A San Giovanni la “Festa dei popoli”

“Costruiamo ponti non muri”. Uno degli inviti più caratteristici di Papa Francesco dà il titolo alla XXVI edizione della Festa dei Popoli che si terrà domenica 21 maggio, a San Giovanni in Laterano. La manifestazione è organizzata dall’Ufficio per la Pastorale delle Migrazioni del Vicariato di Roma, dalla Caritas diocesana di Roma e dall’Impresa Sant’Annibale Onlus con il patrocinio dei Missionari Scalabriniani, dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e della Regione Lazio, in collaborazione con le comunità etniche di Roma e alcune organizzazioni che si occupano di migranti.

L’importanza del dialogo

“Il titolo scelto quest’anno – spiega monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale delle migrazioni – vuole sottolineare l’importanza del dialogo che anche una semplice festa può far nascere tra le comunità etniche e la città che le ospita. Ma anche per ricordare a Roma che dietro a un evento come questo, espressione di una quotidianità serena in un momento storico in cui le migrazioni sono analizzate sempre e solo nei loro aspetti più problematici, ci sono significati universali che stanno interpellando l’intero Occidente nella sfida possibile del dialogo tra i popoli e della pacifica condivisione del creato».

Forum al femminile

Due i momenti principali della Festa. Il primo alle 10, nel Pontificio Seminario Romano Maggiore (piazza San Giovanni in Laterano 4). Qui si svolgerà il forum “Comunità migranti, Chiesa e Città di Roma: donne in dialogo per l’integrazione tra i popoli”. Sarà un convegno tutto al femminile che esporrà gli esiti di una ricerca promossa dall’Ufficio per la pastorale delle migrazioni di Roma e condotta da quattro donne rappresentanti di altrettante macro-aree di provenienza all’interno delle comunità immigrate, attorno a tre domande chiave: Cosa può fare la mia comunità per migliorare dialogo e condivisione? Cosa chiediamo alla Città di Roma per migliorare dialogo e condivisione? Cosa chiediamo alla Chiesa di Roma per migliorare dialogo e condivisione? Esito finale di questo lavoro sarà un documento che può essere intitolato “Le 3 C del dialogo tra i popoli”. Una dichiarazione di impegno delle Comunità, un appello alla Città e una richiesta rivolta alla Chiesa per promuovere un autentico spirito di fratellanza. Oltre a mons. Felicolo, interverranno la missionaria scalabriniana Ana Paula Ferreira da Rocha, l’ucraina Elena Tonko, la filippina Zenaida Villanos Baro, la peruviana Patricia Bovadin e la ghanese Cecilia Agyeman Anane e l’europarlamentare Silvia Costa.

La Messa e il pranzo

Alle 12.30 il vescovo ausiliare mons. Paolo Lojudice, presidente della Commissione regionale per le migrazioni del Lazio, celebrerà la S. Messa nella basilica di San Giovanni in Laterano. Insieme a lui concelebreranno 60 sacerdoti cappellani delle comunità straniere di Roma. E’ prevista la partecipazione di 40 diverse comunità e l’animazione musicale di 10 cori che si alterneranno durante la liturgia, coordinati da padre Farid Saab, della comunità libanese maronita. A seguire il pranzo con la degustazione di prodotti gastronomici tipici di 14 comunità partecipanti, tra cui quella siriana con una cuoca di Aleppo e una rappresentanza della comunità rom e sinta di Roma. Nel pomeriggio, verso le 15, spettacolo folkloristico multietnico con esibizioni di una ventina di gruppi provenienti da tutto il mondo presentati dal conduttore e attore Manuel Mascolo.

L’appello delle Acli

Tra le associazioni che partecipano all’iniziativa ci sono le Acli di Roma: “Credo che sia un momento fondamentale ha dichiarato la presidente Lidia Borzì – per ribadire tutti insieme che occorre ricostruire un tessuto sociale e culturale a Roma che si fondi sulla tolleranza e l’accoglienza proprio come dice lo slogan della manifestazione per costruire ponti e non muri. Dopo la tragica vicenda della morte delle tre sorelle di Centocelle – aggiunge – c’è bisogno con ancora maggiore incisività di un’azione congiunta tra la società civile e le istituzioni per fare in modo che l’immigrato sia considerato un valore aggiunto e non un problema per la nostra città”.