Il prelato dell’Opus Dei: “Il lavoro luogo di testimonianza cristiana”

Basilica di S. Eugenio gremita lunedì sera in occasione della Messa celebrata dal prelato dell’Opus Dei mons. Fernando Ocariz per la festa liturgica di San Josemaria Escrivà, fondatore dell’Opera. Nell’omelia il Padre, come viene chiamato il prelato, ha fatto riferimento al “messaggio della chiamata universale alla santità e all’apostolato, di cui san Josemaría si fece portavoce durante la sua vita terrena”. Una vocazione che “riassume il nostro cammino sulla terra: essere ogni giorno più simili a Gesù, attraverso un’attività così familiare per noi come il lavoro”.

Lavoro trascendente

Mons. Ocariz, che per la prima volta ha celebrato la festa del Fondatore da quando è stato eletto prelato, ha sottolineato l’importanza trascendentale del lavoro ordinario: “La luce della fede – ha detto – allarga gli orizzonti del nostro lavoro: ci fa vedere che l’uomo è stato creato da Dio e posto “nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse”. La terra è affidata agli uomini come un giardino da coltivare e curare ogni giorno, un ambiente pieno di potenzialità da scoprire e sviluppare per la gloria di Dio e il servizio ai nostri fratelli. In questo itinerario di santità nel quotidiano, in realtà il grande protagonista è lo Spirito Santo”. E citando la lettera ai Romani ha ricordato che il grido “Abbà, Padre” lo “possiamo ripetere lungo la giornata, ad esempio quando sentiamo la stanchezza nella nostra attività professionale e allo stesso tempo la necessità di continuare a lavorare. La consapevolezza di essere figli di Dio ci incoraggia a pregare e a servire tutti e a non restare indifferenti di fronte a quelli che soffrono in tanti modi, anche per la disoccupazione, o per un lavoro da svolgere in situazioni precarie”.

Affidarsi allo Spirito Santo

Situazioni difficili in cui è ancor più necessario affidarsi alla “luce dello Spirito Santo” per far entrare Gesù nelle nostre vite “nello stesso modo in cui salì sulla barca di Pietro e dei suoi compagni. E la stessa barca che era stata testimone di un fallimento professionale – la pesca in cui non riuscirono a prendere nulla – diventa la cattedra del Maestro”. “La presenza di Cristo – ha aggiunto mons. Ocariz – trasforma il nostro lavoro, la nostra vecchia barca, in luogo dell’azione di Dio. E ciò si può fare con gesti semplici ma pieni di carità: aiutare un collega che ci sta meno simpatico, ma che ha bisogno di un consiglio pratico per terminare bene quello che sta facendo; o forse dedicare dei minuti ad una persona, se sappiamo che ha bisogno di parlare perché dalla sua faccia traspare qualche preoccupazione. Il Signore ci chiede di essere strumenti nelle sue mani, per portare la gioia e la felicità in questo mondo che ne ha tanto bisogno”.

Testimonianza cristiana

Così il lavoro si trasforma in “un luogo di testimonianza cristiana, di aiuto sincero ai nostri colleghi e a tutte le persone che sono in contatto con noi. A questo riguardo, possiamo ricordare l’invito di Papa Francesco: ‘Quando gli sforzi per risvegliare la fede tra i vostri amici sembrano inutili, come la fatica notturna dei pescatori, ricordatevi che con Gesù tutto cambia. La Parola del Signore ha riempito le reti, e la Parola del Signore rende efficace il lavoro missionario dei discepoli'”. Questo è l’apostolato a cui si riferiva S. Josemaria: “Quando Gesù si mise in mare coi discepoli, non aveva di mira solo questa pesca. Perciò, quando Pietro si inginocchia ai suoi piedi e confessa con umiltà: ‘Allontanati da me che sono un peccatore’, il Signore risponde: ‘Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini’. E anche in questa nuova pesca non mancherà tutta l’efficacia divina: gli Apostoli saranno strumenti di grandi prodigi, nonostante le loro personali miserie”. Perché, ha concluso il prelato dell’Opus Dei, “apostoli dobbiamo essere anche noi, apostoli in mezzo al lavoro e a tutte le realtà umane che cerchiamo di riportare a Dio”.