CÒREA DI HUNTINGTON: COSA C’E’ DA SAPERE

“Per troppo tempo le paure e le difficoltà che hanno caratterizzato la vita delle persone affette da Huntington hanno creato intorno a loro fraintendimenti, barriere, vere e proprie emarginazioni. In molti casi gli ammalati e loro famiglie hanno vissuto il dramma della vergogna, dell’isolamento, dell’abbandono. Oggi però siamo qui perché vogliamo dire a noi stessi e a tutto il mondo: ‘hidden no more‘, ‘oculta nunca mas‘, ‘mai più nascosta‘. Non si tratta semplicemente di uno slogan, bensì di un impegno che ci deve vedere tutti protagonisti“. Nell’incontro in Aula Paolo VI con un gruppo di malati affetti dalla “Còrea di Huntington“, Papa Francesco ha posto l’accento non tanto sulle sofferenze fisiche quanto sul dramma sociale vissuto da migliaia di persone. Spesso, infatti, questa poco conosciuta patologia neurodegenerativa porta all’isolamento volontario, frutto di un generale sentimento di vergogna nei confronti del proprio corpo.

I nuovi lebbrosari

Basti pensare al caso del villaggio colombiano di El Dificil, dove centinaia di malati si sono trasferiti per vivere tra loro, lontani dal mondo dei “sani”. Ma anche ai sempre più frequenti matrimoni tra uomini e donne portatori del gene difettoso, da cui hanno avuto origine – specie in Sudamerica dove il morbo è più diffuso – veri e propri epicentri della malattia. Una riedizione in chiave contemporanea della “valle dei lebbrosi” di “Ben Hur“, nella quale il celebre cocchiere interpretato da Charlton Heston si recava per visitare la madre e la sorella. Peccato che l’isolamento cozzi con la sempre maggiore necessità di assistenza, a partire da quella alimentare. La patologia altera infatti il metabolismo energetico, rendendo talvolta necessaria l’assunzione di 5 mila calorie al giorno. La qual cosa, nel contesto di profonda indigenza che viene a crearsi in queste comunità, diventa quasi impossibile.

In Italia

Secondo quanto riportato dall’Osservatorio sulle Malattie Rare (Omar), in Italia la Còrea affligge circa 6 mila persone, mentre 18 mila rischiano di ereditarla. Già, perché chi ha un genitore affetto ha il 50% di possibilità di contrarre la malattia. Un terribile “testa o croce” che i figli dei malati si portano dietro fino ai 30-50 anni, fascia di età in cui, generalmente, compaiono i primi sintomi.

Decorso

I quali quasi sempre consistono in movimenti continui e scoordinati (quelli che i medici definiscono per l’appunto “còrea”) ma anche disturbi cognitivi e del comportamento. Nel tempo il quadro clinico peggiora: ci si muove sempre meno agevolmente, calano le capacità mentali e compaiono disturbi psichiatrici. Complicanze come la polmonite, le disfunzioni cardiache e le lesioni interne provocate dalle frequenti cadute sono le principali cause di morte, che avviene solitamente entro i 20 anni dalla comparsa dei sintomi.

Il gene responsabile

Oggi – ha spiegato all’Ansa la senatrice a vita Elena Cattaneo (in prima fila nella lotta alla Còrea di Huntington) – “non è ancora chiaro quale sia l’elemento preponderante della malattia”, cioè non si capisce ancora che cosa provochi il danno maggiore. “Si fa fatica e serve davvero tanta ricerca, isolando un fattore alla volta e osservando gli effetti”. L’unica cosa certa è che il gene responsabile si trova sul cromosoma 4. Esso contiene le informazioni per la produzione di una proteina chiamata huntingtina (Htt), la cui funzione è ancora ignota. La mutazione genetica avviene esattamente nel gene It15, isolato nel 1993, ed induce la morte dei neuroni in molte aree cerebrali. Questo determina l’alterazione delle capacità cognitive (pensiero, giudizio, memoria), del controllo dei movimenti e delle emozioni.

La teoria

La ricerca più interessate pubblicata in materia ipotizza che la Hdt possa un tiro mancino giocato dall’evoluzione. L’Htt è, infatti, un gene antichissimo, rilevato in alcuni microrganismi (i lieviti) comparsi sulla Terra all’alba dei tempi. Il suo segno distintivo è rappresentato dalla sequenza formata dalle lettere Cag. Se negli organismi più semplici, come il riccio di mare, le sequenze ripetute erano pochissime, salendo lungo l’albero dell’evoluzione sono aumentate progressivamente: dalle 4 del pesce zebra sono salite a 8 nel topo, fino ad arrivare all’uomo, dove possono arrivare fino a 35. Se questo numero viene superato compare la patologia. Il 95% dei malati ne ha fra 42 e 44. “Oggi sappiamo che 1 persona su 17 ha da 27 a 35 sequenze Cag”, ha spiegato Cattaneo, e ricerche condotte con la tecnica della Risonanza magnetica nucleare indicano che chi ha più sequenze Cag ha anche più materia grigia. Ciò ha portato alcuni studiosi a ipotizzare che la Còrea possa essere il prezzo imposto dall’evoluzione per un suo esperimento, teso a generare un sistema nervoso più complesso del nostro.

Ricerche

Due, al momento, le strade seguite dai ricercatori per trovare una cura o quantomeno una terapia che prolunghi la vita e riduca le sofferenze. La prima punta a disattivare il gene malato. La seconda passa invece per le cellule staminali embrionali. Filone, questo, su cui il Papa ha posto il suo altolà, affermando che “nessuna finalità, anche in sé stessa nobile, come la previsione di una utilità per la scienza, per altri esseri umani o per la società, può giustificare la distruzione di embrioni umani”.