Il Papa: “La Chiesa la portano avanti i santi, i martiri, testimoni coerenti. Campi profughi come quelli di concentramento”

Nel giorno dell’anniversario del rapimento dei vescovi ortodossi di Aleppo Mar Gregorios Ibrahim e Paul Yazigi, Papa Francesco si è recato nella basilica di S. Bartolomeo all’Isola Tiberina per rendere omaggio ai nuovi martiri.

Il saluto di Riccardi

Accolto da una folla festante e dopo essere rimasto a pregare in silenzio davanti alla pala d’altare che ricorda i testimoni della fede, Papa Francesco ha ascoltato il saluto di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di S. Egidio a cui è affidata la basilica che dal 1999 per volere di S. Giovanni Paolo II è dedicata ai nuovi martiri. Una basilica in cui sono conservate “le memorie – ha detto Riccardi – di martiri cattolici, ortodossi, anglicani, evangelici” luogo “di memoria e di pellegrinaggio per tanti”. Riccardi ha ricordato i vescovi ortodossi e anche padre Paolo Dall’Oglio: tutti rapiti e di cui non si hanno più notizie. “Proviamo vergogna – ha aggiunto – perché sono nostri contemporanei, a volte amici e commensali” ma “non ci siamo liberati dalla volontà di salvare noi stessi”, non siamo stati capaci, di fronte alla “guerra madre di dolori e povertà” di “imparare la loro lingua, loro che non hanno salvato se stessi”.  “I martiri ricordano che i cristiani non sono vincenti per potere, armi, denaro, consenso, non sono eroi ma abitati da una sola forza, quella umile della fede e dell’amore”. In un tempo segnato da violenza, guerra e terrorismo “c’è bisogno di vittoria: ma non dell’una o l’altra parte, ma della pace e dell’umanità. Non siamo condannati a essere spettatori spaventati”. “La nostra preghiera stasera – ha concluso Riccardi – accompagna e prepara il suo prossimo viaggio in Egitto, terra di martiri ma anche di dialogo”.

Le testimonianze

A seguire hanno portato la loro testimonianza Karl Schneider, figlio di Paul, pastore della Chiesa Riformata, ucciso nel 1939 nel campo di Buchenwald perché aveva definito gli obiettivi del nazismo “inconciliabili con le parole della Bibbia”, Roselyne, sorella di padre Jacques Hamel, assassinato a Rouen, in Francia, il 26 luglio dell’anno scorso alla fine della messa e Francisco Hernandez Guevara, amico di William Quijano, un giovane di Sant’Egidio in Salvador, ucciso nel settembre del 2009 perché, con le “Scuole della Pace” della Comunità, offriva agli adolescenti del quartiere in cui viveva un’alternativa alle Maras, le bande giovanili che seminano il terrore in questo Paese dell’America Centrale.

I martiri nascosti

Nella sua omelia il Papa ha ricordato “tanti cristiani uccisi dalle folli ideologie del secolo scorso, e anche oggi uccisi solo perché discepoli di Gesù. Il ricordo di questi testimoni antichi e recenti ci conferma nella consapevolezza che la Chiesa è Chiesa se è Chiesa di martiri (…) Loro soffrono, loro danno la vita, e noi riceviamo la benedizione di Dio per la loro testimonianza. E ci sono anche tanti martiri nascosti, quegli uomini e quelle donne fedeli alla forza mite dell’amore, alla voce dello Spirito Santo, che nella vita di ogni giorno cercano di aiutare i fratelli e di amare Dio senza riserve. Se guardiamo bene, la causa di ogni persecuzione è l’odio del principe di questo mondo verso quanti sono stati salvati e redenti da Gesù con la sua morte e con la sua risurrezione. Gesù usa una parola forte e spaventosa: la parola “odio”. Lui, che è il maestro dell’amore, al quale piaceva tanto parlare di amore, parla di odio. Ma Lui voleva sempre chiamare le cose con il loro nome. E ci dice: “Non spaventatevi! Il mondo vi odierà; ma sappiate che prima di voi ha odiato me”.

La Chiesa la portano avanti i santi

Gesù ci ha scelti e ci ha riscattati, per un dono gratuito del suo amore. Con la sua morte e risurrezione ci ha riscattati dal potere del mondo, dal potere del diavolo, dal potere del principe di questo mondo. E l’origine dell’odio è questa: poiché noi siamo salvati da Gesù, e il principe del mondo questo non lo vuole, egli ci odia e suscita la persecuzione, che dai tempi di Gesù e della Chiesa nascente continua fino ai nostri giorni. Quante comunità cristiane oggi sono oggetto di persecuzione! Perché? A causa dell’odio dello spirito del mondo. Quante volte, in momenti difficili della storia, si è sentito dire: “Oggi la patria ha bisogno di eroi”. Il martire può essere pensato come un eroe ma fondamentale per lui è che è stato un graziato, è la grazia di Dio non il coraggio che ci fa martiri. Allo stesso modo ci si può chiedere: “Di che cosa ha bisogno oggi la Chiesa?” Di martiri, di testimoni. La Chiesa la portano avanti i santi. I santi di tutti i giorni, quelli della vita ordinaria, portata avanti con coerenza; ma anche di coloro che hanno il coraggio di accettare la grazia di essere testimoni fino alla fine, fino alla morte. Tutti costoro sono il sangue vivo della Chiesa. Sono i testimoni che portano avanti la Chiesa; quelli che attestano che Gesù è risorto, che Gesù è vivo, e lo attestano con la coerenza di vita e con la forza dello Spirito Santo che hanno ricevuto in dono. Ricordare questi testimoni della fede e pregare in questo luogo è un grande dono”.

La testimonianza

Poi il Papa ha aggiunto a braccio un commovente racconto. “Vorrei oggi aggiungere un’icona di più in questa chiesa. Una donna, non so il nome ma lei ci guarda dal Cielo. Quando ero a Lesbo, salutavo i rifugiati, ho trovato un uomo, trentenne, con tre bambini. Mi ha guardato e mi ha detto: ‘Padre, sono musulmano, mia moglie era cristiana. E nel nostro paese sono venuti i terroristi, ci hanno guardato, ci hanno chiesto la religione… hanno visto a lei col crocifisso e le hanno chiesto di buttarlo giù. Lei non lo ha fatto e l’hanno sgozzata davanti a me. Ci amavamo tanto’. Questa è l’icona che porto oggi come regalo qui. Non so – ha aggiunto il S. Padre – se quell’uomo è ancora a Lesbo o è riuscito ad andare altrove, non so se è stato capace di uscire da quel campo di concentramento, perché i campi di rifugiati, tanti, sono di concentramento per la folla di gente, e sono lasciati lì… i popoli generosi che li accolgono devono portare avanti questo peso perché gli accordi internazionali sembra siano più importanti dei diritti umani. E questo uomo non aveva rancore. Lui musulmano aveva questa croce del dolore portato avanti senza rancore, si rifugivava nell’amore della moglie ‘aggraziata’ dal martirio”.

La vergogna

“E’ un dono – ha proseguito il Papa – per la Comunità di Sant’Egidio, per la Chiesa in Roma, per tutte le Comunità cristiane di questa città, e per tanti pellegrini. L’eredità viva dei martiri dona oggi a noi pace e unità. Essi ci insegnano che, con la forza dell’amore, con la mitezza, si può lottare contro la prepotenza, la violenza, la guerra e si può realizzare con pazienza la pace. A te Signore – ha concluso – la gloria e a noi Signore la vergogna“.

La colomba di Aleppo

Dopo l’omelia, Papa Francesco ha benedetto una piccola scultura di legno dipinto, raffigurante una colomba, che proviene dall’iconostasi di un’antica chiesa di Aleppo, bombardata durante l’assedio della città. A porgerla a Papa Bergoglio, un rifugiato siriano di Aleppo, giunto in Italia attraverso i corridoi umanitari. Dopo la benedezione del Papa, la colomba  è stata posta sull’altare della cappella che custodisce le memorie dei martiri dell’Asia e del Medio Oriente.

Il saluto ai rifugiati

Al termine della sua visita Francesco ha incontrato un gruppo di rifugiati accolti dalla Comunità di Sant’Egidio. Tra questi, Tadese Fisaha, giovane eritreo sopravvissuto di Lampedusa, che ha donato al Papa una cartolina raffigurante i volti delle vittime del terribile naufragio del 3 ottobre 2013. “Questa generosità del Sud di Lampedusa, della Sicilia, di Lesbo, possa contagiare tutti noi. Siamo nella civiltà che non fa figli, ma anche chiudiamo la porta ai migranti: questo si chiama suicidio – ha commentato il S. Padre – Pensiamo alla crudeltà che oggi si accanisce su tanta gente, allo sfruttamento della gente che arriva con i barconi e poi restano lì nei paesi generosi, l’Italia e la Grecia accolgono ma poi i trattati internazionali non lasciano che ripartano” ha aggiunto il Papa che ha poi concluso: “Se in Italia si accogliessero due migranti per ogni municipio ci sarebbe posto per tutti”.