SENZA LAVORO L’EUROPA NON HA FUTURO

Non bisogna sottovalutare il disagio, il senso di sfiducia e di solitudine di milioni di cittadini europei di fronte al dramma della disoccupazione soprattutto giovanile, all’aumento delle diseguaglianze sociali e della povertà, al divario crescente tra zone forti e aree deboli di questa Europa. Senza un lavoro stabile e dignitoso per le nuove generazioni, senza una vera inclusione sociale, non c’è futuro per il nostro Continente già dilaniato dai venti nazionalistici e dai populismi striscianti.

L’Europa deve rimettere al centro i temi della crescita e dello sviluppo, le condizioni necessarie per creare lavoro e dare risposte ai tanti giovani che appaiono oggi smarriti, delusi ed in balia spesso di ideologie sbagliate e pericolose, come ha ricordato qualche settimana fa Papa Francesco. Per questo il sindacato ha sollecitato una svolta ai Governi Europei in occasione dell’anniversario dei 60 anni dei Trattati di Roma. Lo abbiamo detto con forza: occorre un colpo d’ala capace di riaprire l’orizzonte dell’integrazione economica e politica, prima che sia troppo tardi. Questa è l’unica via da percorrere per risollevare il nostro continente e offrire nuove prospettive alle generazioni future. L’Europa resta un decisivo vettore di sviluppo economico, coesione, giustizia sociale, integrazione tra i popoli.

Oggi quell’utopia concreta, di straordinaria lungimiranza, è ancor più attuale poiché è impensabile credere di poter affrontare le dinamiche mondiali interdipendenti di un’economia dominata dalla finanza deregolata e globale con la strumentazione impotente degli Stati nazionali.

Purtroppo sono state estremamente rigide in questo ultimo decennio le modalità attraverso le quali la politica europea ha gestito il processo di integrazione. Ma al di là delle tante complesse ragioni che ci hanno condotto alla fase di stagnazione attuale, è evidente la debolezza dell’Europa nel quadro mondiale, con una incapacità di contrastare le ricadute economiche, sociali e politiche negative di una globalizzazione priva di regole e di governo.

L’onda crescente dei nazional populismi è figlia legittima non dell’idea originaria di Europa, oggi più strategica che mai, ma di una politica europea miope, quasi ottusa che ha preteso di governare con la centralità dei baricentri nazionali. Ecco perché abbiamo sollecitato le istituzioni europee ad eliminare quei paletti rigidi che frenano oggi la crescita e gli investimenti pubblici in infrastrutture materiali ed immateriali, innovazione, ricerca, politiche attive del lavoro, formazione. Per questo occorre completare l’Unione economica in tempi brevi; avviare l’Unione fiscale; creare un Ministro del tesoro europeo che risponda al Parlamento; passare dal Fiscal Compact all’Investment Compact; avviare una politica comune di sicurezza, di difesa europea e di accoglienza dei profughi; costruire un Fondo europeo integrativo dei sussidi di disoccupazione nazionali quando il tasso di disoccupazione di un Paese membro supera la media del tasso di disoccupazione europeo; dare vita ad un Fondo europeo di sostegno all’occupazione giovanile.

La Brexit, la vittoria di Trump, il ritorno dei protezionismi e di scenari geopolitici che speravamo definitivamente consegnati ai drammatici archivi della storia, non lasciano dubbi sulla necessità della svolta europea. Anche davanti agli attentati terroristici, l’Europa deve rispondere unita, in modo da rinnovare gli obiettivi di pace e di solidarietà tra i popoli.
I lavoratori, le loro lotte, le loro conquiste, i loro diritti, le loro tutele, il welfare sarebbero i primi a subire gli effetti devastanti del ritorno alle monete nazionali, alle barriere doganali e valutarie, alle svalutazioni competitive, all’inflazione galoppante, ad un debito pubblico, in assenza dell’Euro e del Quantitative Easing della BCE, condannato al default.

Bisogna costruire invece un’Europa che metta al centro il lavoro, la crescita dei salari, il welfare delle persone. E’ questo il quadro strategico sul quale si muove il sindacato italiano ed europeo, per una crescita inclusiva e per ripristinare la fiducia dei cittadini nel progetto europeo.