QUEI “CHARLIE” CHE CE L’HANNO FATTA

Per Chris e Connie, genitori del piccolo Charlie Gard, quello appena trascorso è destinato ad essere l’ultimo fine settimana in compagnia di loro figlio. Un atto di clemenza dei medici del Great Ormond Street Hospital, dove il bambino di quasi undici mesi è ricoverato per una rara malattia genetica, ha concesso ai due giovani londinesi qualche ora in più prima di staccare le spine che lo tengono in vita.

La coppia ha investito in coccole, carezze, baci e forse in lacrime questo prezioso lasso di tempo, tenendo a distanza le telecamere che negli ultimi giorni hanno insistentemente indugiato sulla loro tragedia, propagando il dolore privato a motivo di dibattito pubblico internazionale.

Il caso del piccolo Charlie ha suscitato emozioni forti, nonché divisioni serrate tra chi reputa opportuna la scelta dei medici di spegnere i macchinari che alimentano la vita del bambino in quanto affetto da una malattia considerata dolorosa e “inguaribile” e chi, al contrario, è dell’avviso che sia stata perpetrata una violazione della potestà genitoriale impedendo a Chris e Connie di calcare la strada della speranza sottoponendo il figlio – di tasca loro – a una terapia sperimentale negli Stati Uniti.

Molte le parole spese da esperti e da semplici osservatori. Fiumi d’inchiostro sono stati versati. Ma nulla ha più valore della cruda testimonianza di chi ha vissuto sulla propria pelle esperienze che presentano importanti analogie con il caso Charlie Gard.

“Mele”, pittore provetto

Ci sono bambini, adulti, genitori con il cuore carico d’amore le cui storie racchiudono la speranza e il trionfo della vita sulla morte. A Massarosa, in provincia di Lucca, una tavolozza di colori smentisce lo scuro verdetto mortifero che medici e giudici hanno emesso sulla testa del piccolo Charlie. È la tavolozza di colori che Emanuele Campostrini, detto “Mele”, usa per esprimere il suo talento come pittore.

“Mele” ha quasi nove anni e condivide con Charlie Gard la stessa malattia genetica: la sindrome da deplezione del dna mitocondriale. Nel momento in cui il destino di Charlie ha iniziato ad essere scandito dalle sentenze dei giudici, prima da quelli britannici e poi da quelli della Corte europea dei diritti dell’uomo, Chiara, mamma di “Mele”, è intervenuta con un video intriso di umanità per lasciare una speranza al piccolo condannato a morte. “Siate umani e siate coraggiosi, lasciate vivere Charlie Gard. Non giudicate la sua vita finché non l’ha vissuta”, è l’appello di Chiara.

La quale racconta che anche suo figlio “era attaccato al ventilatore per respirare” e che “quella che per i medici era una condizione disperata, si è poi dimostrata il terreno fertile in cui è maturata la sua straordinaria personalità”. Già, perché “Mele” comunica mediante un pc, gioca a scacchi e dipinge quadri. “E a studenti che lo hanno invitato – prosegue la mamma – ha spiegato cos’è l’arte: ‘Un talento che viene dal cuore’”.

E dal cuore vengono anche le parole finali del messaggio di Chiara: “Nessuno sa dirci ora quanto vivrà, nessuno si lancia più in previsioni sul futuro, ma la sua vita è stata rispettata così com’era. E il suo presente è bellissimo”. Il video della mamma toscana ha toccato il cuore di Chris e Connie, i quali l’hanno subito contattata per ringraziarla.

L’amore: “il più grande rimedio medico” per curare un figlio disabile

Non sono (ancora) arrivate al di là della manica, invece, le parole di Giovanni Parentignoti, papà di Sergio, dodicenne tetraplegico. Il disappunto di questo genitore siciliano riguardo al caso Charlie Gard ha trovato spazio sulle pagine di Avvenire. Va giù duro Giovanni: “È la storia delle inutili bocche da sfamare dell’eugenetica nazista, il diritto di decidere chi deve vivere e chi morire, il disabile come peso per ospedali e Stato. E allora lasciamoli morire, sono brutti da vedere in una società perfetta come la nostra”.

Parlando di suo figlio, spiega che “Sergio dipende dai macchinari, ma vive e nessuno può decidere per lui se la sua vita vale la pena essere vissuta”, nemmeno “la scienza e i medici”. In modo ancora più tagliente, aggiunge: “Chi ha diritto di decidere che Sergio starebbe meglio da morto?”. Ecco allora che Giovanni rabbrividisce guardando quanto sta avvenendo a Londra in queste ore: “Domani un medico o un giudice potrebbero dire ‘Sergio deve morire per il suo bene’, rifacendosi alla storia di Charlie”.

Questo papà siciliano vorrebbe allora far conoscere ai “signori della morte” che hanno deciso che la vita di Charlie “non è degna di essere vissuta”, l’esperienza sua e di sua moglie, che da dodici anni curano “con il più grande rimedio medico” che esista, ossia “l’amore”, loro figlio disabile al cento per cento.

L’ex ministro italiano dato per morto da neonato

Disabile dalla nascita è anche Antonio Guidi, che oggi non è più un bambino. In oltre settant’anni di vita ha avuto tante esperienze, e ha ricoperto prestigiosi incarichi istituzionali. Medico neurologo specializzato in neuropsichiatria infantile, già docente universitario, è stato ministro per la Famiglia a metà anni Novanta, sottosegretario al Ministero della Salute tra il 2001 e il 2005 e collaboratore di Gianni Alemanno sindaco di Roma fino al 2012.

Su Facebook Guidi è intervenuto sul caso Charlie con un commento eloquente: “Quando nacqui nel 1945 mi davano tutti per morto anche se dentro il mio petto si nascondeva un piccolo, flebile battito. I medici non credevano in me… i miei genitori, loro sì… e avevano ragione!!”.

E poi ancora: “Per lunghi anni i migliori medici del Paese ripetevano ‘Non capirà mai, non parlerà, non camminerà mai signora… suo figlio è meglio che muore’. Dentro di me urlavo per quel silenzio che non riuscivo ad infrangere parlando, ma capivo tutto!! A 4 anni ho iniziato a parlare… e a 11 a camminare. Le estenuanti ore di fisioterapia costosissima alla fine mi hanno ripagato… alla faccia di quella scienza asettica e senza cuore e senza speranza che mi aveva dato per spacciato e mi aveva condannato tante volte”.

“In questi giorni – continua Guidi – mi si stringe il cuore a pensare al piccolo Charlie Gard e penso a chissà che destino avrei avuto se questa crudele Corte europea dei diritti umani avesse potuto decidere il mio destino”. Secondo l’ex ministro, “stroncare la voglia di vivere, la speranza di queste vite difficili priva l’umanità di una delle missioni più importanti della vita stessa: quello del sorreggersi, dell’aiutarsi. Questa deriva crudele è destinata a coinvolgere presto o tardi tutti noi, nessuno escluso, nessuno può dichiararsi immune dall’essere coinvolto in prima persona”.

La battaglia per la vita contro i “signori della morte”

Guidi rivolge infine il pensiero “ai genitori del piccolo Charlie che hanno creduto e credono ancora in lui… e un pensiero ancora più grande a questo piccolo guerriero al quale non viene data la possibilità di condurre la sua battaglia”.

Infatti i “signori della morte”, per parafrasare il papà di Sergio Parentignoti, stanno per prevalere a Londra. Ma l’eco mediatica del caso Charlie Gard ha scosso coscienze in tutto il mondo. Il suo testimone e quello dei suoi genitori passa in mani altrui. E la battaglia per la vita continua.