Perché i capilista bloccati piacciono a tutti

Ammettiamolo, comunque vada a finire sarà un successo. Soprattutto per coloro che sognano da sempre di veder applicato il principio berlusconiano, che tutti sostengono in privato ma censurano in pubblico, in base al quale i parlamentari servono solo a pigiare un bottone in Aula al momento del voto.

Insomma, una legge elettorale che conceda ai leader il massimo delle garanzie nella scelta di nomi da mettere in lista e poche, anzi pochissime, ai candidati da eleggere piace a tutti. Anche in questo caso solo in privato, ovviamente. Perché la politica italiana, mai come ora, è entrata nella dimensione cinematografica del celebre film che esaltava i vizi privati contro le pubbliche virtù.

In sostanza chi ha compreso davvero il senso del dibattito capilista bloccati sì, capilista bloccati no? Solo gli addetti ai lavori, alacremente impegnati a trovare una sintesi per la legge elettorale che verrà. Non a caso l’ex premier, Matteo Renzi, ha fatto diventare un dettaglio tecnico (ogni leader si sceglie chi candidare dove e come vuole creando in parlamento una pattuglia di fedelissimi) un elemento di riflessione più che di discussione. Buono per la campagna elettorale delle primarie. Ma interessante in prospettiva.

Stando alle elaborazioni dei sondaggisti la prossima tornata elettorale rischia di risolversi in un testa a testa fra Renzi e Beppe Grillo. Saranno loro a catalizzare l’attenzione dell’elettorato, pronto a tornare ai seggi, dato che gli esperti prevedono una risalita dell’affluenza. E proprio per questa ragione il leader dei 5 Stelle vuole rinnovare almeno il 70% dei parlamentari. Secondo le voci di corridoio il comico genovese avrebbe già garantito soltanto ai big del partito la conferma, mentre i cosiddetti peones sarebbero già stati scaricati, creando vere e proprie situazioni di panico.

Entrare a far parte della Casta, paradossalmente, non è semplice ma uscirne e facilissimo. Basta non rientrare più nei piani del capo. Grillo vuole scegliersi tutti i prossimi deputati. Ma proprio tutti. I suddetti peones, ovvero i parlamentari che affollano le aule di Camera e Senato solo per fare numero e schiacciare un bottone al momento delle votazioni senza avere un incarico, hanno iniziato a rendersi conto della situazione e molti di loro sono nel panico. Al punto che hanno il terrore di parlare, temendo le ritorsioni dello staff della comunicazione del Movimento. I guardiani del verbo grillino, dicono a denti stretti alcuni peones, sono pronti a tutto.

Ma il quadro generale, a voler essere onesti, non registra solo e fibrillazioni grilline. L’incognita sulla legge elettorale e le distanze sul progetto per la costruzione del futuro centrodestra mettono di fatto ancora in stand by la ricomposizione della coalizione che nelle intenzioni di Silvio Berlusconi rappresenta l’unica carta vincente come alternativa al Movimento Cinque Stelle. E anche l’ex Cavaliere, come Beppe, vorrebbe rinnovare i volti della pattuglia azzurra. Ma se l’ex premier, al momento, non ha nessuna intenzione di scoprire ora le sue carte, il centrodestra vecchia maniera non sembra risentire di particolari problemi a livello locale dove da tempo si lavora per trovare candidature comuni i vista delle elezioni amministrative. E che il lavoro proceda non lo nega nemmeno Matteo Salvini pronto a riconoscere come con Berlusconi ci sia più difficoltà a siglare un’intesa nazionale. Dunque è proprio dalla provincia che potrebbero arrivare le sorprese in grado di modificare la geografia del centro. Tanto dentro il Movimento 5 Stelle quanto all’interno di Forza Italia. I casting, dicono i maliziosi, sarebbero già iniziati. E Beppe e Silvio di tivù se ne intendono.