UNIONI CIVILI, CHIESTA LA FIDUCIA GALANTINO: “UNA SCONFITTA”

Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, ha posto la questione di fiducia sulle unioni civili anche alla Camera. Il governo blinda così il testo uscito dal Senato di fatto limitando il dibattito parlamentare. Matteo Renzi vuole evitare un nuovo Vietnam parlamentare e il rischio che gli esponenti centristi della maggioranza, e i teodem, possano chiedere nuove modifiche all’impianto.

“Il governo ha le sue logiche, le sue esigenze, probabilmente avrà anche le sue ragioni, ma il voto di fiducia, non solo per questo governo ma anche per quelli passati, spesso rappresenta una sconfitta per tutti – ha commentato a caldo il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino – penso che stia emergendo un po’ da tutte le parti – una richiesta di maggior partecipazione, di maggior attenzione, di maggiore rispetto per tutti coloro che sono stati eletti”. Galantino ha poi sottolineato la “necessità di politiche che siano più attente, e che davvero mettano al centro l’importanza della famiglia fatta di madre, padre, figli. La famiglia non deve stare a cuore solo alla Chiesa, ma a tutti, a tutta la società. Quello della famiglia non è un ruolo sussidiario o marginale. Questo la società deve capirlo”.

Polemiche sono arrivate soprattutto dai banchi delle opposizioni. Ma anche esponenti della maggioranza hanno contestato la scelta dell’esecutivo. “Solo il Presidente della Repubblica potrebbe evitare una tale lacerazione della nazione rinviando il testo alle Camere per i molti profili di incostituzionalità” hanno detto i centristi di Ap Maurizio Saccone e Alessandro Pagano. “Il governo fa carne di porco del Parlamento – ha sbottato Renato Brunetta – Atteggiamento aberrante e foriero di derive autoritarie”. Il leghista Massimiliano Federiga ha accusato i deputati di maggioranza di essere “servi della gleba. Applaudite pur di essere ricandidati”. Mentre per Alfonso Bonafede l’esecutivo “intende il Parlamento come uno zerbino”.

La questione di fiducia arriva nel giorno in cui il candidato sindaco di Roma Alfio Marchini, sostenuto fra gli altri da Forza Italia e da Ncd, ha annunciato l’intenzione di non celebrare nozze gay laddove dovesse venire eletto. “Non ho nulla contro il riconoscimento dei diritti civili – ha spiegato – ma non spetta al sindaco fare queste cose”.

Inferocito il popolo del Family Day, che con la fiducia vede vanificarsi la sua battaglia contro le unioni civili e la stepchild adoption. “Renzi dimostra ancora una volta di essere il premier delle lobby e non del popolo – ha detto Massimiliano Gandolfini, presidente del Comitato Difendiamo i nostri Figli -. La legge istituisce infatti un matrimonio gay, come confermano i parlamentari vicini agli ambienti Lgbt che parlano uguali diritti e doveri, e consente le adozioni a coppie della stesso sesso grazie al comma 20 che dà carta bianca ai tribunali dei minori”. Su questi due punti, ha aggiunto, “la stragrande maggioranza del popolo italiano ha più volte espresso la sua contrarietà in tutti i sondaggi e con i due grandi Family Day che nel giugno e gennaio scorso che hanno visto la partecipazione di milioni di persone. Questo popolo è stato pervicacemente ignorato dal governo che ha portato avanti il ddl violando tutte le prerogative del dibattito parlamentare e da una maggioranza che, la scorsa settimana, si è perfino rifiutata di votare le mozioni che impegnavano l’esecutivo con atti concreti tesi contrastare e sanzionare ogni forma di maternità surrogata”.

Nel frattempo la riunione dei capigruppo a Montecitorio ha stabilito che la prima “chiama” nominale dei deputati per mercoledì 11 maggio alle 14.10. Alle 12,30 inizieranno le dichiarazioni di voto mentre alle 10 scadrà il termine per la presentazione degli ordini del giorno. Dal numero di questi ultimi dipenderà il giorno in cui ci sarà il voto finale sul provvedimento. Ma Renzi punta a chiudere la partita giovedì.