Quasi 5 milioni di italiani sono poveri

La percentuale di anziani poveri nel 1997 superava di 4 punti quella dei giovani. Oggi accade il contrario, con i minori che sono ben 12 punti avanti. E’ quanto emerge dal Rapporto Caritas sulla povertà 2016. Sono ben 4,6 milioni le persone che vivono in condizioni di povertà assoluta, vale a dire che non sono in grado di acquistare i beni e i servizi indispensabili per condurre una vita dignitosa. Si tratta di 1.582.000 famiglie: sono i numeri più alti dal 2005 a oggi. Un’emergenza sociale gravissima che è drammaticamente esplosa dal 2012. Con l’inizio della crisi, infatti, sono state le famiglie stesse a fare da ammortizzatori sociali, attraverso una rete solidale e intergenerazionale e facendo ricorso ai risparmi. Da quella data, invece, con l’esaurirsi delle risorse e l’aumento della disoccupazione, la povertà ha iniziato a mordere sempre più ferocemente. E i più penalizzati, contrariamente al passato, sono i giovani che non trovano lavoro e gli adulti che lo hanno perso. Pertanto risulta che l’incidenza della povertà assoluta nella fascia d’età tra 18 e 34 anni è del 10,2% e dell’8,2% tra 35 e 44 anni mentre è del 5,1% tra 55 e 64 anni e del 4% tra gli ultra sessantacinquenni.

Aumentano gli italiani che si rivolgono ai Centri d’Ascolto delle Caritas diocesane per chiedere aiuto. Gli stranieri (57,2%) sono ancora maggioranza ma al Sud due persone su tre bisognose sono connazionali. Altra novità importante è il sostanziale equilibrio tra uomini (50,1%) e donne (49,9%) in condizioni di disagio. Disoccupati e inoccupati insieme rappresentano il 60,8% del totale. I problemi più frequenti che hanno spinto a chiedere aiuto sono di ordine materiale; spiccano i casi di povertà economica (76,9%) e di disagio occupazionale (57,2%); non trascurabili, tuttavia, anche i problemi abitativi (25,0%) e familiari (13,0%). Frequenti le situazioni in cui si cumulano due o più ambiti problematici. Su 100 persone solo il 38,6% ha manifestato difficoltà relative ad una sola dimensione. Per i restanti casi risultano esserci situazioni in cui si sommano almeno due (29,9%) o più problemi (31,5%). Particolarmente allarmante la situazione dei minori: condizioni di povertà assoluta, con privazioni di ordine materiale ed educativo, infatti, si traducono in un’altissima possibilità che il disagio permanga nel tempo: in pratica, avranno effetti a lunga durata, con mancanza di prospettive e di crescita.

Un capitolo a parte nel dossier è dedicato agli immigrati. I dati ufficiali documentano 153.842 migranti giunti in Italia nel 2015. Le nazionalità prevalenti dichiarate al momento dell’arrivo riguardano i seguenti Paesi: Eritrea, Nigeria, Somalia, Sudan, Gambia, Siria, Mali. Le persone che hanno fatto domanda di asilo sono state 83.970; appena un decennio fa (nel 2005) i richiedenti asilo erano poco più di 10mila. Lo scorso anno i profughi e i richiedenti asilo – in fuga da contesti di guerra – che si sono rivolti ai Centri di Ascolto Caritas sono stati 7.770. Si tratta per lo più di uomini (92,4%), con un’età compresa tra i 18 e i 34 anni (79,2%), provenienti soprattutto da Stati africani e dell’Asia centro-meridionale. Basso risulta essere il loro “capitale” sociale e culturale. In termini di bisogno prevalgono le situazioni di povertà economica (61,2%), coincidenti soprattutto con la povertà estrema o con la mancanza totale di un reddito. Alto anche il disagio abitativo, sperimentato da oltre la metà dei profughi intercettati (55,8%). Tra loro è proprio la “mancanza di casa” la necessità più comune.

A questi numeri si sommano quelli dei senzatetto, che sfuggono alle precedenti statistiche. In questo caso i rilevamenti sono per forza di cose incompleti ma da una ricerca effettuata dall’Istat tra novembre e dicembre 2014 con il valido supporto dei volontari, risulta che in 158 grandi centri vivono poco meno di 51.000 homeless. In questo caso è aumentato in maniera esponenziale il numero di italiani, in particolare di uomini caduti in miseria in seguito a separazione coniugale e/o perdita di lavoro. Ed è ormai preoccupante la “cronicizzazione” della condizione di clochard, soprattutto tra gli anziani.

Ecco perché, al di là dei numeri, è quanto mai opportuno l’appello lanciato domenica all’Angelus da Papa Francesco: “Uniamo le nostre forze, morali ed economiche, per lottare insieme contro la povertà che degrada, offende e uccide tanti fratelli e sorelle, attuando politiche serie per le famiglie e per il lavoro”. Parole che riecheggiano altre pronunciate in passato: “Quando non c’è lavoro a rischiare è la dignità, perché la mancanza di lavoro non solo non ti permette di portare il pane a casa, ma non ti fa sentire degno di guadagnarti la vita! Oggi i giovani sono vittime di questo!”.

In questo senso vanno le proposte della Caritas. Da quando, alla fine dell’estate 2015, il Santo Padre chiese ai vescovi d’Europa di ospitare una famiglia di profughi in ogni parrocchia, comunità religiosa, monastero e santuario, in Italia, al 9 marzo 2016, le accoglienze attivate in 164 diocesi sono risultate circa 20.000, così suddivise: circa 12mila persone accolte in strutture convenzionate con le Prefetture – CAS (con fondi Ministero dell’Interno); quasi 4mila persone accolte in strutture SPRAR (con fondi Ministero dell’Interno); oltre 3mila persone accolte nelle parrocchie (con fondi diocesani) e oltre 400 persone accolte in famiglia o con altre modalità di accoglienza (fondi privati o diocesani). A questa prima risposta “sul campo” si affianca ora la richiesta “di un Piano Pluriennale di contrasto alla povertà, che porti alla introduzione nel nostro Paese di una misura universalistica contro la povertà assoluta. Tale Piano, come proposto da tempo dall’Alleanza contro la povertà, di cui Caritas Italiana fa parte, dovrebbe prevedere, in una prospettiva di medio lungo-periodo, un graduale e progressivo incremento degli stanziamenti in modo da raggiungere tutte le persone in povertà assoluta e – considerate le profonde differenze territoriali nel funzionamento dei servizi alla persona – rafforzare adeguatamente i sistemi di welfare locale”. Secondo Caritas Italiana, sono quattro le leve su cui agire con programmazione e tempestività: attivare politiche del lavoro tese a contrastare la disoccupazione, in modo particolare quella giovanile; promuovere e incentivare percorsi di studio e formazione per i giovani; intervenire sulla questione migratoria con politiche inclusive, accoglienza di rifugiati con standard qualitativi uniformi, specie per i minori non accompagnati, lotta allo sfruttamento e pianificazione di inserimento socio-economico; infine, politiche europee in grado di aprire canali legali di ingresso nell’Ue, condivisione dell’accoglienza in base a principi di solidarietà tra Paesi membri e maggior attenzione agli ingressi non legati a motivi di protezione internazionale ma anche a quelli di lavoro e facilitando i ricongiungimenti familiari.