Nel miele l’arma che uccide i super batteri resistenti all’antibiotico

L’arma che stermina i batteri resistenti anche all’antibiotico è nel nettare che producono le api. Il miele, infatti, è in grado di eliminare tutti quei microorganismi che causano infezioni che secondo le stime uccideranno attorno a 10 milioni di persone entro il 2050. Col passare degli anni, i batteri continuano a evolversi e gli antibiotici diventano inefficaci, ma ecco una ricerca dell’University of Technology di Sydney, guidata dalla microbiologa Nural Cokcetin, che dimostra come batteri e alcuni “super batteri” non riescano a contrastare le proprietà medicinali del miele.

Una medicina nascosta

“Il miele è conosciuto da millenni ma i batteri non hanno imparato a sviluppare resistenza – fa sapere Cokcetin in occasione della Settimana della Scienza a Sydney -. Abbiamo dimostrato che in condizioni nelle quali svilupperebbero rapidamente resistenza agli antibiotici – commenta la biologa, che studia da oltre 10 anni le proprietà antibatteriche e antimicrobiche del miele – in presenza del miele questo non avviene. Abbiamo sperimentato con diversi batteri, diversi antibiotici e diversi tipi di miele. I risultati sono stati coerenti”.

Lo studio del miele

Come riporta l’Ansa, la studiosa e i suoi collaboratori sono tuttora impegnati nell’identificare, in uno studio su campione, le proprietà attive di oltre 1000 varietà di miele. L’efficacia del miele come medicinale dipende da differenti fattori fra cui il contenuto di zucchero, i livelli ph e la presenza di metilgliossale (mgo), il composto che si forma naturalmente nel nettare del fiore di Manuka ed è responsabile delle proprietà eccezionali del miele che ne deriva. Tra le altre proprietà benefiche del miele, osserva Cokcetin, ci sono anche il rafforzamento dei batteri “buoni” nell’intestino e la rimarginazione di ferite croniche.

Dalle antiche civiltà ai giorni nostri

L’uso del miele come alimento si perde nella notte dei tempi. Il suo nome sembra derivare dall’ittita “melit“. Per secoli ha rappresentato l’unico alimento zuccherino concentrato disponibile. Le prime tracce di arnie costruite dall’uomo risalgono addirittura al VI millennio a.C., circa. Era molto apprezzato nell’antico Egitto. A 4000 anni fa le prime notizie di apicoltori che si spostavano lungo il Nilo per seguire con le proprie arnie la fioritura delle piante. Gli egizi usavano collocare accanto alle mummie grandi coppe o vasi ricolmi di miele per aiutare il defunto nel suo viaggio nell’aldilà. Alcuni di questi vasi sono stati rinvenuti durante gli scavi ancora perfettamente sigillati. Celebre la scoperta dell’archeologo Theodore Montgomery Davis che ha rinvenuto in una tomba egizia un barattolo di miele vecchio di 3300 anni, perfettamente commestibile. Dalla decifrazione dei geroglifici è risultato palese che ricette a base di questo “nettare” erano impiegate non solo ad uso alimentare, ma anche medico, per la cura di disturbi digestivi e per la produzione di unguenti per piaghe e ferite.

Anche i sumeri lo impiegavano in creme impastate con argilla, acqua e olio di cedro, mentre i babilonesi ne facevano esclusivamente un uso culinario: erano diffuse focaccine fatte con farina, sesamo, datteri e miele. Nel Codice di Hammurabi, tra le altre cose, si ritrovano articoli che tutelano gli apicoltori dal furto di miele dalle arnie. La medicina ayurvedica, già 3.000 anni fa, considerava il miele come purificante, afrodisiaco, dissetante, vermifugo, antitossico, regolatore, refrigerante, stomachico e cicatrizzante. Per ogni specifico caso era indicato un differente tipo di miele: di ortaggi, di frutti, di cereali o di fiori.

I greci lo consideravano “cibo degli dei”, perché rappresentava una componente importantissima nei riti che prevedevano offerte votive. Tanti i poeti che hanno celebrato questo alimento: da Omero, che ne descrive la raccolta, fino a Pitagora che lo raccomandava come”elisir” per una vita lunga. I romani ne importavano grandi quantitativi da Creta, Cipro, dalla Spagna e da Malta. Da quest’ultima pare anche derivarne il nome: “Meilat”, ovvero terra del miele. Veniva utilizzato come dolcificante, per la produzione di idromele, di birra, come conservante alimentare e per preparare salse agrodolci.

Nell’alimentazione medievale aveva un ruolo ancora centrale, seppure ridotto rispetto all’antichità, ed era usato principalmente come agente conservante oltre che dolcificante. Il miele fu gradualmente soppiantato come agente dolcificante nei secoli successivi, soprattutto dopo l’introduzione dello zucchero raffinato industrialmente. Solo recentemente, in virtù delle riconosciute proprietà terapeutiche, il miele sta ritornando in voga. Non solo come dolcificante ma anche come medicina.