TRE MODI DI ESSERE DONNA

Una sindacalista, una mamma, una suora di clausura. A primo impatto la loro vita sembra non avere nessun denominatore comune, se non quello di essere donne. Ma soffermando lo sguardo sulle loro storie, sulle loro vite, in realtà ci si accorge che le similitudini non mancano. La sensazione di non essere nel posto giusto, il coraggio di fare una scelta, poi la consapevolezza di aver intrapreso la giusta avventura.

Una vita in carriera

Liliana Ocmin, responsabile presso la segreteria generale della Cisl del Dipartimento per le politiche migratorie, donne e giovani, ha avuto il coraggio di rischiare, lasciare il Perù, sua terra natale, e venire in Italia per studiare giurisprudenza. “Ho chiesto a mio padre, quasi per gioco, di raggiungere mia sorella che studiava a Roma e la mia famiglia mi ha accontentato. Mi hanno chiesto solo una cosa: di non buttare i quattro anni di studi che avevo fatto in Perù”. Liliana è arrivata a Roma come migrante e, dopo aver risolto il problema della casa, si è rimboccata le maniche per trovare un lavoro e potersi mantenere. Lo studio alternato al lavoro di badante, poi la laurea dopo quella, sempre in legge, già conseguita in Perù. “E’ stato faticoso, ma forse ho trovato anche le persone giuste. Il mio percorso è stato anche pieno di soddisfazioni. Il raggiungimento delle diverse tappe ha ripagato pienamente i sacrifici che avevo fatto”. In Italia, Liliana si è sposata ha avuto tre figli, i più grandi di 16 e 15 anni, la più piccola di poco più di 2 anni. La terza bimba è, infatti, arrivata dopo i 40 anni, all’apice della sua carriera nella Cisl. “Mi piace fare la sindacalista, ma mi piace anche fare la mamma. Ho pregato il Signore perché potesse benedire la mia famiglia con un altro bambino e sono stata ascoltata”.

Custodire il mistero della vita

Rosita Masini, invece, ha deciso di lasciare da parte il lavoro per dedicarsi quotidianamente alla famiglia. “Io sono molto contenta di questa mia vita così semplice, l’essere madre occupa quasi la totalità della mia giornata”. Rosita e il marito Enrico, sono genitori di sei figli – il più grande ha 20 anni e il più piccolo 4 -, sono membri dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Nonostante rinunce e sacrifici, non cambierebbe mai la sua vita. “Sono felice, mi sento una regina“. Certo, ammette, “il lavoro quotidiano è impegnativo, ma la gioia prevale sulla fatica. La mia vita è riempita dalla maternità“. Essere donna e mamma per lei significa custodire il mistero della vita. “Custodire questa bellezza perché possa sbocciare, come un fiore che alla fine tira fuori la sua originalità”.

Realizzata come donna, sposa e madre

Ancora più singolare, per i tempi che viviamo, è la scelta di Stefania, che a 16 anni ha deciso di intraprendere la strada della vita consacrata. “Ho capito che il matrimonio non era per me, che il Signore mi chiamava ad un’altra vita. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Madre Stefania, oggi madre superiora nel Monastero delle Monache Benedittine di Santa Caterina, a Monte San Martino, in provincia di Macerata, racconta che la sua scelta è stata facile, “non mi sono mai pentita. Mi sento realizzata come donna, come sposa e come madre“. Più complicato, invece, è stato comprendere quale fosse la dimensione a cui il Signore la chiamava. Ha provato diverse strade, tra cui ha preso in considerazione anche la missione all’estero. Ma dopo essere stata in visita al Monastero di Santa Caterina, dove vige la regola della clausura, “ho capito che Lui mi aveva voluto qui”. Quest’anno Madre Stefania festeggia i 40 anni di vita consacrata e, ha spiegato, con la grazia del Signore è riuscita a superare anche i momenti difficili, perché “la preghiera e la comunità sono la mia forza“.