Popolari: il Consiglio di Stato stoppa la riforma del governo

Stop del Consiglio di Stato alla circolare di Bankitalia che contiene le misure attuative per trasformare le banche popolari in Spa, stabilite dalla riforma varata dal governo nel 2015. Palazzo Spada ha sospeso alcune parti del testo, accogliendo parzialmente il ricorso presentato da alcuni soci, in attesa della pronuncia della Consulta.

Rinvio

Il giudice amministrativo di seconda istanza ha poi rinviato “per l’ulteriore trattazione della presente fase cautelare incidentale ad una camera di consiglio da fissarsi all’esito della pronuncia della Corte costituzionale sulle questioni di legittimità costituzionale sollevate con separata ordinanza”.

La motivazione

In particolare, spiega il Cds, la circolare di Palazzo Koch presenta “profili di non manifesta infondatezza” di legittimità costituzionale quando limita il diritto di recesso per i soci. Il documento appare affetto da “vizi derivati nella parte in cui disciplina l’esclusione del diritto al rimborso”. Di conseguenza “i provvedimenti impugnati (e la disciplina legislativa sulla cui base sono stati adottati) incidono direttamente su prerogative relative allo status di socio della banca popolare, così presentando profili di immediata lesività”.

Il ricorso

A fare ricorso al Consiglio di Stato, dopo una precedente decisione del Tar, sono alcuni soci che agiscono contro Banca d’Italia e nei confronti di una serie di Banche Popolari al centro del processo di trasformazione in Spa. Gli appelli proposti sono stati riuniti in un unico giudizio di fronte alla VI sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Ermanno De Francisco. Il nodo della questione posta dai ricorrenti riguarda, in particolare, il diritto di recesso e le relative misure previste nella decreto di riforma, che vengono rinviate al vaglio di legittimità della Corte Costituzionale, e nella circolare della Banca d’Italia, la 285 del 2013 aggiornata nel 2015 dopo la riforma varata dal governo, che viene sospesa.

La norma impugnata

La norma, il decreto legge 3 del 2015, prevede che una volta che l’assemblea della popolare abbia deciso la trasformazione in spa, il diritto al rimborso delle azioni al socio che eserciti il recesso non sia “soltanto differito entro limiti temporali predeterminati e con la previsione di un interesse corrispettivo” – come spiega l’ordinanza del Consiglio di Stato – ma possa essere “limitato, anche con la possibilità, quindi, di escluderlo tout court”. Inoltre alla Banca d’Italia si attribuisce il potere di disciplinare le modalità di tale esclusione e questo potere viene attribuito “anche in deroga a norme di legge“, con “conseguente attribuzione all’Istituto di vigilanza di un potere di delegificazione in bianco, senza la previa e puntuale indicazione, da parte del legislatore, delle norme legislative che possano essere derogate e, altresì, in ambiti verosimilmente coperti da riserva di legge”.