Udienza a San Pietro: “Visitare le persone in carcere è un’opera di misericordia”

Visitare le persone in carcere è un’opera di misericordia che soprattutto oggi assume un valore particolare per le diverse forme di giustizialismo a cui siamo sottoposti. Nessuno dunque punti il dito contro qualcuno. Tutti invece rendiamoci strumenti di misericordia, con atteggiamenti di condivisione e di rispetto”. E’ quanto ha detto Papa Francesco nell’udienza generale in Piazza San Pietro, in cui ha continuato la catechesi sulla misericordia, incentrando la sua meditazione sul tema “Visitare i malati e i carcerati”.

“Non può mancare, tra le opere di misericordia – ha detto il Papa -, quella di visitare e assistere le persone malate. Insieme a questa possiamo inserire anche quella di essere vicino alle persone che si trovano in prigione. Infatti, sia i malati che i carcerati vivono una condizione che limita la loro libertà. E proprio quando ci manca, ci rendiamo conto di quanto essa sia preziosa!”. Secondo Francesco, “con queste opere di misericordia il Signore ci invita a un gesto di grande umanità: la condivisione”.

“Chi è malato, spesso si sente solo – ha proseguito -. Non possiamo nascondere che, soprattutto ai nostri giorni, proprio nella malattia si fa esperienza più profonda della solitudine che attraversa gran parte della vita. Una visita può far sentire la persona malata meno sola e un po’ di compagnia è un’ottima medicina!”. “Non lasciamo sole le persone malate! – ha aggiunto – Non impediamo loro di trovare sollievo, e a noi di essere arricchiti per la vicinanza a chi soffre. Gli ospedali sono oggi vere ‘cattedrali del dolore’, dove però si rende evidente anche la forza della carità che sostiene e prova compassione”.

Alla stessa stregua, ha detto ancora il Papa, “penso a quanti sono rinchiusi in carcere. Gesù non ha dimenticato neppure loro. Ponendo la visita ai carcerati tra le opere di misericordia, ha voluto invitarci, anzitutto, a non farci giudici di nessuno”. Certo, ha continuato Bergoglio, “se uno è in carcere è perché ha sbagliato, non ha rispettato la legge e la convivenza civile. Perciò in prigione, sta scontando la sua pena. Ma qualunque cosa un carcerato possa aver fatto, egli rimane pur sempre amato da Dio“. Per il Papa, “è troppo facile lavarsi le mani affermando che ha sbagliato. Un cristiano è chiamato piuttosto a farsene carico, perché chi ha sbagliato comprenda il male compiuto e ritorni in sé stesso”.

“La mancanza di libertà – ha sottolineato – è senza dubbio una delle privazioni più grandi per l’essere umano. Se a questa si aggiunge il degrado per le condizioni spesso prive di umanità in cui queste persone si trovano a vivere, allora è davvero il caso in cui un cristiano si sente provocato a fare di tutto per restituire loro dignità“. “Penso spesso ai carcerati, li porto nel cuore – ha affermato Francesco, che proprio domenica scorsa ha celebrato a San Pietro il Giubileo dei carcerati -. Mi domando che cosa li ha portati a delinquere e come abbiano potuto cedere alle diverse forme di male. Eppure, insieme a questi pensieri sento che hanno tutti bisogno di vicinanza e di tenerezza, perché la misericordia di Dio compie prodigi”.

“Quante lacrime ho visto scendere sulle guance di prigionieri che forse mai in vita loro avevano pianto; e questo solo perché si sono sentiti accolti e amati”, ha concluso, invitando a non dimenticare “che anche Gesù e gli apostoli hanno fatto esperienza della prigione”. Ha quindi raccontato ‘a braccio’ dell’incontro da lui avuto domenica pomeriggio con un gruppo di carcerati padovani, che gli hanno raccontato che il giorno dopo, prima di tornare a Padova, sarebbero andati “al carcere Mamertino per condividere l’esperienza di San Paolo”. “Volevano trovare Paolo – ha osservato -. Questa è una cosa bella, a me ha fatto bene”.