Il Papa: “Riconciliazione non è legittimare l’ingiustizia”

Papa Francesco si è recato a Villavicencio, una delle città che più hanno sofferto per il mezzo secolo di guerriglia in Colombia, per compiere due dei gesti più significativi della sua visita apostolica: la beatificazione del vescovo Jaramillo Monsalve e del sacerdote Ramirez Ramos e l’incontro di preghiera per la riconciliazione del Paese.

Il S. Padre si è recato dalla Nunziatura all’aeroporto militare CATAM di Bogotá, dove ha salutato e benedetto un gruppo di circa 400 reduci, militari e agenti di polizia, accompagnati dall’Ordinario militare della Colombia, mons. Fabio Suescún Mutis. Poi ha raggiunto in aereo Villavicencio dove, nella base aerea “Luis Gómez Niño-Apiay” è stato accolto dall’arcivescovo e presidente della Conferenza Episcopale mons. Óscar Urbina Ortega. Il Papa si è quindi recato in auto al Terreno di Catama. Qui ha fatto un lungo giro a bordo della papamobile per poi recarsi in sagrestia accompagnato da un gruppo di abitanti della regione degli Llanos Orientali. Il Papa ha celebrato la Messa nella festa della Natività della Beata Vergine Maria durante la quale ha proclamato beati Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, vescovo di Arauca, e il sacerdote Pedro María Ramírez Ramos.

Il ruolo delle donne

Nella sua omelia, il Papa ha paragonato “la festività della nascita di Maria” che “proietta la sua luce su di noi” con “la dolce luce dell’alba” che si irradia “sulla vasta pianura colombiana, bellissimo paesaggio di cui Villavicencio è la porta, come pure sulla ricca diversità dei suoi popoli indigeni. Maria è il primo splendore che annuncia la fine della notte e, soprattutto, il giorno ormai vicino”. Commentando “la genealogia di Gesù, che non è una mera lista di nomi, bensì storia viva, storia di un popolo con cui Dio ha camminato”, Francesco ha spiegato che Cristo “facendosi uno di noi, ha voluto annunciarci che nel suo sangue scorre la storia di giusti e peccatori, che la nostra salvezza non è una salvezza asettica, di laboratorio, ma concreta, di vita che cammina. Questa lunga lista ci dice che siamo piccola parte di una grande storia e ci aiuta a non pretendere protagonismi eccessivi, ci aiuta a sfuggire alla tentazione di spiritualismi evasivi, a non astrarci dalle coordinate storiche concrete che ci tocca vivere. E inoltre include, nella nostra storia di salvezza, quelle pagine più oscure o tristi, i momenti di desolazione e abbandono paragonabili all’esilio”. Poi un riferimento esplicito alle donne: “Nessuna di quelle evocate nella genealogia appartiene alla gerarchia delle grandi donne dell’Antico Testamento” ma “sono esse, nella genealogia, ad annunciare che nelle vene di Gesù scorre sangue pagano, e a ricordare storie di emarginazione e sottomissione”.

Giuseppe, modello di uomo rispettoso

Francesco ha quindi fatto riferimento alla Sacra Famiglia: “Maria col suo generoso “sì” ha permesso che Dio si facesse carico di questa storia. Giuseppe, uomo giusto, non ha lasciato che l’orgoglio, le passioni e lo zelo lo gettassero fuori da questa luce”. E in un’epoca in cui la donna è molto spesso schiacciata, sfruttata, “scartata”, ha proposto proprio il S. Patriarca come modello: “La nobiltà del suo cuore gli fa subordinare alla carità quanto ha imparato per legge; e oggi, in questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è evidente, Giuseppe si presenta come figura di uomo rispettoso, delicato che, pur non possedendo tutte le informazioni, si decide per la reputazione, la dignità e la vita di Maria. E nel suo dubbio su come agire nel modo migliore, Dio lo ha aiutato a scegliere illuminando il suo giudizio”.

Riconciliazione non è una parola astratta

Quindi il Papa ha toccato il tema centrale di questa tappa: la riconciliazione. “Quanti di voi possono raccontare esperienze di esilio e di desolazione! Quante donne, in silenzio, sono andate avanti da sole, e quanti uomini per bene hanno cercato di mettere da parte astio e rancore volendo coniugare giustizia e bontà! Come faremo per lasciare che entri la luce? Quali sono le vie di riconciliazione? Come Maria, dire “sì” alla storia completa, non a una parte; come Giuseppe, mettere da parte passioni e orgoglio; come Gesù Cristo, farci carico, assumere, abbracciare questa storia, perché qui ci siete voi, tutti i colombiani, qui c’è quello che siamo… e quello che Dio può fare con noi se diciamo “sì” alla verità, alla bontà, alla riconciliazione. E questo è possibile solo se riempiamo della luce del Vangelo le nostre storie di peccato, violenza e scontro”. Francesco ha sottolineato che “riconciliazione non è una parola astratta“, è piuttosto “aprire una porta a tutte e ciascuna delle persone che hanno vissuto la drammatica realtà del conflitto. Quando le vittime vincono la comprensibile tentazione della vendetta, diventano i protagonisti più credibili dei processi di costruzione della pace. Bisogna che alcuni abbiano il coraggio di fare il primo passo in questa direzione, senza aspettare che lo facciano gli altri. Basta una persona buona perché ci sia speranza! E ognuno di noi può essere questa persona! Ciò non significa disconoscere o dissimulare le differenze e i conflitti. Non è legittimare le ingiustizie personali o strutturali. Il ricorso alla riconciliazione non può servire per adattarsi a situazioni di ingiustizia”. Citando la lettera di san Giovanni Paolo II ai vescovi del Salvador, il Papa ha ribadito che “la riconciliazione si concretizza e si consolida con il contributo di tutti, permette di costruire il futuro e fa crescere la speranza. Ogni sforzo di pace senza un impegno sincero di riconciliazione sarà un fallimento”. Ed ha aggiunto che i due nuovi beati “sono segno di questo, espressione di un popolo che vuole uscire dal pantano della violenza e del rancore”. Infine, l’invito, alle porte della foresta amazzonica, a rispettare la natura: “La violenza che c’è nel cuore umano, ferito dal peccato, si manifesta anche nei sintomi di malattia che riscontriamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Tocca a noi dire “sì” come Maria e cantare con lei le “meraviglie del Signore”, perché (…) aiuti la Colombia che oggi vuole riconciliarsi e la sua discendenza per sempre”.

La preghiera per le catastrofi

Al termine della celebrazione, dopo il saluto dell’arcivescovo, il S. Padre ha rivolto un pensiero e invitato a pregare per le vittime del terremoto in Messico e dell’uragano nei Caraibi. Poi ha incontrato nella sagrestia una delegazione di vittime della disastrosa alluvione che ha colpito la città di Mocoa e ha offerto al loro Vescovo un contributo economico per poi recarsi, nel pomeriggio, al Parque Las Malocas per l’incontro di preghiera per la riconciliazione.