Le riforme possibili

Il voto popolare che ha bocciato la legge di revisione della Costituzione approvata dal Parlamento ha chiuso il percorso di riforma delle istituzioni?

Non è questo l’effetto giuridico del referendum, e non dovrebbe essere questo nemmeno l’effetto politico. La riforma sottoposta al giudizio del corpo elettorale incorporava numerosi e diversi interventi sul testo della Carta, tra di loro non omogenei.

Alcuni obiettivi della riforma non richiedono una legge costituzionale per essere attuati, inoltre è da ritenere che siano largamente condivisi e possono essere raggiunti senza difficoltà. Del resto, per quanto riguarda alcuni istituti, la stessa legge di riforma si limitava ad annunciarli, giacché stabiliva che la loro disciplina dovesse essere adottata successivamente da regolamenti parlamentari. In particolare, la finalità di rendere più efficiente e rapido il procedimento legislativo può essere perseguita intervenendo in un ambito che già ricade nella competenza interna, propria di ciascun ramo del Parlamento.

Camera e Senato possono provvedere in autonomia, senza che sia necessario apportare modifiche alla Costituzione, per limitare l’uso eccessivo dei decreti legge da parte del Governo, sia con un controllo più attento dei requisiti di necessità ed urgenza che la Carta già richiede, sia assicurando tempi certi e brevi per deliberare sulle iniziative legislative che il Governo considera essenziali per l’attuazione del proprio programma, in modo da ridurre l’uso improprio dei decreti legge per ottenere una deliberazione del Parlamento entro sessanta giorni.

Ancora i regolamenti parlamentari potrebbero disciplinare altre due materie previste dalla legge di riforma costituzionale: come impegnare a prendere in esame e deliberare sulle iniziative legislative popolari, e come eventualmente delineare uno “statuto delle opposizioni” che bilanci lo snellimento del procedimento legislativo sulle iniziative della maggioranza.

La mancata riforma costituzionale aveva uno dei suoi punti di forza nel contestare e superare la identità di competenze tra Camera e Senato, pur senza abolire quest’ultima assemblea, che avrebbe mantenuto non poche competenze in materia legislativa, mentre alla sola Camera sarebbe spettato attribuire o togliere la fiducia al Governo.

Il bicameralismo paritario rende necessario che un identico testo sia approvato dai due rami del Parlamento perché possa essere emanato come legge. Questa duplicazione, ritenuta elemento di ritardo, può rivelarsi fattore di accelerazione se vi è un appropriato e reciproco coordinamento tra le due camere, che consentirebbe una pratica tendenza alla loro specializzazione ed una semplificazione del procedimento nella assemblea che provvede alla seconda votazione. Ancora una volta i regolamenti parlamentari offrono una possibilità di disciplina appropriata e flessibile, alla quale anche una modifica costituzionale non potrebbe che rinviare per una disciplina necessariamente dettagliata.

Oggi è indispensabile che il Parlamento elabori ed approvi una nuova legge elettorale, che superi quella adottata per la sola Camera in anticipata connessione con la riforma costituzionale, che prevedeva un Senato non eletto direttamente dai cittadini. Questo obiettivo non può essere conseguito con una decisione della Corte costituzionale, il cui compito è istituzionalmente limitato al giudizio sulla costituzionalità di alcuni elementi della legge per la elezione della Camera. Il buon funzionamento delle istituzioni richiede omogeneità nella composizione politica della Camera e del Senato, e la esistenza di una chiara maggioranza destinata a non sfaldarsi nel corso della legislatura, né ad essere logorata o inquinata dal trasformismo.

Queste finalità possono essere perseguite dalla legge, che deve coordinare i sistemi di elezione del Senato e della Camera, e dai regolamenti parlamentari, che possono eliminare ogni elemento che consente o favorisce la formazione di nuovi gruppi parlamentari.
Rimane l’obiettivo di fondo di ogni legge elettorale: trovare un punto di equilibrio tra la rappresentanza, quanto più è possibile fedele alle articolazioni politiche del corpo elettorale, e l’esigenza che il Parlamento esprima poi un Governo stabile. Un compito non semplice, ma neppure impossibile se ci si muove in una prospettiva comune e lungimirante, distaccandosi dalla convenienza immediata che ciascuna forza politica ritenga di poter perseguire e solitamente contraddetta dai successivi risultati elettorali.