Il Papa ai religiosi egiziani: “L’invidia è un cancro che rovina qualsiasi corpo in poco tempo”

“Il pericolo è serio quando il consacrato, invece di aiutare i piccoli a crescere e a gioire per i successi dei fratelli e delle sorelle, si lascia dominare dall’invidia“, “un cancro che rovina qualsiasi corpo in poco tempo”. Papa Francesco, nella sua ultima tappa del viaggio apostolico in Egitto, mette in guardia i religiosi e preti cattolici da quelle che, lo stesso Pontefice, ha identificato come le “tentazioni” più ricorrenti per un pastore. Al Seminario Patriarcale Copto-Cattolico di Maadi, nella periferia a sud del Cairo, nel suo discorso, Bergoglio evidenzia ben sette tentazioni, sottolineando, in particolare, i pericoli che derivano dell’invidia, e lo fa citando il libro della Sapienza: “Per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo”. Poi aggiunge: “E il pettegolezzo ne è il mezzo e l’arma”.

Testimoniare la Verità

Come nei precedenti discorsi, il Pontefice esordisce con il saluto arabo: “Al Salamò Alaikum!“, ovvero “La pace sia con voi!”. Bergoglio dice di essere felice di trovarsi nel “luogo dove vengono formati i sacerdoti e che rappresenta il cuore della Chiesa Cattolica in Egitto”. Il primo pensiero che Bergoglio rivolge loro è un ringraziamento, per la loro “testimonianza” e per tutto il bene che realizzano ogni giorno “operando in mezzo a tante sfide e spesso poche consolazioni“. Il Papa li incoraggia a proseguire su questa strada: “Non abbiate paura del peso del quotidiano, delle circostanze difficili che alcuni di voi devono attraversare. Noi veneriamo la Santa Croce, strumento e segno della nostra salvezza. Chi scappa dalla Croce scappa dalla Risurrezione!“. Bisogna “testimoniare la verità, seminare e coltivare senza aspettare il raccolto”.

Costruttori di speranza

In realtà, ricorda il papa “noi raccogliamo i frutti di una schiera di altri, consacrati e non, che generosamente hanno operato nella vigna del Signore: la vostra storia ne è piena!”. Quindi un ulteriore spinta a testimoniare la propria fede: “In mezzo a tanti motivi di scoraggiamento e tra tanti profeti di distruzione e di condanna, in mezzo a tante voci negative e disperate, voi siate una forza positiva, siate luce e sale di questa società, siate seminatori di speranza, costruttori di ponti e operatori di dialogo e di concordia”. Il Pontefice osserva , tuttavia, che per essere quel “lievito che Dio prepara per questa Terra benedetta”, occorre “non cedere alle tentazioni che incontra ogni giorno sulla sua strada” il religioso. Il Santo Padre ne evidenzia alcune, “tra le più significative”.

Lasciarsi trascinare e non guidare

La prima tentazione, secondo Bergoglio, è quella di “lasciarsi trascinare e non guidare“. Infatti, come afferma anche il Vangelo i Giovanni, “il Buon Pastore ha il dovere di guidare il gregge, di condurlo all’erba fresca e alla fonte di acqua. Non può farsi trascinare dalla delusione e dal pessimismo“, che il Papa identifica con la frase: “Cosa posso fare?”. Al contrario, il religioso “è sempre pieno di iniziative e di creatività, come una fonte che zampilla anche quando è prosciugata”, e inoltre “ha sempre la carezza di consolazione anche quando il suo cuore è affranto”. Assume a tutti gli effetti le caratteristiche di “un padre quando i figli lo trattano con gratitudine ma soprattutto quando non gli sono riconoscenti”. Quindi, un primo monito: “La nostra fedeltà al Signore non deve mai dipendere dalla gratitudine umana: ‘Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà'”.

Lamentarsi continuamente

Altra grande tentazione nella quale può cadere il credente è quella di “lamentarsi continuamente“. Il Santo Padre sottolinea quanto sia facile “accusare sempre gli altri, per le mancanze dei superiori, per le condizioni ecclesiastiche o sociali”, ma il consacrato “è colui che, con l’unzione dello Spirito, trasforma ogni ostacolo in opportunità, e non ogni difficoltà in scusa!”. “Chi si lamenta sempre è in realtà uno che non vuole lavorare”, aggiunge. Ed è per questo motivo, prosegue il Pontefice, che il Signore rivolgendosi ai Pastori disse: “Rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche”.

Pettegolezzo e invidia

La terza tentazione è quella dell’invidia. Il Papa fa notare che c’è un pericolo “serio” quando “il consacrato, invece di aiutare i piccoli a crescere e a gioire per i successi dei fratelli e delle sorelle, si lascia dominare dall’invidia”, diventando, in questo modo “uno che ferisce gli altri col pettegolezzo“. E invece “di sforzarsi per crescere, inizia a distruggere coloro che stanno crescendo”, giudicando “gli esempi buoni” e sminuendo il loro valore”. Bergoglio definisce l’invidia come “un cancro che rovina qualsiasi corpo in poco tempo“, e lo fa ricordando il Vangelo di Marco (cfr. Mc 3,24-25). Poi, citando un passo del libro della Sapienza, afferma: “Per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo. E il pettegolezzo ne è il mezzo e l’arma. Non dimentichiamolo. Mai”.

No a paragoni e “faraonismo”

Proseguendo il suo discorso, il Santo Padre mette in guardia i consacrati dalla tentazione del paragone: “La ricchezza sta nella diversità e nell’unicità di ognuno di noi”. Il paragone, spiega il Papa, “ci porta spesso a cadere nel rancore o a cadere nella superbia e nella pigrizia. Chi tende a paragonarsi sempre con gli altri finisce per paralizzarsi“. Ma Bergoglio propone anche dei modelli, i Santi Pietro e Paolo, dai quali imparare “a vivere la diversità dei caratteri, dei carismi e delle opinioni nell’ascolto e nella docilità allo Spirito Santo”. Altra grande tentazione dei pastori è quella del “faraonismo“, ovvero “indurire il cuore e del chiuderlo al Signore e ai fratelli”. “Siamo in Egitto dopotutto “, scherza il Pontefice. Poi aggiunge: “È la tentazione di sentirsi al di sopra degli altri, con la presunzione di farsi servire invece di servire”. Una tentazione comune a molti “fin dall’inizio” della storia della Chiesa. Ma l’antidoto di questo veleno, rivela il Papa, è: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”.

La tentazione dell’individualismo e del camminare senza mèta

Il Papa, citando un noto detto egiziano, “Io, e dopo di me il diluvio”, avverti i Pastori sulla tentazione dell’egoismo: “Strada facendo, perdono la mèta e invece di pensare agli altri pensano a sé stessi, non provandone alcuna vergogna, anzi, giustificandosi”. Al contrario della Chiesa, che è “la comunità dei fedeli, dove la salvezza di un membro è legata alla santità di tutti”, “l’individualista è motivo di scandalo e di conflittualità“. Infine, l’ultima grande tentazione è quella di camminare senza una “mèta”: “il consacrato perde la sua identità e inizia a non essere ‘né carne né pesce’. Vive con cuore diviso tra Dio e la mondanità”. In realtà, fa notare il Papa, “senza avere un’identità chiara e solida il religioso cammina senza orientamento”, divenendo incapace “di guidare gli altri”, fino a disperderli. “La vostra identità come figli della Chiesa è quella di essere copti, cioè radicati nelle vostre nobili e antiche radici“, ma il Papa ricorda loro che sono anche “cattolici, cioè parte della Chiesa una e universale: come un albero che più è radicato nella terra e più è alto nel cielo!”.

Motivo di salvezza per credenti e non

“Cari sacerdoti, cari consacrati, resistere a queste tentazioni non è facile, ma è possibile se siamo innestati in Gesù”, conclude il Papa. “Più siamo radicati in Cristo – aggiunge – più siamo vivi e fecondi! Solo così la persona consacrata può conservare la meraviglia, la passione del primo incontro, l’attrazione e la gratitudine nella sua vita con Dio e nella sua missione”. Ricordando il ruolo dell’Egitto, che ha contribuito ad arricchire “la Chiesa con il tesoro inestimabile della vita monastica”, Papa Francesco esorta tutti i sacerdoti a prendere come modelli i monaci santi “che con la loro vita e il loro esempio hanno aperto le porte del cielo a tanti fratelli e sorelle”. Il Pontefice invoca quindi la benedizione della “Santa Famiglia” su tutto l’Egitto: “dal profondo del mio cuore auguro a ognuno di voi ogni bene, e tramite voi saluto i fedeli che Dio ha affidato alla vostra cura. Il Signore vi conceda i frutti del suo Santo Spirito. E per favore non vi scordate di pregare per me!”.