DUE GIUGNO: COSA C’E’ DA SAPERE

Giugno

Il 9 giugno del 1946 – 7 giorni dopo la celebrazione del referendum istituzionale – gli italiani andarono a letto da sudditi e si risvegliarono il giorno dopo da cittadini. Differenza semantica che sanciva il passaggio definitivo dalla Monarchia alla Repubblica.

Antefatto

Della possibilità di un cambio della forma di Stato si cominciò a discutere sul finire della Seconda Guerra Mondiale. Una parte rilevante del movimento partigiano considerava Casa Savoia responsabile di connivenza col fascismo e, quindi, anche dell’ingresso italiano nel conflitto. A ciò si aggiunse la bipartizione del Paese, frutto dell’armistizio dell’8 settembre 1943: al Nord si consumava la guerra civile tra Repubblica Sociale (sostenuta dalla Germania nazista) e Comitato di liberazione nazionale, al Sud, invece, le forze Alleate, dopo aver costretto i tedeschi alla ritirata, avevano ampie prerogative di governo, nonostante la presenza di Vittorio Emanuele III a Brindisi. Questa delegittimazione de facto del potere regio consentì ai partiti aderenti al Cnl di diventare gli autentici protagonisti della vita politica italiana, considerata anche la presa esercitata sulla popolazione, esausta dopo 5 anni di conflitto.

Il referendum

Il 4 giugno 1944, con l’ingresso delle truppe alleate, Roma fu liberata. Vittorio Emanuele III nominò suo figlio Umberto II luogotenente del Regno. Fu incaricato un nuovo governo, guidato da Ivanoe Bonomi, nel quale entrarono tutti i partiti del Comitato di liberazione. Il precedente accordo tra la Corona e il Cln fu formalizzato nel decreto legge luogotenenziale n. 151/1944 in cui si stabiliva che alla fine della guerra sarebbe stata convocata un’Assemblea costituente per dare una Costituzione allo Stato e risolvere la questione istituzionale. Il referendum venne poi indetto dal principe Umberto il 16 marzo 1946. Al voto, per la prima volta in Italia, avrebbero partecipato anche le donne, in virtù del decreto legislativo luogotenenziale n. 23 del 2 febbraio 1945 che aveva istituito il suffragio universale.

Perché il 2 giugno

La consultazione si svolse il 2 giugno dello stesso anno, motivo per il quale oggi celebriamo la festa della Repubblica. Nei mesi immediatamente precedenti al voto, alla schiera dei partiti già di orientamento repubblicano (Pri, Pci, Psiup e Partito d’Azione) si aggiunse anche la Democrazia Cristiana. Il Partito Liberale (che aveva governato il Paese prima del Ventennio fascista) fu l’unica grande forza politica a sostenere la Monarchia. L’esito del voto, reso noto dalla corte di Cassazione il 10 giugno, sancì la vittoria della Repubblica con 12.717.923 preferenze. L’Italia che fuoriuscì dal quella consultazione era spaccata in due. Mentre al Nord l’eredità della guerra civile finì per favorire la Repubblica, il Sud rimase sostanzialmente fedele alla Corona.

Contestazioni

La pubblicazione dei risultati provocò contestazioni, specie nel Meridione, dove i monarchici non si rassegnarono alla sconfitta. Non mancarono scontri durante i quali si verificarono alcune vittime, come ad esempio a Napoli, in Via Medina. Le proteste derivarono dal clima di sospetto che seguì la proclamazione della forma di Stato scelta dalla maggioranza. In particolare i sostenitori di Casa Savoia lamentarono presunti brogli a intimidazioni ai seggi elettorali, peraltro mai confermati dagli storici (salvo quelli di parte). Molti di queste voci furono fomentate dal comunicato col quale Umberto II denunciò presunte irregolarità commesse dal governo. L’ex sovrano abbandonò polemicamente il Paese e si recò in esilio volontario in Portogallo. Da lì la XIII disposizione transitoria della Costituzione che, fino alla riforma del 2002, impediva ai Savoia il rientro e il soggiorno sul territorio nazionale.

Costituzione

In occasione del referendum gli italiani furono chiamati anche a eleggere l’Assemblea Costituente che avrebbe dotato il Paese di una Carta fondamentale diversa dallo Statuto Albertino. Il voto si tramutò in un trionfo della Dc, che divenne il primo partito del Paese, seguito da socialisti e comunisti. I lavori preparatori portarono alla redazione di un testo ben più complesso e articolato dello Statuto. Una Costituzione rigida (modificabile cioè solo attraverso un procedimento aggravato poi disciplinato dall’art. 138) e lunga (nel senso che essa non si limita a fissare solo i principi fondamentali dell’ordinamento, ma regola in maniera dettagliata anche alcuni istituti). Di particolare importanza sarà l’art. 139 secondo cui la “forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. La volontà del popolo, insomma, non potrà mai essere ribaltata dal Parlamento.

Dal Re al Presidente

Con la Repubblica alcuni dei poteri prima attribuiti al Re (a eccezione della sovranità che passava dal monarca al popolo) furono trasferiti in capo al presidente della Repubblica. Oggi l’inquilino del Quirinale continua a esercitare alcune funzioni di derivazione monarchica. E’ il capo delle Forze armate (presiede infatti il Consiglio supremo di Difesa), proclama lo stato di guerra deliberato dalle Camere, è al vertice della magistratura (è infatti presidente del Csm), concede la grazia, commuta le pene, e svolge numerose altre funzioni in relazione al potere legislativo (es. promulga le leggi e indice le elezioni), esecutivo e giudiziario.