Doping di Stato, la Wada assolve 95 atleti russi su 96

Tutti assolti o quasi i 96 atleti russi coinvolti nelle indagini dell’agenzia mondiale antidoping (Wada). Secondo quanto rivelato dal ‘New York Times’, infatti, gli investigatori avrebbero deciso che su 95 di questi casi “le prove disponibili sono insufficienti”, cancellando di fatto le possibili sanzioni connesse all’eventuale presenza di sostanze dopanti nelle analisi degli sportivi esaminati. Lo scandalo del doping di Stato, dunque, emerso a seguito del rapporto McLaren, secondo gli esaminatori non avrebbe ragion d’essere, poiché gli elementi raccolti non risulterebbero abbastanza convincenti per affermare “che ci sia stata una violazione delle regole antidoping per questi sportivi”. Atleti sui quali, al momento, è mantenuto il massimo riserbo per quanto riguarda i nomi.

L’indagine McLaren

Ora, secondo il quotidiano americano, non resta che attendere ulteriori dettagli sulla decisione della Wada (che in realtà non doveva emergere prima del 24 dicembre e solo dopo una discussione a porte chiuse) e capire se, eventualmente, vi sia stata una linea più morbida del previsto nei confronti del sistema russo. L’indagine McLaren aveva puntato i fari su oltre 1000 atleti, specificando che la scarsa collaborazione da parte di Mosca nella fornitura dei dati di laboratorio avrebbe rappresentato un ostacolo non di poco conto per la prosecuzione dell’inchiesta. A questa, secondo l’investigatore responsabile, andava a unirsi la prassi di distruggere i campioni di urine contaminate utili per l’incriminazione. Secondo la Wada, però, l’intera inchiesta (iniziata oltre un anno fa) avrebbe basi piuttosto fragili, nonostante abbia di fatto escluso numerosi atleti russi da alcune discipline degli ultimi Giochi olimpici e da altre importanti rassegne (specie quelle legate all’atletica leggera).

Al termine di 12 mesi di analisi, dunque, ci si troverebbe di fronte a un danno d’immagine non indifferente non solo per gli atleti russi ma anche per la stessa agenzia mondiale del doping. Nei giorni scorsi, alcuni sportivi (tre ciclisti per la precisione, fra gli esclusi ai Giochi di Rio di un anno fa) avevano già presentato ricorso, citando in giudizio l’autore dell’indagine e chiedendo sia la riabilitazione che un corposo risarcimento.