Oltraggio alla memoria: da Matteotti a Livatino, vandali distruggono le targhe

Probabilmente non tutti sono sensibili, allo stesso modo, rispetto al valore della memoria storica del nostro Paese. Anzi: esiste qualcuno che, a quanto sembra, ha ritenuto opportuno oltraggiare il ricordo di chi, agendo per la giustizia e per la libertà sua e della sua nazione, ha pagato il prezzo della propria vita. Ecco, è probabilmente questo che ha indotto diversi ignoti a distruggere o a sottrarre, nell’arco di qualche ora e in differenti zone d’Italia, le targhe poste in ricordo di personaggi quali i giudici Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Rosario Livatino, il giornalista Giuseppe Fava e il deputato Giacomo Matteotti. Responsabile, evidentemente, qualcuno che non ha ben compreso le loro storie, né l’importanza del loro operato.

I primi 4 casi di vandalismo sono avvenuti presso il Giardino della memoria di largo Onorato, nella cittadina di Castel San Giorgio, in provincia di Salerno. Qui, dal novembre scorso, trovano posto in tutto 18 lastre poste in ricordo delle vittime di mafia tra le quali, ovviamente, quelle dei due famosi magistrati assassinati da cosa nostra nel 1992. Le loro targhe sono state rinvenute da alcuni passanti: divelte dagli alberi, alle quali erano affisse, e irrimediabilmente danneggiate quelle dei due giudici palermitani, così come quella del giornalista nativo di Palazzolo Acreide, il quale condivise la medesima sorte. Ancor peggio è andata alla targa ricordante il cosiddetto “giudice ragazzino”, scomparsa nel nulla. Rosario Angelo Livatino, è stato assassinato nel 1990 dai mafiosi della stidda e, recentemente, la Chiesa cattolica ha avviato il suo processo di beatificazione.

Giusto qualche ora dopo, un episodio del tutto identico si è verificato nella Capitale, tra il lungotevere Arnaldo da Brescia e via Scialoja, nei pressi di Ponte Matteotti. A essere distrutta, in questo caso, la targa posta in ricordo dello stesso deputato socialista di Fratta Polesine, rapito e assassinato da una squadra fascista nel 1924, dopo aver denunciato in aula i brogli elettorali messi in atto dalla nascente dittatura durante le elezioni del 6 aprile di quell’anno. Una storia, questa, che tutti conoscono (o dovrebbero conoscere): eppure questo non ha impedito che la sua memoria venisse oltraggiata, calpestandone il valore e gettandone i resti nell’erba.

“Distruggere la targa di Matteotti è colpire la storia e la memoria degli italiani”, ha commentato Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio. Una targa, evidentemente, si può ricostruire; tentare di fare lo stesso con l’attenzione di alcuni soggetti sul trascorso storico della propria nazione, sarebbe un’impresa decisamente più difficile, per non dire disperata.