ISRAELE, LE SCUOLE CRISTIANE AL COLLASSO FINANZIARIO SI APPELLANO AL GOVERNO

Ancora problemi finanziari per le 47 scuole cristiane presenti in Israele. A pochi giorni dalla fine di un anno scolastico tormentato, iniziato con uno sciopero durato 27 giorni, il Ministero dell’istruzione non ha mantenuto l’impegno di trasferire agli istituti scolastici ispirati dalle locali comunità cristiane il contributo dovuto, ammontante a 50 milioni di Shekel. L’Ufficio delle scuole cristiane ha diffuso un documento-appello dove si delineano i passaggi chiave e gli aspetti controversi di una vicenda che sta mettendo in crisi docenti, operatori scolastici, studenti e famiglie a causa del taglio del 45% dei contributi statali. Il taglio era stato imposto sei anni fa da parte del governo d’Israele a causa dell’emergenza finanziaria globale che aveva investito anche il vicino Oriente. Le scuole cristiane israeliane sono frequentate da 33mila studenti; non solo da cristiani, ma anche da musulmani, drusi e ebrei.

Durante la mobilitazione d’inizio anno, alunni e genitori avevano organizzato manifestazioni di piazza per denunciare lo status fallimentare delle scuole cristiane. A fine settembre, il ministero israeliano per l’educazione aveva avanzato delle proposte all’Ufficio delle scuole cristiane, che le aveva accolte. L’accordo prevedeva l’attribuzione agli istituti di un primo contributo di 50 milioni di shekel – pari a quasi 11 milioni e 350mila euro – che doveva essere versato entro il 31 marzo scorso, a compensazione dei tagli disposti negli anni precedenti per il primo trimestre dell’anno accademico 2015-2016. Poi si sarebbe dovuto creare un nuovo organismo negoziale, incaricato di affrontare e risolvere questioni in sospeso.

A più di 50 giorni dalla scadenza annunciata – si legge nel documento diffuso adesso dall’Ufficio – la tranche di risorse promessa non è ancora stata versata. La commissione speciale dei negoziati, guidata dal funzionario Shimshon Shoshani, si è riunita tre volte, limitandosi a riproporre la richiesta – già respinta in precedenza – che le scuole cristiane accettino di essere inglobate in tutto e per tutto al sistema scolastico pubblico, sottoposto alla direzione del Ministero dell’educazione, con l’unica garanzia di poter conservare tre ore settimanali per classe dedicate a “rafforzare e preservare l’identità cristiana e il peculiare stile di vita delle scuole cristiane”.

“E’ chiaro – si legge nel comunicato, firmato da padre Abdel Masih Fahim, Segretario generale dell’Ufficio – che queste raccomandazioni non risolvono la crisi finanziaria causata dalle politiche del Ministero dell’educazione negli ultimi anni. E deploriamo che il Ministero stia cercando ancora una volta di costringere le nostre istituzioni ad aderire al sistema pubblico”. Davanti al collasso finanziario che le minaccia, le scuole cristiane, attraverso il loro Ufficio di coordinamento, chiedono che il governo israeliano onori al più presto i suoi impegni, che sia fissata una quota annuale fissa di contributo statale, oppure, in alternativa, che sia predisposto un nuovo status giuridico per le scuole cristiane in Israele, che consenta loro maggiore libertà di movimento nella ricerca di fondi destinati a compensare i tagli drastici del contributo statale.