Pillola abortiva nei consultori: il no di Forum Famiglie e Vicariato

Dopo il bando per l’assunzione di medici non obiettori al S. Camillo, dalla Regione Lazio arriva un’altra decisione finalizzata a facilitare sempre di più l’aborto, in barba alle vigenti norme e con notevoli rischi per la salute delle donne. La giunta Zingaretti ha deciso che dalla prossima estate sarà sperimentata per 18 mesi la distribuzione nei consultori della pillola abortiva Ru486. Una decisione che contrasta con la legge che prevede la somministrazione solo in ospedale o nei poliambulatori prima di tutto a garanzia della salute della donna.

Fermamente contraria alla sperimentazione dell’aborto farmacologico nei consultori la presidente del Forum delle Associazioni familiari del Lazio, Emma Ciccarelli: “Sono altre le urgenze e gli interventi che attendono risposte organiche e strutturate nella Sanità – afferma – Abbiamo famiglie con malati psichici che non riescono ad avere risposte, mamme ormai anziane che non ce la fanno a gestire le disabilità dei loro figli, liste di attesa per i servizi domiciliari ancora lunghe, famiglie che si trovano sole ad affrontare un malato di Alzhaimer. Chiediamo al presidente Zingaretti di rivedere questa scelta – continua Ciccarelli – e di lavorare più sulla prevenzione di tale fenomeno. L’aborto è sempre un atto estremo per una donna e i tagli alla sanità non si fanno sulla pelle delle donne e dei bambini che portano in grembo”.

Profondo sconcerto e forte preoccupazione” è stata espressa in una nota dal Vicariato di Roma, anche per le motivazioni con cui si giustifica la sperimentazione. “Tale decisione veicola il messaggio dell’aborto facile in un contesto di finta umanizzazione e rappresenta un passo ulteriore nella diffusione di una cultura della chiusura all’accoglienza della vita umana e della deresponsabilizzazione etica. La triste realtà è che i consultori sono ormai quasi privi di personale e molti versano in stato di abbandono. Essi sono ben lontani dall’offrire la dichiarata ‘assistenza multidisciplinare’ e faticano ad assolvere al loro compito di sostegno, informazione e presa in carico della donna di fronte a una decisione sempre drammatica. Con questa scelta i consultori verranno ridotti a uffici di mera distribuzione di farmaci abortivi, acuendo nel loro personale le questioni relative all’obiezione di coscienza – sottolineano dal Laterano – Tutto ciò nega nei fatti uno degli obiettivi della legge 194/78, quello della tutela sociale della maternità e della pianificazione di strategie di prevenzione che agiscano sulle cause culturali, economiche e psicologiche del ricorso all’aborto. Strategie che proprio nei consultori dovrebbero trovare un luogo elettivo di realizzazione”.

Ma in Vicariato mettono in evidenza anche “i rischi sanitari e la mortalità connessi all’utilizzo della pillola abortiva, notevolmente superiori a quello dell’aborto con procedura chirurgica. La stessa legge 194, nell’art. 8, prevede che l’aborto avvenga in regime di ricovero a tutela della salute della donna. Il ricovero ospedaliero dunque non è un “fatto ideologico”, ma è necessario per la sicurezza della donna. Piuttosto, è ideologico spacciare come “riorganizzazione della rete sanitaria della Regione Lazio” l’introduzione della RU486 nei consultori, distraendo l’attenzione mediatica dalle reali priorità della sanità laziale quali l’assistenza domiciliare che non decolla, i pronto soccorso intasati, le infinite liste di attesa, la mancata presa in carico degli anziani e dei disabili.

L’aborto rappresenta sempre una sconfitta per tutti, e nella solitudine delle pareti domestiche questa esperienza, che viene propagandata come facile e sicura, diventa ancor più devastante e dolorosa. Chiediamo perciò alle autorità regionali di riconsiderare tale decisione che avrebbe come vero risultato, da una parte, apportare un ulteriore danno alla percezione del valore della vita umana come bene comune e, dall’altra, lasciare una volta di più la donna sola ad affrontare il dramma dell’aborto”.

Il Movimento per la Vita ha annunciato la possibilità di ricorrere al Tar contro questo provvedimento. “La pillola abortiva – spiega Roberto Bennati, vicepresidente nazionale del MpV – va assunta con tutte le precauzioni mediche e l’assistenza ospedaliera necessaria. Invece così si tenta di aggirare i problemi connessi ai costi dei ricoveri e all’obiezione di coscienza, senza tuttavia considerare adeguatamente le possibili conseguenze dannose per la salute delle donne e riportando il dramma dell’aborto a una sfera strettamente privata, snaturando la funzione dei consultori familiari”.