DEF, L’ALTALENA DEI CONTI DELLO STATO

“Sindaci, spendete e fate tornare gli ingegneri negli uffici a progettare, perché se perdiamo la stabilità nelle scuole con che faccia guardiamo ai nostri figli?”. Matteo Renzi gioca la carta dell’appello ai primi cittadini per ridare slancio all’economia. E parte in un singolare attacco/difesa dell’Europa: “Con che faccia dico agli italiani che non mettiamo soldi su scuole perché Bruxelles non vuole, aiuterei i populisti e quelli che odiano l’Ue”.

Dichiarazioni che arrivano a completare quelle immediatamente successive al licenziamento del Def, il Documento economico finanziario dello Stato, dove esce fuori un dato drammaticamente concreto: il debito sale, le previsioni sul Pil scendono. Eppure Renzi legge i dati esattamente il contrario: “La sintesi è: il deficit va giù, il Pil va su – ha detto Renzi – tutti e due con una traiettoria meno ampia di come avremmo voluto – ammette – ma entrambi continuano ad andare nella giusta direzione”.

Il clima, in una riunione iniziata ieri in tarda serata con oltre un’ora di ritardo è meno effervescente del passato, quando le aspettative di crescita erano ben più ottimistiche.
Sia il presidente del Consiglio che il ministro dell’Economia ammettono una certa insoddisfazione.

I numeri, fissati con l’aggiornamento del Def, indicano una crescita ferma allo 0,8% per quest’anno (dall’1,2 previsto in aprile) e che però potrebbe raggiungere la soglia ‘psicologica’ dell’1% nel 2017 “con un guadagno non irrilevante”, come ha sottolineato Padoan, grazie alla spinta agli investimenti e alle misure sul sociale che arriveranno con la prossima legge di Bilancio.

In realtà la traiettoria del Pil è ancora in crescita, ma con una netta sforbiciata rispetto alle previsioni di primavera, deficit in calo, ma con la possibilità di ampliare i margini grazie alle “circostanze eccezionali”, debito che aumenta ancora l’anno prossimo, imboccando la discesa solo nel 2017.

La nota di aggiornamento licenziata dal Consiglio dei ministri differisce da quello comunicato dall’Istat venerdì 23 settembre, pari al 132,2% del Pil, in quanto l’esecutivo, riferiscono fonti governative, ha deciso di anticipare revisioni per arrotondamenti finora non ancora comunicate ufficialmente.

Ma Renzi è ottimista: la crescita c’è, anche se minore del previsto, e sarà ‘spinta’ dalle misure che il governo ha in cantiere con la prossima manovra. E il deficit continuerà a scendere toccando il punto più basso dal 2007. NOn sono solo dichiarazioni alla stampa; l’Esecutivo lo ha scritto nero su bianco al momento nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza perché “coerentemente con le regole Ue”, come ha chiarito il premier, l’esecutivo chiederà uno spazio fuori dal Patto di Stabilità fino a 0,4 punti (circa 6 miliardi) legati alle “circostanze eccezionali” che il Paese ha affrontato sul fronte dei migranti e a causa del sisma del Centro Italia.

La revisione della crescita porta a una revisione anche del target di deficit, che nel 2016 salirà al 2,4% (rispetto al 2,3%) e che l’anno prossimo si attesterà al 2% (rispetto all’1,8%). Un livello apparentemente basso rispetto alle cifre circolate fino alla vigilia, ma che potrà lievitare di 4 decimi di punto con l’autorizzazione del Parlamento e, ma questa è tutta da verificare, anche di Bruxelles. Non a caso Renzi ha parlato di un “massimo” di 0,4 punti e dalla commissione avevano fatto sapere che c’era un orientamento favorevole a concedere sì nuovi margini ma fino al 2,3%.

Si tratterà dunque di utilizzare, come ha puntualizzato il premier, non la flessibilità prevista dalla comunicazione Juncker ma le circostanze eccezionali previste dai Trattati. Margini che comunque saranno essenziali per comporre la prossima manovra con cui saranno “scongiurati” aumenti di tasse legate alle clausole di salvaguardia, come ha confermato Padoan e che vedrà “un aumento” della spesa sanitaria, come ha garantito il premier.