Ius soli: da cattolico, mi sento in crisi

Io sono contrario allo Ius soli. Da cattolico, mi trovo in profonda crisi dinanzi alle polemiche che hanno trovato spazio sui giornali chiamando in causa anche il Santo Padre.

Io credo che questo non sia proprio il momento di preoccuparsi dello Ius soli, quando il quaranta per cento dei nostri giovani non ha lavoro e ha davanti un futuro di incertezze. I nostri Comuni non sono in grado di sopperire alle minime necessità dei cittadini in difficoltà, ma sono costretti ad aumentare le tasse per sopravvivere.

Non sono d’accordo con il presidente dell’Inps quando ci dice che solo grazie agli stranieri continueremo ad avere le pensioni.

Bisognerebbe che il dott. Boeri ci dicesse qual è il numero degli esodati, quale quello dei suicidi in Italia di coloro che non riescono a pagare le tasse, quanti italiani con un tumore maligno sono costretti ad aspettare mesi per le cure a causa di una sanità deficitaria, e quanti sono gli italiani che oggi riescono a sopravvivere solo grazie alla Caritas.

Mi confronto spesso con sacerdoti, parroci, i quali mi danno contezza di una realtà di sofferenza generalizzata che vede protagonisti per la maggior parte i cittadini italiani.

Sia chiaro: io sono per l’accoglienza, ma secondo canoni rigidi di selezione di chi ne ha veramente diritto perché scappa dalla guerra.

Sappiamo che ci sono tanti stranieri che vorrebbero tornare in Patria? Tanti di questi desiderano fare il viaggio di ritorno perché, dopo essersi venduti quel pezzetto di terra che consentiva loro un’esistenza grama ma dignitosa, hanno riscontrato che l’Italia non è in grado di offrire prospettive decorose.

Ed a proposito dei recenti attentati. I terroristi non erano sbarcati dai gommoni, ma erano cittadini europei da due o tre generazioni, dunque figli dello Ius soli.

Troppe incognite che dovrebbero far riflettere, partendo da quell’assunto che il Cristo ha proclamato: “Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.
Vorrei che ci venisse data la possibilità di riflettere, sia come cattolici sia come cittadini di uno Stato chiamato Italia, che rischia di affogare, anche moralmente, per questa ondata di povertà.