Attacchi alle religioni: calano nel mondo, ma i cristiani sono sempre più perseguitati

In un mondo complesso e ricco di sfaccettature come quello di oggi, non è facile leggere tra le righe di rapporti che affollano il web. Specie quando parlano di argomenti delicati come il numero delle persone uccise o perseguitate a causa del proprio credo religioso. Su questo tema, nei giorni scorsi, sono stati pubblicati due rapporti, apparentemente contraddittori tra loro.

Il primo è il 12° Studio annuale del Pew Research Center sulle restrizioni globali alla religione. Diversi i settori analizzati: dalle molestie sull’identità religiosa sulle persone alla violenza di massa, dai conflitti settari fino al terrorismo. Altro settore importante attenzionato le restrizioni governative che includono leggi, politiche e azioni “ufficiali” che violano credenze e pratiche religiose di gruppi o individui. Si pensi, ad esempio, alle violenze sui musulmani Rohingya in Myanmar. O alle limitazioni dei diritti (alcuni hanno parlato di veri e propri lager) per gli Uiguri in Cina. (Cina. I campi – prigione per centinaia di migliaia di uiguri | Notizie Geopolitiche)

Ebbene, dall’analisi dei dati aggiornati al 2019 (quindi, antecedenti la pandemia di coronavirus) condotta su 198 paesi, emergerebbe che le ostilità a sfondo religioso sono in calo. PF_09.30.21_religious_restrictions-Full_PDF.pdf (pewforum.org) Lo strumento adoperato è l’SHI, l’indice delle ostilità sociali. In pratica, sono stati raggruppati e misurati su una scala da 0 a 10, tredici indicatori (violenza di massa o settaria, crimini motivati da pregiudizi religiosi, conflitti fisici sulle conversioni, molestie sull’abbigliamento per motivi religiosi, intimidazioni e violenze legate alla religione e altri). (The Faith Angle Conference Series | Pew Research Center (pewforum.org)) Nel 2019, l’SHI sarebbe sceso da 2,0 a 1,7 rispetto all’anno precedente.

Secondo i ricercatori, i dati confermerebbero un trend calante dell’ultimo decennio. Ma non basta. Le violenze per motivi religiosi si sarebbero concentrate in un numero sempre minore di paesi: da 53 (pari al 27% dei paesi analizzati nel 2018) a 43, il 22% dei paesi esaminati nel 2019.

Numeri positivi. Forse. Ma non per tutte le religioni. Purtroppo le persecuzioni religiose e le violenze di cui sono vittime i cristiani continuano ad essere diffuse. Anzi, la situazione sembra peggiorare. A dirlo è un altro rapporto “World Watch List”, curato dall’organizzazione non governativa Open Doors. I dati pubblicati il 7 Ottobre riassumono quanto avviene nei 50 paesi dove i cristiani sono maggiormente perseguitati a causa della loro fede.

Analizzando il periodo dal 1° ottobre 2019 al 30 Settembre 2020, i ricercatori hanno ricavato uno scenario ben diverso da quello del rapporto del Pew Research Center. Ogni giorno sono 13 i cristiani uccisi a causa della loro fede. Mediamente, ogni giorno, 12 cristiani vengono ingiustamente arrestati o imprigionati. E altri 5 rapiti. Oggetto di violenze ingiustificate anche gli edifici di culto: ogni giorno si registrano 12 attacchi a chiese o edifici cristiani. E tutto questo ogni giorno. Giorno dopo giorno. Il tutto con un trend significativamente crescente. Complessivamente, nelle nazioni analizzate, il numero dei cristiani che vivono in luoghi con livelli “molto alti” o “estremi” di persecuzione è aumentato: ora sono 309 milioni. Watch List 2021 â•fi Autumn Update Crisis Group (reliefweb.int) Quali sono questi paesi? La Corea del Nord. L’Afghanistan. E poi la Somalia, la Libia, il Pakistan, l’Eritrea, lo Yemen, l’Iran, la Nigeria. E l’India. Per il terzo anno consecutivo questo paese è finito in questa disonorevole top ten: qui si “continua a vedere un aumento della violenza contro le minoranze religiose a causa dell’estremismo indù sanzionato dal governo”.

Ma non basta. Ai 309 milioni di cristiani vittime di persecuzione, dovrebbero aggiungersi altri 31 milioni di cristiani che vivono in 24 paesi al di fuori della top 50 (Cuba, Sri Lanka, Emirati Arabi Uniti e altri).

Nel presentare il rapporto, David Curry, presidente e CEO di Open Doors USA, ha detto che “il numero di persone di Dio che stanno soffrendo dovrebbe significare che la Chiesa sta morendo, che i cristiani stanno tacendo, perdendo la loro fede”. Poi citando il profeta Isaia, ha detto che non è quello che sta accadendo “mentre si fanno strada nel deserto e nei fiumi nel deserto”.

Unica nota (parzialmente) positiva il Sudan: per la prima volta negli ultimi sei anni, fuori dalla top ten dei paesi peggiori per i cristiani. Il motivo? E’ stata abolita la pena di morte per apostasia ed è stata adottata una nuova Costituzione che dovrebbe garantire la libertà di religione (dopo tre decenni di legge islamica). Purtroppo questi miglioramenti non hanno permesso al Sudan di andare oltre il tredicesimo posto assoluto sulla lista nera: nonostante le nuove leggi, molti cristiani continuano ad essere vittime di attacchi, ostracizzazione e discriminazione. E molte donne cristiane, in questo paese, sono vittime di violenze sessuali.

Quando si parla di attacchi a causa della religione i numeri sono importanti. Ma è fondamentale leggerli con attenzione. Forse è vero che nel mondo le persecuzioni a sfondo religioso stanno diminuendo. Ma è altrettanto vero che, in molti paesi, i cristiani sono sempre più perseguitati. Spesso più di ogni altro gruppo religioso. Ancora oggi, purtroppo, un cristiano su otto in tutto il mondo è vittima di persecuzione.