Pakistan, tra violenze e discriminazioni: la denuncia degli attivisti indù

Non c’è pace per le minoranze etnico-religiose in Pakistan, dove continuano a verificarsi episodi di discriminazione. Non certo una situazione nuova in un Paese dove, solo pochi anni fa, si arrivò all’assassinio del ministro Shahbaz Bhatti reo di aver perorato la causa dei cristiani pakistani, vittime di violenze in diverse parti del Paese.

A far sentire la propria voce, questa volta, sono gli attivisti appartenenti alla minoranza indù dello Stato asiatico i quali, tramite l’Agenzia Fides di Karachi, denunciano le condizioni di sofferenza della loro comunità, sottoposta a violenze e atti di discriminazione, tra episodi di radicalismo e atteggiamenti vessatori in ambito sociale.

I dati sulle condizioni di intolleranza religiosa vigente in Pakistan sono tutt’altro che recenti e, di fatto, gli episodi di violenza risultano ormai una grave quotidianità. Nella stessa nota i leader degli attivisti indù ricordano i numerosi episodi di radicalismo religioso da parte della maggioranza di religione islamica del Paese, troppo spesso coincisi con atti di violenza sfociati anche in omicidi e linciaggi pubblici, fomentati da presunte accuse di blasfemia.

Solo nel 2014, fece scalpore il caso di una giovane coppia di sposi pakistani, arsi vivi da una folla inferocita per aver, a detta degli attentatori, bruciato alcune pagine del Corano. Analogamente, come riportato ancora dagli attivisti, due giovani indù hanno incontrato la medesima sorte a Mirpur Mathelo, nel sud-est del Paese, ancora una volta in nome di presunti atti blasfemici. D’altronde, il graduale ma inesorabile calo della popolazione induista (attualmente stanziata sull’1,6 %) in Pakistan ben esemplifica la condizione di forte disagio di una minoranza sempre più esigua.

Anche gli edifici religiosi indù non sono stati risparmiati dall’efferata discriminazione, spesso abbattuti o convertiti ad altre funzioni. Eppure, nel 2009, il governo pakistano indisse la Giornata delle minoranze proprio allo scopo di istituire un momento di riconoscenza al contributo offerto dalle comunità sikh, induiste e cristiane all’edificazione del nuovo Stato, l’ultima delle quali celebrata lo scorso mese di agosto. Lo scenario che si palesa è quantomeno contraddittorio.