I palazzi “scaduti”

“Ogni terremoto ha la sua storia, non voglio giudicare le scelte fatte nel 2009 all’Aquila. Però stavolta a decidere saranno i sindaci. E credo che tutti preferiranno ricostruire il proprio paese lì dov’era”. Intervistato dal Corriere della Sera, il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio si dice sicuro che i sindaci interessati dal sisma diranno di no alle new town. Il punto dunque non sarà “dove” ricostruire, ma “come”. E d’altronde, è la grande questione del momento, con le polemiche sui mancati adeguamenti che 40 anni di terremoti in Italia non sono riusciti ad imporre.

C’è però da dire una cosa, sulla quale mi ha fatto riflettere un amico costruttore. È vero che il 70 percento delle case non è antisismico, però sulla casa non vogliamo mai cambiare cultura. Quando compra una casa un italiano la compra pensandola eterna.

Nel tanto decantato Giappone antisismico si compra una casa sapendo che dopo 20 massimo 30 anni va demolita. I condomini pagano mensilmente il costo di ricostruzione in modo che dopo 20 anni il palazzo, se non più sicuro, può essere rifatto secondo le tecniche più moderne.

Molti palazzi anche di grandi città sono vicini alla “scadenza” del cemento armato, alcuni addirittura sono fatti di sabbia de mare, ma nessuno ne parla.

Fotografando la situazione attuale, il 90 percento dei borghi di Italia dovrebbero essere evacuati, compresi i palazzi della capitale. Un borgo di pietra non è adeguabile alle norme sismiche almeno che non si spenda il doppio del valore commerciale dell’immobile stesso. Un privato non lo farà mai. E’ lo Stato, se ne è capace, che deve prendere in mano la situazione. E iniziare anche a cambiare le regole.