Hong Kong, Carrie Lam nuovo “chief executive”: è la prima donna eletta leader

Ad Hong Kong si fa la storia: Carrie Lam vince le elezioni divenendo il nuovo “chief executive”, contro ogni previsione. A riportarlo è l’agenzia Nuova Cina, secondo la quale, la candidata sostenuta da Pechino si è aggiudicata oltre 600 dei 1.194 grandi elettori che scelgono la carica istituzionale più alta dell’ex colonia inglese. Inoltre, è la prima donna a diventare leader di Hong Kong. Carrie Lam Cheng Yuet-ngor, questo il nome completo dell’esponente politico di 59 anni, ricoprirà, a partire dal prossimo luglio, il mandato quinquennale di capo del governo della Regione amministrativa speciale di Hong Kong, parte della Cina, succedendo a Leung Chun-ying, che a dicembre aveva annunciato di non voler correre per un secondo mandato.

L’elezione

La Commissione per gli affari elettorali le ha assegnato 777 voti sui 1.163 dichiarati validi, espressi dai componenti del parlamentino locale e dai rappresentanti di diversi settori della società. Lam, ex “chief secretary” di Hong Kong, ha avuto la meglio sull’ex “financial secretary” John Tsang, personaggio che godeva ampiamente del sostegno popolare in base a tutti i sondaggi, e dell’ex giudice Woo Kwok-hing. Tuttavia, Lam contava sul sostegno certo di 580 grandi elettori, mentre Tsang puntava ad avere dalla sua parte il segreto dell’urna per invertire il pronostico, forte della maggioranza a suo favore dei 320 grandi elettori pro-democrazia. L’esito delle elezioni, ancora una volta, è andato diversamente dalle previsioni dei media.

Proteste per il suffragio universale

In mattinata, a Hong Kong è andata in scena una protesta per la richiesta del suffragio universale per l’elezione del capo del governo locale, attualmente fatta con il sistema dei grandi elettori in una terna di candidati scelta da Pechino. La neo chief executive è vista come una figura che incoraggia il dialogo. Infatti, durante il “movimento degli ombrelli” (movimento di protesta sorto a Hong Kong con l’obiettivo di ottenere una maggiore democrazia e simbolizzato dagli ombrelli multicolori portati con sé dai manifestanti)
esploso su iniziativa degli studenti nel 2014, contro il timore di normalizzazione da parte della Cina, tenne nelle fasi iniziali delle proteste, un canale di dialogo aperto.