C’ERA UNA VOLTA UN SOGNO

C’era una volta un sogno. Un sogno che comincia in Olanda e passa per la Cina. Nelle grandi risaie un armatore olandese trova il motore di una pompa, utilizzata per bonifiche e irrigazioni. Un grande motore, che potrebbe servire per la nave sognata: un veliero, un brigantino per la precisione. Il sogno si realizza, e nasce Swann fan Makkum, ossia il Cigno di Makkum, paese di origine dell’armatore: ad oggi il più grande brigantino del mondo, contraddistinto a prua, proprio sotto il bompresso, da un bel cigno dalle ali spiegate. Il volo del Cigno continua in maniera imprevista. Lo Yacht Club Italia vuole infatti dare la possibilità di provare la navigazione a persone svantaggiate. Il “Cigno” si presta benissimo, ed il suo proprietario è disponibile a venderlo.

Così, il 9 ottobre 2006 il brigantino approda a Genova, e cambia nome, diventando “Nave Italia”. Il 10 gennaio 2007 a bordo del brigantino viene costituita la Fondazione Tender To Nave Italia Onlus (Ttni), improntata a valori forti: “Crediamo che gli esclusi e gli emarginati, i bambini, gli adolescenti e gli adulti resi fragili da disagio o disabilità, non siano solo “oggetti di tutela”, ma “soggetti” capaci di risposte attive, espressione di energie inattese e di nuove consapevolezze sul proprio valore di persone. La Fondazione Ttni considera ogni forma di ‘diversità’ come un fattore di arricchimento reciproco”.

Viene siglato poi un contratto di Comodato d’uso alla Marina Militare Italiana, e comincia un’avventura che – come recita il sito della Fondazione – ha permesso ad oltre 3000 “passeggeri speciali” di vivere l’esperienza di una “metodologia educativa straordinaria per efficacia, capacità di incidere sui processi formativi, abilitativi, riabilitativi, dedicati a bambini, ragazzi, adulti, anziani in situazioni diverse di disagio fisico, psichico, familiare o sociale”. Ogni anno Nave Italia si apre ad una ventina di progetti, presentati da associazioni e cooperative di tutta la penisola. Tre gli ambiti di intervento: disabilità fisica, disagio sociale e malattia mentale. Un progetto può rivolgersi anche a più di un ambito, come è il caso di un gruppo della Comunità Papa Giovanni XXIII che, a fine luglio 2016, ha preso il largo da Olbia. Dopo una sosta nell’arcipelago della Maddalena, rotta verso l’Elba e da lì, infine, per la baia di Lerici e per il porto militare di La Spezia, meta conclusiva. Ma niente soste e passeggiate sulle bellissime coste o nei porti: scopo del progetto è infatti trasmettere il senso del viaggio, del navigare come occasione per vivere in comune, sviluppare la socialità, aiutarsi reciprocamente e condividere l’unicità di un progetto educativo.

Durante in cinque giorni di navigazione, quindi, non è permesso sbarcare, se non per gravi necessità. Adolescenti di case famiglia piemontesi, sarde, romagnole; ospiti del centro diurno “Girasole” della cooperativa sociale “San Damiano” di Sorso (in provincia di Sassari), e la mascotte del gruppo, Karim, un ragazzino affetto da una disabilità gravissima, insieme con i loro educatori ed anche genitori, creano un gruppo composito, vario, caratterizzato da un clima familiare. Le giornate sono scandite da attività di gruppo (pulizia dei locali comuni e delle cabine, apparecchio, sparecchio, incontri di riflessione…) e momenti di riposo. In particolare, filo conduttore dei cinque giorni di navigazione è un approfondimento
sui diritti umani.

I 21 “passeggeri” entrano a far parte dell’equipaggio, insieme con i marinai che con pazienza li accompagnano nel viaggio, illustrando le caratteristiche della nave e delle attrezzature di bordo, insegnando i nodi, condividendo chiacchierate e momenti di festa. Due mondi molto lontani, così, si avvicinano, si incontrano e donano qualcosa di sé l’uno all’altro. Momento più atteso delle giornate è il bagno in alto mare, a cui partecipa – con tutte le precauzioni del caso – anche Karim.

L’evento più emozionante è l’apertura delle vele, durante la traversata dalla Sardegna all’Isola d’Elba. Tutto (compresi i momenti di convivialità improvvisata, con canti e balli, o la pesca del pesce serra con la canna, alla fonda di Lerici) contribuisce a creare lo spirito di squadra, aiutando a superare le difficoltà di condividere spazi ristretti, mansioni e regole non abituali.

Non è facile creare il clima giusto, che coinvolga tante persone con caratteristiche di vita così diverse, ma alla fine il risultato è raggiunto. Un ruolo determinante è stato svolto da Karim, la mascotte. Caterina, sua “mamma” in casa famiglia da due anni, racconta: “Credo che tutti insieme abbiamo vissuto un’esperienza indimenticabile. Karim ha potuto vivere sensazioni che solo lì poteva sentire. Ha aiutato tutto il gruppo ad unirsi e capirsi, nella nostra condivisione umile e silenziosa con i piccoli. Il mare, il vento, i marinai, i fratelli della comunità e i nostri ragazzi… Un mix perfetto per vivere cinque giorni da sogno, perfetti in tutte le loro parti”. Ma la partenza per questa avventura non è stata facile o scontata, aggiunge Caterina: “Ero molto spaventata, altroché, non volevo partire, se non fosse che tutti mi dicevano che sarebbe stata un’esperienza fantastica… Karim ha difficoltà a mangiare, quindi temevo fortemente di non riuscire a preparare il cibo adatto a lui… vive con me ormai da due anni, ha 12 anni, non vede, sente poco, e ha un autismo importante. È sempre alla ricerca di cose che lo stimolino… cosi che il vento, il mare, il rumore hanno creato in lui solo sensazioni positive. Dormiva come un sasso per 14 ore al giorno, cose che nemmeno a casa accadono. Insomma, anche per lui un vero successo!”.

Molto contento della spedizione è anche Fabio Gallo, responsabile del progetto per la Comunità Papa Giovanni XXIII: “Questi cinque giorni erano una sfida, con il tentativo di creare gruppo fra persone molto diverse che in buona parte non si conoscevano. Siamo riusciti, tutti insieme, a creare questa unione, che accresce la gioia di aver fatto provare a questi giovani un’esperienza unica. E intanto nascono idee per un prossimo progetto…».
Appena rientrato, il Cigno riprende a volare.

Tratto da “Sempre”