Carcerati ed emarginati, simboli del Giubileo della Misericordia

Prima della fine dell’Anno Santo straordinario della Misericordia, che si chiuderà il 20 novembre, solennità di Cristo Re, c’è ancora tempo per due grandi eventi. Il primo è il Giubileo dei carcerati, in programma nel prossimo fine settimana, il secondo è quello delle “persone socialmente emarginate” da venerdì 11 a domenica 13.

Due appuntamenti che sono stati presentati da mons. Rino Fisichella. “Sappiamo – ha detto il presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova evangelizzazione – che il Papa tiene molto alle persone detenute; nei suoi viaggi apostolici ha desiderato ripetutamente visitare le carceri e lasciare ai detenuti un messaggio di vicinanza e di speranza. Quanto verrà vissuto domenica prossima in san Pietro – ha aggiunto – troverà riscontro in tante diocesi del mondo che si uniranno al Santo Padre per celebrare in modo solenne questa giornata con i carcerati. Nei mesi scorsi abbiamo scritto a tutte le Conferenze Episcopali del mondo, invitando i Vescovi a vivere questa domenica visitando le carceri e celebrando il Giubileo con i detenuti. Molte sono state le risposte positive che sono giunte e possiamo realmente pensare che la celebrazione avrà una eco mondiale nella sua realizzazione”.

Sono stati invitati a partecipare i detenuti con i loro familiari, gli agenti della Polizia Penitenziaria e altri operatori penitenziari, i cappellani delle carceri e le associazioni che offrono assistenza all’interno e all’esterno delle carceri. In totale oltre 4.000 persone. Tra di essi i detenuti saranno circa mille. Provengono da 12 Paesi: Inghilterra, Italia, Lettonia, Madagascar, Malesia, Messico, Olanda, Spagna, USA, Sudafrica, Svezia e Portogallo. Per la quasi totalità sono detenuti nelle carceri italiane, solo 35 provengono dalla Spagna. Significativa sarà la presenza di ex detenuti. La collaborazione con il ministero di Grazia e Giustizia “ha permesso che possano essere rappresentati i detenuti di tutte le categorie. Ci saranno, quindi, minori, persone in alternativa al carcere sul territorio, persone in detenzione domiciliare e detenuti definitivi con condanne diverse”. Ci saranno anche alcuni (il numero non è stato precisato) ergastolani. Nessun condannato a morte, invece, anche se mons. Fisichella ha confermato che “più volte il S. Padre è stato in contatto telefonico che condannati alla pena capitale nei mesi scorsi”. In un caso anche con un detenuto che “non è stato possibile salvare”.

Alle 10 di domenica Papa Francesco celebrerà la Messa, preceduta da alcune testimonianze: “Un detenuto – ha spiegato mons. Fisichella – che in carcere ha sperimentato l’esperienza della conversione, che parlerà insieme alla vittima con la quale si è riconciliato; il fratello di una persona uccisa che si è fatta strumento di misericordia, quindi di perdono; un ragazzo minorenne che sta scontando la sua pena e, infine, un agente della Polizia Penitenziaria”. Alcune particolarità di questo evento: le ostie utilizzate sono prodotte da alcuni detenuti del carcere di Opera di Milano mentre accanto all’altare sarà collocato il grande Crocifisso ligneo del Trecento appena restaurato. Vicino alla croce, la statua della Madonna della Mercede, protettrice dei prigionieri. Non sono previste misure di sicurezza particolari.

La settimana successiva si terrà il Giubileo degli emarginati. Sono attese circa 6000 persone di mezza Europa. L’organizzazione è partita dall’Associazione francese Lazare, fondata da Étienne Villemain, che si è fatta carico di animare questo Giubileo con l’iniziativa Fratello. I partecipanti venerdì 11 alle ore 11.30, nell’aula Paolo VI, incontreranno Papa Francesco, che ascolterà alcune loro testimonianze e alla fine si intratterrà con loro. Sabato alle 17 veglia della misericordia nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, presieduta dall’arcivescovo di Lione, card. Barbarin. Domenica alle 10 la Messa del Papa. Lo stesso giorno avverrà la chiusura della Porta della Misericordia in tutte le Chiese e i Santuari nel mondo.

Mons. Fisichella, il Giubileo dei carcerati e poi quello degli emarginati alla fine di questo Anno santo straordinario. Possiamo dire che ne rappresentano un po’ l’icona?
“Certamente. La misericordia non è fatta di parole, la misericordia è fatta di gesti, di segni. Direi che mentre i primi eventi del Giubileo hanno voluto richiamare alcune categorie ad un impegno, questi ultimi mettono davanti ai nostri occhi le realtà più complesse con le quali dobbiamo non soltanto “confrontarci” ma “operare” nella misericordia. Non dimentichiamo che una delle opere di misericordia corporale è quella di visitare i carcerati, non dimentichiamo che tra le opere di misericordia corporale esiste quella di ospitare, quella di dare da mangiare e dare bere. Non dimentichiamo che tra le opere di misericordia spirituale c’è quella di dare certezza a chi vive nel dubbio, a chi è sconsolato, a chi ha bisogno di trovare una presenza che gli dia consolazione, che gli dia affetto. Queste sono situazioni che noi incontriamo con questi due eventi”.

Dunque in qualche misura sono anche il lascito di questo Anno?
“Senza dubbio. E’ come dire che il Giubileo si conclude ma l’impegno che il Giubileo ha rappresentato continua, presentando appunto queste persone che ogni giorno vivono accanto a noi, che spesso noi vogliamo ignorare, voltando lo sguardo da un’altra parte, ma che invece la chiusura della Porta Santa, della porta della misericordia ci obbliga ad avere ancora più vicini”.

In attesa di un bilancio organizzativo, può già trarre un bilancio spirituale del Giubileo?
“Credo che realmente la misericordia sia ritornata al centro dell’azione pastorale della Chiesa e al cuore di noi credenti. Una parola che era stata dimenticata, una parola che forse veniva usata in maniera, diciamo così, piuttosto superflua, come un qualcosa di marginale. E’ invece l’essenza del vangelo. L’abbiamo riscoperto e credo che il frutto del Giubileo reale sia quello di mantenerla sempre in una visione centrale, determinante”.