Per non dimenticare Capaci

È un chiaro segno dei tempi che dopo 25 anni dalla strage di Capaci in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta, l’invito a non dimenticare provenga nella arcidiocesi di Monreale dalla collaborazione stretta tra la Comunità Ecclesiale di Capaci e un’associazione laica come Addiopizzo. Nel luogo in cui avvenne la strage sono organizzati degli eventi con la partecipazione di artisti e giornalisti e con la presenza di delegazioni provenienti dall’estero. Don Pietro Macaluso parroco della Chiesa Madre di Capaci ha scritto in un messaggio: “La comunità credente di questo territorio deve fare la propria parte perché è il Vangelo che ce lo chiede. Non si può essere credenti e vivere l’inconciliabile cultura di morte della mafia o dell’illegalità in qualunque forma essa si realizzi, ma è bene cogliere l’occasione per una testimonianza autenticamente cristiana da vivere nel quotidiano”.

Negli ultimi decenni in seguito anche al grave e ripetuto manifestarsi della natura criminale e dell’estrema pericolosità sociale delle organizzazioni mafiose e, conseguentemente, al crescere di una diffusa coscienza collettiva di rifiuto di forme di tolleranza e di pur tacita e passiva connivenza col fenomeno, è maturata nella Chiesa siciliana una chiara, esplicita e ferma convinzione dell’incompatibilità dell’appartenenza mafiosa con la professione di fede cristiana.

Per la maturazione di questa mentalità sono stati importanti gli interventi dei papi Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco e dell’Episcopato siciliano, che hanno contribuito alla interpretazione e alla condanna della mafia a partire dalle tradizionali e originali categorie cristiane. E’ compito della Chiesa sia aiutare a prendere consapevolezza che tutti, anche i cristiani, alimentiamo l’humus dove alligna e facilmente cresce la mafia, sia indurre al superamento dell’attuale situazione attraverso la conversione al Vangelo, capace di creare una cultura antimafia fondata sulla consapevolezza che il bene comune è frutto dell’apporto responsabile di tutti e di ciascuno.

La resistenza alla mafia esige un rinnovato impegno educativo che porti ad un cambiamento della mentalità e dei comportamenti concreti. La Chiesa deve fare presenti le esigenze proprie della conversione cristiana e quindi ricordare, che essa non può essere ridotta a fatto intimistico ma ha sempre una proiezione pubblica ed esige comunque la riparazione. Nel caso del mafioso, la conversione comporta un impegno fattivo affinché sia debellata la struttura organizzativa della mafia, fonte costante di ingiustizie e violenza, che è una presenza che distrugge speranze, ruba il futuro. Alla comunità cristiana si richiedono dei gesti originali che interpellino cattolici e laici per la diffusione di una cultura della legalità e per una educazione alla concezione del potere come servizio al bene comune e del denaro come mezzo e non idoli a cui sacrificare tutto.