indagare al massimo livello sulle responsabilità interne al Vaticano senza che le verità scoperte potessero entrare nella Cappella Sistina camminando sulle gambe di porporati inquisitori. A Julián Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi, Benedetto XVI assegnò l’incarico di venire a capo della fuga di documenti riservati e il compito venne svolto in profondità. Subito dopo la rinuncia al pontificato, Joseph Ratzinger crollò fisicamente e si temette addirittura per la vita: era molto fragile, pur conservando una strepitosa lucidità mentale. Ma poi, dopo un paio di settimane, si riprese e tornò a essere il formidabile maestro di dottrina, lo stesso che aiutò Karol Wojtyla in un quarto di secolo di pontificato. E che, abdicando, desacralizzò e demitizzò la figura del Papa, distinguendo in modo radicale e rivoluzionario la funzione dalla persona. Un gesto che probabilmente avrebbe potuto compiere solo un rigoroso teologo proveniente dalla terra di Lutero, grande accusatore dei mali del papato e della corte vaticana. 

Armonia e ammirazione

“Un gesto modernissimo che lasciò in quel momento la Chiesa, e il mondo, spiazzati e senza parole “- osserva il vescovo Giancarlo Vecerrica -. La motivazione fu certamente l'impossibilità di procedere nella guida della Chiesa per il venir meno delle forze con l'età che avanzava. Decise così che, in futuro, avrebbe vissuto una vita da monaco, in contemplazione, e che avrebbe servito la Chiesa in altro modo, cioè pregando”.  Da qui la scelta di vivere nel monastero Mater Ecclesiae all'interno del Vaticano, immerso nei giardini dove spesso va a pregare. Riceve visite e continua a informarsi, a leggere. Prega e ascolta musica. Fortissimo il legame con il suo successore Francesco. Si sentono telefonicamente e si incontrano. In alcune occasioni pubbliche Bergoglio lo ha voluto accanto a sé. Come all'apertura del Giubileo della Misericordia l'8 dicembre 2015, dove Ratzinger ha varcato la soglia, dopo Francesco, come primo pellegrino dell'Anno Santo. Francesco, sente molto vicino a sé Benedetto e spesso si confronta con lui per alcune scelte importanti.  Afferma padre Federico Lombardi, ex portavoce della Santa Sede e presidente della Fondazione Ratzinger: “Il modo in cui il Papa emerito vive gli anni successivi alla rinuncia al pontificato corrisponde a quello che ci aveva detto, cioè vivere nella preghiera, nel ritiro spirituale e con estrema discrezione, fornendo il suo servizio di accompagnamento nella preghiera della vita della Chiesa e di solidarietà anche con il suo successore, proprio nella sua responsabilità e, tutto ciò, in piena serenità”.  Francesco ha sempre detto di sentire molto “il sostegno di questa presenza e di questa preghiera” e, racconta padre Lombardi, “di aver coltivato questo rapporto, a volte con delle visite, a volte con delle chiamate telefoniche, certamente con molti segni di familiarità, di rispetto e di attesa del sostegno spirituale”.

Realtà bella e inedita

La coabitazione di due papi, aggiunge Lombardi, è “una realtà inedita ma bella e consolante: tutte le volte che vediamo delle immagini di Francesco e il suo predecessore insieme è una grande gioia per tutti e un bell'esempio di unione nella Chiesa, nella varietà delle condizioni”. Un’armonia e un'ammirazione testimoniate dal pensiero rivolto da Francesco al suo predecessore in occasione del suo 65° anniversario di sacerdozio. “Santità, oggi festeggiamo la storia di una chiamata iniziata 65 anni fa con la sua Ordinazione sacerdotale, avvenuta nella Cattedrale di Freising il 29 giugno 1951 – disse Jorge Mario Bergoglio -. Ma qual è la nota di fondo che percorre questa lunga storia e che da quel primo inizio sino a oggi la domina sempre più? In una delle tante belle pagine che Lei dedica al sacerdozio sottolinea come, nell’ora della chiamata definitiva di Simone, Gesù, guardandolo, in fondo gli chiede una cosa sola: “Mi ami?”. Quanto è bello e vero questo! Perché è qui, Lei ci dice, in quel “mi ami?” che il Signore fonda il pascere, perché solo se c’è l’amore per il Signore Lui può pascere attraverso di noi: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo”. E l’augurio con il quale desidero concludere è perciò un augurio che rivolgo a Lei e insieme a tutti noi e alla Chiesa intera: che Lei, Santità, possa continuare a sentire la mano del Dio misericordioso che La sorregge, che possa sperimentare e testimoniarci l'amore di Dio; che, con Pietro e Paolo, possa continuare a esultare di grande gioia mentre cammina verso la meta della fede!”. Altrettanto suggestiva la risposta di Benedetto XVI: “Santo Padre, cari fratelli, 65 anni fa, un fratello ordinato con me ha deciso di scrivere sulla immaginetta di ricordo della prima Messa soltanto, eccetto il nome e le date, una parola, in greco: 'Eucharistomen', convinto che, con questa parola, nelle sue tante dimensioni, è già detto tutto quanto si possa dire in questo momento. 'Eucharistomen': un grazie umano, grazie a tutti. Grazie soprattutto a Lei, Santo Padre! La Sua bontà, dal primo momento dell’elezione, in ogni momento della mia vita qui, mi colpisce, mi porta realmente, interiormente. Più che nei Giardini Vaticani, con la loro bellezza, la Sua bontà è il luogo dove abito: mi sento protetto. Grazie anche della parola di ringraziamento, di tutto. E speriamo che Lei potrà andare avanti con noi tutti su questa via della Misericordia Divina, mostrando la strada di Gesù, verso Gesù, verso Dio. 'Eucharistomen' ci rimanda a quella realtà di ringraziamento, a quella nuova dimensione che Cristo ha dato. Lui ha trasformato in ringraziamento, e così in benedizione, la croce, la sofferenza, tutto il male del mondo. E così, fondamentalmente, ha traslato la vita e il mondo e ci ha dato e ci dà ogni giorno il Pane della vera vita, che supera il mondo grazie alla forza del Suo amore. Alla fine, vogliamo inserirci in questo 'grazie' del Signore, e così ricevere realmente la novità della vita e aiutare per la transustanziazione del mondo: che sia un mondo non di morte, ma di vita; un mondo nel quale l’amore ha vinto la morte. Grazie a tutti voi. Il Signore ci benedica tutti. Grazie, Santo Padre”.