Usa, Corte Suprema accetta il ricorso di Trump sul muslim ban

Prima importante vittoria del presidente Usa, Donald Trump, nella battaglia legale per il suo “muslim ban“, da mesi bloccato dai giudici federali. Infatti, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha permesso la reintroduzione di una versione ridotta dell’ordine esecutivo con cui la Casa Bianca ha cercato di bloccare l’ingresso nel Paese di cittadini di sei Paesi musulmani.

La sentenza

La Corte, nella quale siede dallo scorso aprile Neil Gorush, il giudice nominato da Donald Trump e confermato dal Senato solo dopo che i repubblicani hanno forzato la mano cambiando le procedure di voto, ha accettato che il divieto venga imposto ai cittadini di Libia, Iran, Somalia, Sudan, Siria e Yemen a meno che non possano “rivendicare in modo credibile una relazione di fiducia con una persona o un’organizzazione negli Stati Uniti”. Ed in assenza di uno sponsor verrà anche bloccato l’ingresso di tutti i rifugiati nel Paese. Le nuove misure potranno entrare in vigore entro 72 ore ed avrà valore dai 3 mesi. La Corte ha poi accettato di ascoltare gli argomenti sulla legalità dell’intero bando il prossimo autunno, a partire dal primo lunedì di ottobre, permettendo quindi a parti del divieto di essere in vigore per l’intera estate.

Una questione di sicurezza nazionale

Nella sentenza emessa oggi dalla Corte si specifica che preservare la sicurezza nazionale è “un obiettivo urgente” e imporre il divieto di ingresso a chi non possa dimostrare legami all’interno degli Stati Uniti “non impone nessuna avversità legalmente rilevanti al cittadino straniero“. Una posizione che i giudici conservatori Clarence Thomas e Samuel Aliton, insieme al giudice nominato da Trump, hanno considerato anche troppo moderata dal momento che volevano revocare del tutto il blocco imposto al bando.

Il voto dei giudici

Sono stati almeno cinque i giudici che hanno votato per la reintroduzione parziale del bando, ed almeno 4 per l’accettazione del ricorso del governo. Di solito, la Corte Suprema non accetta di farsi coinvolgere a meno che sulla questione Corti di grado inferiore siano arrivate a sentenze contrastanti tra loro. Non è questo il il caso del “travel ban“, dal momento che due differenti Corti d’appello hanno raggiunto la stessa decisione, anche se con motivazioni diverse: una ha bloccato la misura sostenendo che discrimina i musulmani mentre l’altra ha affermato che viola l’applicazione della legge sull’immigrazione.