Mafia Capitale, la sentenza a luglio. Il pm Tescaroli: “Da Carminati riserve di violenza”

Due settimane di stop per il maxi processo di Mafia Capitale. Concluse le requisitorie dei pm, con l’intervento di Luca Tescaroli nella giornata del 12 aprile, l’aula bunker di Rebibbia riaprirà i battenti il prossimo 26 del mese, quando verranno discusse le posizioni degli imputati. Per quanto riguarda gli esiti del processo, non si terminerà prima di luglio, essendo le difese di Buzzi e Carminati previste per i primi del mese di giugno (rispettivamente 5-6 e 12-13). La strada è ancora lunga dunque, ma dalle ultime giornate, di elementi sui quali discutere ne sono emersi molti. La Procura ha già annunciato che presenterà una memoria di non meno di mille pagine, con i legali delle varie parti che potranno depositare ulteriori atti ad accorpamento del già consistente fascicolo. Da qui lo slittamento ai mesi estivi.

Tescaroli: “Fusione di due articolazioni”

Nell’ultima tranche di requisitorie, il pm Tescaroli ha proseguito sulla linea della dimostrazione che quello definito come “mondo di mezzo” fosse una vera organizzazione mafiosa, con tanto di rete di rapporti con cosche della ‘ndrangheta e “riserve di violenza” a scopo intimidatorio affidate a Carminati. Su questa linea si è articolata la requisitoria di Tescaroli, il quale ha specificato come Mafia Capitale sia “il frutto della fusione tra due articolazioni: quella che fa capo a Massimo Carminati e quella che si riferisce a Salvatore Buzzi”. Da un lato, infatti, il ras delle cooperative con i suoi rapporti con Rocco Rotolo e Salvatore Ruggero, “emissari della cosca Mancuso a Roma”, dall’altro l’ex nar, la cui violenza (sua e dei suoi uomini) “consente a Buzzi di rapportarsi in modo intimidatorio con la pubblica amministrazione”.

Il ruolo di Gramazio e Panzironi

Piuttosto corposa la parte di requisitoria nella quale Tescaroli ha ricostruito il ruolo di Luca Gramazio, ex uomo forte pdl, e Franco Panzironi, ex ad della municipalizzata dei rifiuti. Secondo il pm, Gramazio avrebbe “posto al servizio del sodalizio criminoso le sue qualità istituzionali. Ha svolto una funzione di collegamento tra l’organizzazione, la politica e le istituzioni, elaborando assieme a Fabrizio Franco Testa e agli stessi Buzzi e Carminati le strategie di penetrazione della pubblica amministrazione, intervenendo direttamente o indirettamente nei diversi settori di interesse dell’associazione”. Per quanto riguarda Panzironi, “ha posto al servizio del gruppo il diretto accesso con il sindaco Alemanno e ha fornito uno stabile contributo per l’aggiudicazione di appalti pubblici e per lo sblocco dei pagamenti in favore delle imprese riconducibili all’associazione”.

Buzzi tramite

Carminati e Panzironi, i quali non si sarebbero mai incontrati di persona, avevano come tramite lo stesso Salvatore Buzzi che, dopo aver tenuto incontri o conversazioni telefoniche con l’ex ad Ama, “tempestivamente e puntualmente riferiva a Carminati quanto veniva effettuato. I pagamenti della corruzione a Panzironi sono conosciuti e autorizzati da Carminati che, quindi, era pienamente al corrente di queste remunerazioni”. Del resto, per il pm “gli imputati sono ben consapevoli di far parte di una struttura organizzata che, con una sistematica attività corruttiva, ha condizionato e gestito gli appalti pubblici”.