Il Papa ai vescovi: “Sulla formazione dei sacerdoti niente campanilismi”

“Il tema della formazione sacerdotale è determinante per la missione della Chiesa: il rinnovamento della fede e il futuro delle vocazioni è possibile solo se abbiamo preti ben formati. Tuttavia, ciò che prima di tutto vorrei dire è questo: la formazione sacerdotale dipende in primo luogo dall’azione di Dio nella nostra vita e non dalle nostre attività”. Lo ha detto Papa Francesco ricevendo in udienza i partecipanti al convegno internazionale sulla “Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis”. promosso dalla Congregazione per il Clero.

Opera continua

Il S. Padre ha insistito sul fatto che la formazione “è un’opera che richiede il coraggio di lasciarsi plasmare dal Signore, perché trasformi il nostro cuore e la nostra vita”, come l'argilla nelle mani del vasaio, immagine che il pontefice ha ripreso dal libro di Geremia. Spinto da Dio nella bottega dell'artigiano, il profeta “comprende il mistero dell’amore misericordioso di Dio. Scopre che Israele è custodito nelle mani amorevoli di Dio, che, come un vasaio paziente, si prende cura della sua creatura, mette sul tornio l’argilla, la modella, la plasma e, così, le dà una forma. Se si accorge che il vaso non è venuto bene, allora il Dio della misericordia getta nuovamente l’argilla nella massa e, con tenerezza di Padre, riprende nuovamente a plasmarla. Questa immagine ci aiuta a capire che la formazione non si risolve in qualche aggiornamento culturale o qualche sporadica iniziativa locale. E’ Dio l’artigiano paziente e misericordioso della nostra formazione sacerdotale e, come è scritto nella Ratio, questo lavoro dura per tutta la vita”.

Distacco dalle comodità

Per fare questo “lavoro artigianale”, però, è necessario che “ci distacchiamo dalle nostre comode abitudini, dalle rigidità dei nostri schemi e dalla presunzione di essere già arrivati” per avere “il coraggio di metterci alla presenza del Signore” che “può riprendere il suo lavoro su di noi, ci plasma e ci trasforma. Dobbiamo dirlo con forza: se uno non si lascia ogni giorno formare dal Signore, diventa un prete spento, che si trascina nel ministero per inerzia, senza entusiasmo per il Vangelo né passione per il Popolo di Dio. Invece, il prete che giorno per giorno si affida alle mani sapienti del Vasaio con la “V” maiuscola, conserva nel tempo l’entusiasmo del cuore, accoglie con gioia la freschezza del Vangelo, parla con parole capaci di toccare la vita della gente; e le sue mani, unte dal Vescovo nel giorno dell’Ordinazione, sono capaci di ungere a loro volta le ferite, le attese e le speranze del Popolo di Dio”.

Collaborazione personale

Il Papa ha evidenziato anche che serve una collaborazione personale “con il Vasaio divino. Non siamo solo argilla, ma anche aiutanti del Vasaio, collaboratori della sua grazia”. Francesco ha individuato “tre protagonisti” nella formazione sacerdotale: “Il primo siamo noi stessi” quando “non ci chiudiamo nella pretesa di essere un’opera già compiuta”. Il Papa ha indicato un percorso concreto per sacerdoti e seminaristi: “più che il rumore delle ambizioni umane, preferirà il silenzio e la preghiera; più che la fiducia nelle proprie opere, saprà abbandonarsi nelle mani del vasaio e alla sua provvidente creatività; più che da schemi precostituiti, si lascerà guidare da una salutare inquietudine del cuore. Più che l’isolamento, cercherà l’amicizia con i fratelli nel sacerdozio e con la propria gente, sapendo che la sua vocazione nasce da un incontro d’amore”, con Gesù e con il Popolo di Dio.

Il ruolo dei vescovi

“Il secondo protagonista – ha aggiunto – sono i formatori e i vescovi. La vocazione nasce, cresce e si sviluppa nella Chiesa. Così, le mani del Signore che modellano questo vaso d’argilla, operano attraverso la cura di coloro che, nella Chiesa, sono chiamati a essere primi formatori della vita sacerdotale”. Il Papa ha richiamo gli educatori alla loro responsabilità, ad esigere “una cura speciale per le vocazioni al sacerdozio, una vicinanza carica di tenerezza e di responsabilità verso la vita dei preti, una capacità di esercitare l’arte del discernimento come strumento privilegiato di tutto il cammino sacerdotale. E – vorrei dire soprattutto ai vescovi – lavorate insieme! Abbiate uno cuore largo e un respiro ampio perché la vostra azione possa valicare i confini della diocesi ed entrare in connessione con l’operato degli altri fratelli Vescovi. Sulla formazione dei preti occorre dialogare di più, superare i campanilismi, fare scelte condivise”. Ed ha aggiunto: “Abbiate a cuore la formazione sacerdotale: la Chiesa ha bisogno di preti capaci di annunciare il Vangelo con entusiasmo e sapienza, di accendere la speranza là dove le ceneri hanno ricoperto le braci della vita, e di generare la fede nei deserti della storia”.

L'aiuto dei fedeli

L'ultimo “protagonista” è il “Popolo di Dio. Non dimentichiamolo mai: la gente, con il travaglio delle sue situazioni, le sue domande e i suoi bisogni, è un grande 'tornio' che plasma l’argilla del nostro sacerdozio. Quando usciamo verso il Popolo di Dio, ci lasciamo plasmare dalle sue attese, toccando le sue ferite, ci accorgiamo che il Signore trasforma la nostra vita. Se al Pastore è affidata una porzione di popolo, è anche vero che al popolo è affidato il sacerdote. E, nonostante le resistenze e le incomprensioni, se camminiamo in mezzo al popolo e ci spendiamo con generosità, ci accorgeremo che esso è capace di gesti sorprendenti di attenzione e di tenerezza verso i suoi preti. È una vera e propria scuola di formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale”.

No ai preti da salotto

“La domanda – ha concluso il Papa – che deve scavarci dentro, quando scendiamo nella bottega del vasaio, è questa: che prete desidero essere? Un 'prete da salotto', uno tranquillo e sistemato, oppure un discepolo missionario a cui arde il cuore per il Maestro e per il Popolo di Dio? Uno che si adagia nel proprio benessere o un discepolo in cammino? Un tiepido che preferisce il quieto vivere o un profeta che risveglia nel cuore dell’uomo il desiderio di Dio?”