Insulta gli juventini alla radio: “Spero che venga giù l’aereo”

L’ultima giornata di campionato non ha regalato soltanto le emozioni forti legate all’addio alla Roma da parte di Francesco Totti. Purtroppo è arrivata anche l’ennesima dimostrazione di come il tifo più becero possa scendere a livelli davvero infimi.

L’episodio riguarda una trasmissione radiofonica andata in onda su un’emittente bolognese al termine della partita vinta dalla Juventus sul campo dei felsinei. Un ascoltatore in diretta ha augurato tutto il male possibile alla società bianconera: “Spero che venga giù l’aereo che li porta a giocare la finale di Champions League“. Una frase inammissibile, ingiustificabile, intollerabile. Si può anche essere avversari acerrimi, sperare nella sconfitta sportiva di “nemici” storici ma sperare in una tragedia no, è indegno. L’aspetto ancora più grave, però, è che uno dei conduttori radiofonici anziché dissociarsi da simili affermazioni e condannarle senza se e senza ma, ha rincarato la dose e spinto l’ascoltatore a “liberarsi”. Non solo. Quando il secondo conduttore, assolutamente imbarazzato, ha preso le distanze da quanto stava sentendo, è stato quasi deriso dal collega che l’ha apostrofato: “Bene, allora togliti le cuffie”.

Parole gravissime: l’ospite in collegamento ha detto che “Questi riescono a rubare anche nelle partite in cui non conta niente” e il conduttore ha aggiunto “Non è ipocrisia, fa benissimo, voglio la morte di tutti gli juventini“. Con un simile incoraggiamento il radioascoltatore ha proseguito: “Io odio tutti quelli che vestono la maglia bianconera, giocatori, allenatori, tutti, sono la vergogna del calcio italiano”. Il conduttore ha concluso affermando: “Sei la mia voce grande Davide, ti ringrazio. Sei il mio idolo”.

Un dialogo incredibile. C’è da meravigliarsi poi se gli stadi diventano arene da gladiatori e le tifoserie danno libero sfogo all’odio verso l’avversario? Come si fa a dare spazio e voce a persone che alimentano un clima di intolleranza quando invece c’è bisogno di ricreare una cultura sportiva, una mentalità fatta di sana rivalità e anche di sfottò ma che sappia anche riconoscere i meriti dell’avversario? C’è da sorprendersi se poi le famiglie disertano gli stadi?

Non è questo il calcio che vogliamo. Il calcio, e lo sport in generale, è passione, è sacrificio, è voglia di superarsi per raggiungere traguardi ambiziosi, è condivisione. Questo è quello che va insegnato ai nostri figli. Qualcosa che va oltre i colori e l’appartenenza e che non può mai travalicare nell’insulto gratuito.