TERRORISMO, OBAMA: “NON DOBBIAMO CEDERE ALLA PAURA”

Gli americani non devono cedere alla paura. Sappiamo che la nostra diversità, la nostra variegata eredità non è una debolezza ma la nostra più grande forza”. Barack Obama lo ha ricordato celebrando le vittime dell’11 settembre al Pentagono, colpito da terzo aereo nell’attentato di 15 anni fa.

Il ricordo

Per gli americani quella di domenica è stata una giornata di grande commozione. Alle 08.46, ora di New York, il Paese si è fermato per osservare un minuto di silenzio in ricordo delle circa 3 mila vittime dell’eccidio organizzato ed eseguito da Al Qaeda. A quell’ora, infatti, il primo aereo un Boeing 767 dell’American Airlines – si schiantò contra la prima delle Twin Tower del World Trade Center di Manhattan, la torre nord. Poco dopo il secondo schianto contro la torre sud.

Apprensione per Hillary

Il cuore degli Usa, nel giorno del ricordo, è stato Ground Zero, lì dove sorgevano le due torri. Entrambi i candidati alla presidenza degli Stati Uniti si sono recati in loco. La commemorazione ha fatto registrare un momento di apprensione quando Hillary Clinton si improvvisamente allontanata. Secondo indiscrezioni non confermate ha accusato un malore per il gran caldo. Successivamente il portavoce della candidata democratica ha tranquillizzato i presenti affermando che la Clinton si era ripresa e si trovava a casa della figlia Chelsea.

Dopo 15 anni

A 15 anni dal più grande attacco terroristico della storia, il mondo, scosso dagli attentati in Europa, s’interroga sulla sicurezza. Gli Stati Uniti, sostengono gli esperti, rispetto ad allora sono più sicuri. Non così il resto dell’Occidente. “La minaccia è oggi peggiore di quindici anni fa”, assicura sulle pagine del Washington Post Richard Clarke, che è stato uno dei più stretti consiglieri in materia di antiterrorismo di ben tre presidenti: Reagan e i due Bush. Proprio Clarke, più di altri, mise in guardia George W.Bush sul rischio reale di un attentato in grande stile da parte di al Qaeda. Previsioni quanto mai azzeccate.

Usa più sicuri

Oggi – sottolinea l’esperto – ci sono almeno 100 mila persone che militano nei vari gruppi terroristici sparsi per il mondo, dalla Siria alla Libia, dall’Afghanistan allo Yemen: “Mai così tanti da quindici anni a questa parte”. Dunque la guerra al terrorismo è ancora lungi dall’essere vinta. Proprio George W.Bush, dopo l’11 settembre 2001, parlando davanti al Congresso americano aveva promesso una stretta senza precedenti sulla sicurezza interna e una lotta senza quartiere ai gruppi dell’estremismo islamico in guerra con l’Occidente. Il primo obiettivo è stato certamente raggiunto: opinione comune è che oggi attacchi spettacolari e in grande stile come quelli che colpirono le Torri Gemelle e il Pentagono non sarebbero più possibili.

Nuove minacce

La vera minaccia negli Usa resta quella dell’azione di ‘lupi solitari’, come gli attentatori della maratona di Boston o il killer della discoteca di Orlando. Sostanzialmente fallito, invece, il secondo obiettivo: nonostante due guerre (Afghanistan e Iraq), nonostante l’azzeramento della leadership di al Qaeda (vedi l’uccisione di al Zarkawi e di bin Laden), nonostante il recente colpo dato all’Isis con la morte del numero due al Adnani, nonostante i raid Usa con i droni (dallo Yemen alla Somalia al Pakistan), nonostante la campagna aerea contro l’Isis condotta dalla coalizione internazionale guidata dagli Usa in Iraq, Siria e Libia. Oramai e’ chiara a tutti una cosa: l’azione militare non basta. Quello che ancora manca è innanzitutto un accordo tra le potenze mondiali che assicuri più stabilità alla regione mediorientale.

Foreign fighter

Intesa resa difficile dai rapporti più che mai tesi tra Washington e Mosca, ma anche tra Washington e capitali alleate come Riad. Non è stata poi ancora trovata – sottolinea il Washington Post – la giusta formula per spuntare l’arma più potente in mano allo stato islamico e dei jihadisti di oggi: la propaganda, la capacità di avere un grande appeal tra migliaia di giovani musulmani che vengono radicalizzati online e indotti a compiere attentati sacrificando anche la propria vita, come si è visto negli ultimi mesi soprattutto in Europa. E l’ondata di violenze – avvertono gli esperti – paradossalmente potrebbe aumentare nei prossimi mesi, man mano che l’Isis perderà posizioni sul campo in Iraq, Siria e Libia. Quando un vera e propria ondata di foreign fighter – migliaia di persone – potrebbe riversarsi in Occidente.