NORCIA E IL “MIRACOLO DI SAN BENEDETTO”

Sono passati quasi sette mesi – era l’alba del 24 agosto 2016 – dalla prima terribile scossa sismica che ha ferito il cuore geografico d’Italia. Di terremoti ne sono seguiti altri, una serie interminabile, alcuni dei quali hanno causato nuovi crolli e gravi disagi per la popolazione.

Il simbolo crollato

Se c’è un’immagine che più d’altre rimanda a questo lasso di tempo caratterizzato dai violenti movimenti tellurici, è quella della basilica di San Benedetto, a Norcia, semidistrutta dal forte sisma del 30 ottobre scorso.

Davanti a quel che rimane della chiesa, oggi racchiusa in un reticolo di ponteggi, sorge ancora al centro della piazza, incredibilmente sopravvissuta alla furia del terremoto, la statua di San Benedetto. È forte la carica simbolica di questo granitico simulacro che si erge tra le rovine. È vero che i crolli e la perdita di vite umane suscitano desolazione. Ma è pur vero – e l’esperienza terrena di San Benedetto lo insegna – che il dramma può generare il seme di una rinascita.

Sul territorio

È un messaggio di speranza che rivolge padre Benedetto Nivakoff, dal novembre scorso priore dell’Ordine dei monaci benedettini di Norcia, in un’intervista a In Terris. La presenza di questi religiosi, tutti mediamente giovani, è una certezza per la popolazione locale.

Radicati nel territorio in conformità alla Regola di San Benedetto, i monaci continuano a prestare aiuto materiale e spirituale. Oggi è per loro un giorno particolare. E non perché inizia la primavera. Il 21 marzo essi fanno memoria di San Benedetto da Norcia, loro fondatore e patrono d’Europa. Festa che quest’anno assume inevitabilmente un sapore diverso.

La fiaccola

Domenica sera è tornata a Norcia, dopo aver fatto tappa anche al Parlamento europeo, la fiaccola che viene accesa da cinquant’anni per simboleggiare l’impegno dei grandi monaci missionari che hanno contribuito a portare il cristianesimo nelle zone pagane dell’Europa. In territori flagellati da guerre e pestilenze, la spiritualità benedettina accese la fiamma di quella rinascita che anela oggi, ancora una volta, la popolazione locale.

Fermento

“È un momento di ansia – confida padre Benedetto – perché è ormai passato l’inverno, le condizioni climatiche migliorano e la gente freme nel voler ricostruire la città e le proprie abitazioni. Tuttavia non mancano gli impedimenti. Io non sono in grado di identificarne le cause, non sono al corrente di tutte le vicende, però capisco la frustrazione diffusa”.

Il priore afferma che “si vive ancora in stato di emergenza”, si parla di “puntellature, messe in sicurezza, prefabbricati”, ma “non sono iniziati i lavori di ristrutturazione”. Gli stessi monaci alloggiano attualmente in delle casette di legno ubicate nella campagna fuori Norcia, tra lupi e cinghiali.

La forza della fede

È qui che continuano a raccogliersi per le preghiere quotidiane e a celebrare la Messa nella forma straordinaria del Rito Romano, ossia in latino. “Cerchiamo di testimoniare stabilità e spiritualità – afferma padre Benedetto -. Le persone ci vedono, sanno che siamo qui e che non abbandoniamo questa terra”.

I monaci benedettini sono famosi anche per la produzione di un’ottima birra, la Nursia. “Il birrificio – spiega padre Benedetto – è l’unica area rimasta agibile del monastero”. Sono in corso i lavori di ristrutturazione. “Se Dio vuole – prosegue -, tra una settimana riusciremo ad aprire una parte che ci consentirà di riprendere la produzione di birra”.

Rinascita

L’apertura dello stabilimento sarà un segno di rinascita, che potrebbe avvenire proprio a margine della festa di San Benedetto. “Questo santo – racconta il priore – è il simbolo della rinascita della cristianità dopo la caduta dell’Impero Romano. Speriamo tutti che San Benedetto possa oggi ispirare una nuova rinascita, di ricostruzione ma anche di fede”.

Due aspetti, questi, che spesso coincidono. Non può esserci ricostruzione materiale, se non fondata su solide basi spirituali. Il pensiero di padre Benedetto corre all’Europa odierna: “Negli ultimi cinquant’anni, ma ancor prima, risalendo alla rivoluzione francese e alla riforma protestante, è avvenuto un processo di oblio dell’aspetto dell’incarnazione di Dio. La cultura dominante ha dimenticato che Dio ha voluto vivere e morire con noi”. Ecco allora – conclude il priore di Norcia – che “tornare a San Benedetto significa riconoscere che non l’uomo, ma Dio è il centro del mondo”.

Voglia di riscossa

Consapevolezza che si è fatta largo nei cuori di tanta gente a seguito della catastrofe naturale. Al terremoto si è unita una vera e propria scossa dello spirito. Lo racconta padre Benedetto: “La vista di otto chiese della propria città crollate, non può non spaventare. Gente che non era praticante, percepisce oggi questa mancanza, perché le chiese erano punti di riferimento. Conosciamo persone stanno vivendo questo evento come un’occasione di rinascita e purificazione”.

Non ha lasciato indifferenti gli abitanti di Norcia il fatto che il violento sisma ha devastato gli edifici ma ha miracolosamente risparmiato vite umane. “Dio qui a Norcia ha lasciato tutti vivere, non ci sono state vittime – osserva il monaco priore -. Questo è stato un miracolo di San Benedetto”. Il terremoto – conclude padre Benedetto – “è servito a risvegliare nei cuori di molti la coscienza della Provvidenza divina”.