La bufala sulla concentrazione della ricchezza

Puntuale come un orologio svizzero, ogni anno si riaccende la polemica sulla concentrazione di ricchezza nel mondo, fomentata dal report annuale della Ong inglese Oxfam che viene diffuso prima del consueto appuntamento del World Economic Forum di Davos.

L’analisi mostra come, con la globalizzazione dei mercati, la ricchezza sia sempre più concentrata nelle mani di poche persone, arrivando addirittura a sostenere che solo otto persone avrebbero un patrimonio pari a quello della metà più povera del mondo.
L’affermazione è forte e immaginifica: pensare che solo otto uomini abbiano risorse pari a quelle possedute da più di tre miliardi e mezzo di esseri umani suscita sicuramente indignazione e spinge a ripensare il modello di sviluppo che, a fronte di questo dato, si mostra ingiusto e predatore, sfruttando le ricchezze del mondo a beneficio di pochi e impoverendo in maniera drammatica buona parte della popolazione mondiale.
Terribile, vero? Peccato che il calcolo sia assai esagerato!

Oxfam, infatti, non presenta alcuna vera ricerca originale ma rielabora semplicemente i dati proposti dall’annuale Global Wealth Databook di Credit Suisse, un report assai interessante, soprattutto per chi si occupasse di credito e di finanza, scaricabile direttamente dal sito della banca elvetica che analizza la concentrazione della ricchezza netta al mondo.

Proprio sul concetto di ricchezza netta si snoda l’interpretazione dell’organizzazione britannica che utilizza dei dati, presentati come fossero una verità indiscutibile, a sostegno delle proprie tesi; si tratta, quindi, di un’esegesi non corretta di un lavoro molto più serio ed oggettivo che nasce per ben altre ragioni rispetto alla mera condanna del sistema capitalistico e di mercato.

Con ricchezza netta si intende il valore risultante dalla differenza degli attivi con i debiti esistenti, cioè in pratica i mezzi disponibili al momento se si decidesse di azzerare la posizione debitoria pregressa.

È evidente che ci sia un problema di interpretazione, a questo punto, poiché se un soggetto avesse un patrimonio liquido di 100 e un mutuo sulla casa di proprietà (quindi tecnicamente ancora non completamente inserita nel conteggio del patrimonio) di 110 la sua risultante netta sarebbe di -10 eppure, palesemente, le sue risorse sarebbero ben superiori rispetto a chi avesse un patrimonio complessivo di 5 ma non avesse debiti.
In pratica si calcola che basterebbero 20.000 euro di patrimonio netto (pari a un fondo pensione accesso da poco e un’auto usata ad esempio, per intenderci) per rientrare nel 20% delle persone più ricche al mondo e con poco più di 70.000 si potrebbe essere calcolati nel 10% dei più facoltosi del globo, un’assurdità.

Questo esempio banale serve a comprendere la fallacia dell’elaborazione che i media italiani e mondiali stanno propagandando in questi giorni, un’analisi come quella di Credit Suisse è utilissima per valutare la sostenibilità del sistema economico, per misurare la solvibilità generale e programmare le politiche di credito che una banca potrebbe intraprendere proficuamente nel futuro prossimo o dove indirizzare gli investimenti, valutando la possibilità di spesa e di risparmio esistenti in una parte o nell’altra del mondo ma per determinare quanto il sistema sia equo e quanto la redistribuzione del reddito sia efficace no, se non in maniera strumentale e, perché no, faziosa.

Secondo i dati della Banca Mondiale la percentuale delle persone al mondo che vivono in uno stato di povertà assoluta è calato, nell’ultimo secolo, da oltre l’80% della popolazione a circa il 10%, con un’accelerazione al ribasso dopo gli anni ’70, periodo corrispondente alla più significativa azione di apertura dei mercati mondiali, soprattutto verso i paesi in via di sviluppo, operata in seno al Gatt.

Le richieste di Oxfam di riduzione della concorrenza fiscale al ribasso (perché, poi?) per giungere al sostegno di modelli di business non orientati solo alla massimizzazione dei profitti ma anche alla promozione dello sviluppo legato ad indicatori relativi al benessere dei cittadini e non unicamente alla crescita del Pil, per quanto moralmente condivisibile, sembrerebbe, quindi, priva di fondamento visto che le dinamiche riscontrate da altri istituti, come la già citata Banca Mondiale, sembrano andare proprio in quella direzione seguendo la progressiva apertura dei mercati.

Un ultimo appunto, poi, potrebbe sottolineare ulteriormente l’infondatezza delle dichiarazioni di Oxfam e si lega all’altro tormentone mediatico sulla ricchezza che, ogni anno, viene ampiamente diffuso dai media: la classifica delle persone più ricche al mondo elaborata dalla rivista Forbes.

L’ultima stilata, relativa al 2016, vede Bill Gates come primo “Paperone” al mondo, con un patrimonio pari a 75 miliardi di dollari e la sommatoria delle ricchezze dei primi dieci in classifica è di circa 165 miliardi di dollari che sono pari a poco più di un terzo delle entrate fiscali dello stato italiano, un po’ poco per rappresentare il patrimonio di oltre tre miliardi e mezzo di persone!