GRECIA SENZA UN EURO, L’INIZIO DELLA FINE?

Mettiamola così: se uno non paga, anche gli altri – nel momento in cui i grandi sacrifici che hanno imposto ai propri Paesi non riusciranno a coprire gli impegni presi – faranno altrettanto. E l’Euro, la moneta unica, gli accordi commerciali, la politica unitaria salteranno inevitabilmente. I timori sull’incapacità della Grecia di onorare i propri debiti partono da qui, dalla tenuta dell’Eurozona e i possibili rischi di contagio, con spinte cioè all’uscita dall’Euro anche di altri Stati.

Il ministro dell’Interno Nikos Voutsis lo ha detto chiaramente: “Le quattro rate per il Fondo Monetario Internazionale a giugno ammontano a 1,6 miliardi di euro. Questo denaro non sarà versato, perché non c’è”, Dunque la Grecia non sarà in grado di pagare le rate del prestito del Fondo monetario internazionale perché non ha i soldi per farlo.

Sullo scenario geopolitico, si teme che uscita dalla moneta unica la Grecia si avvicini alla Russia mutando gli equilibri globali, come mostra anche nell’attenzione dell’amministrazione Usa. Non dimentichiamo che solo pochi mesi fa, quando la tensione tra Tsipras e la Merkel raggiunse il suo apice, Putin si affrettò a far sapere urbi et orbi la disponibilità russa a “coprire” il Paese ellenico. Una mossa politica più che economica.

La capacità della Grecia di onorare le rate al Fondo monetario, dunque, sarà osservata con grande attenzione e non sono escluse turbolenze. Va però segnalato che, rispetto alle tensioni di cinque anni fa sulla Grecia, negli sviluppi più recenti del negoziato sul debito – anche quelli più drammatici – i mercati sembrano aver sempre reagito con maggiore calma.

La prima domanda sui mercati è quindi quella sull’Euro, ma la calma che offrono giorno dopo giorno sembra proporre un doppio messaggio: non credono che alla fine la Grecia davvero lascerà la moneta unica, o non ne vedono un impatto drammatico, avendo già digerito bene con il default del 2012 un ‘haircut’ (il taglio dei rimborsi sui titoli di stato) del 50%. C’è però anche una terza ipotesi: un’alternativa ‘mista’ sul filo di lana. Atene potrebbe infatti ricorrere a emissioni in moneta parallela (IOU), in pratica dei ‘pagherò’, con cui onorare stipendi e pensioni, imponendo però – per traghettare il Paese fuori dalle secche – inevitabili controlli alla circolazione dei capitali, visto il fuggi-fuggi che scatterebbe tra i cittadini greci.

I default sovrani, l’incapacità’ degli stati di pagare i propri debiti, sembrano comunque eventi ricorrenti nella storia. L’Economist a novembre ricordava che solo negli ultimi due secoli Grecia e Argentina sono state rispettivamente inadempienti sette e otto volte. Quanto all’impatto possibile sui mercati, per capire cosa avvenga di fronte a un default non pilotato, merita riguardare un’analisi di Goldman Sachs di quattro crisi: quella della Tequila (1994), quella asiatica asiatica (1997-1998), il default della Russia (1998) e dell’Argentina (2000-2002). Tra i 19 paesi esaminati la caduta della valuta locale in media è stata del 47%, in dollari del 65%, per una durata media della crisi di 22 mesi e un recupero nei 12 mesi successivi al minimo del 107%. Nei casi peggiori il crollo in valuta locale è stato invece del 61%, con un crollo in dollari dell’85%, per 20 mesi di crisi, con un rimbalzo dai minimi nell’anno successivo del 150%. Sempre che la “valuta locale” resti l’Euro. Ed è questo il punto interrogativo più preoccupante…