Dalle nozioni alle riflessioni

Appare ormai chiaro a tutti come il perseguimento di programmi enciclopedici sia controproducente per l’apprendimento. Dichiararsi contro il nozionismo è scontato ma le lezioni, i compiti assegnati, le verifiche, i libri di testo, gli esami, insomma tutta la vita scolastica dei ragazzi ne è impregnata. Nonostante gli insegnanti abbiano effettivamente recepito l’inutilità delle nozioni fini a se stesse alcuni trovano forse più comodo continuare a insegnare con gli stessi sistemi istruttivi, altri ritengono comunque inevitabile partire dalle nozioni per giungere alle riflessioni.

Cinquant’anni fa, quando le cose da apprendere erano relativamente poche, questo avrebbe potuto ritenersi un approccio accettabile; oggi non più. Ai saperi tradizionali, aumentati di spessore per l’avanzamento delle scoperte (un corso di Scienze per la scuola media può oggi superare tranquillamente le milleduecento pagine), si sono aggiunti molteplici insegnamenti quali l’educazione alla salute, all’ambiente, stradale, sessuale, informatica, la sicurezza, la convivenza sociale.

Di fatto i docenti si trovano con una mole di lavoro enorme, con la necessità di rientrare nei tempi per svolgere il tutto, effettuare le verifiche, stilare i rapporti e le relazioni che ne derivano. D’altra parte i programmi ci sono e mentre nella scuola primaria risultano abbastanza flessibili, nella secondaria (scuole superiori in particolare) essi lasciano meno possibilità di opzione. Le medie risultano fortemente influenzate dal dover preparare adeguatamente i ragazzi al percorso successivo al termine del quale esiste un esame di Stato basato su programmi obbligati.

E’ chiaro che non si esce dal nozionismo continuando a mettere contenuti dinanzi alle riflessioni perché per queste non resta poi tempo. Occorre ribaltare la concezione secondo la quale le riflessioni vengono sempre al seguito dei contenuti. E’ necessario porre in primo piano l’esigenza di formare i giovani alla ricerca, di sviluppare le capacità e le strategie utili a esprimerle. Si può partire dai problemi, dai quesiti, stimolare la discussione, il confronto, la collaborazione estraendo i contenuti che servono a capire le cose e a trovare le soluzioni ai problemi stessi. Occorre spostare il fuoco dell’attenzione dall’istruzione alla ricerca, dalle nozioni alle riflessioni.

Una società complessa come la nostra e intrisa di problemi da risolvere non ha bisogno di giovani generazioni istruite ma necessità di ragazzi capaci di pensare e trovare soluzioni continuamente nuove. Ha bisogno che queste ultime siano compatibili con l’uomo, l’ambiente, i valori. E che i giovani siano in grado di sondare le questioni in profondità, di collaborare con gli altri, di prendere decisioni giuste.

E’ questo il sapere che si affranca dalle misurazioni pedisseque dei voti, dei livelli, dei crediti e dai debiti, la conoscenza che interessa gli studenti, li stimola ad apprendere e li motiva a un impegno gratuito e libero. E’ questo il sapere capace di estrarre tutte le capacità e le intelligenze e che guarda alla globalità della persona.