La fede di pari passo con la carità. La testimonianza del Beato Carlo Acutis

La lezione della beatificazione di Carlo Acutis, il "patrono" dei millenials che “con Gesù un rapporto personale, intimo, profondo”. Intervista a Interris.it di Catia Caramelli

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“La fede nella vita di Carlo Acutis andava di pari passo con la carità. La sua fede era carità. Ogni sera faceva preparare bevande calde e cibo per i senza fissa dimora che alloggiavano sotto casa sua. Nel centro di  Milano. Dove lui viveva  con la sua facoltosa famiglia. E poi lui stesso le distribuiva. Facendosi aiutare dal maggiordomo di casa. Un uomo di casta indiana convertitosi al cristianesimo sul suo esempio. Ogni contenitore aveva un nome. Proprio come ogni persona che lui soccorreva. Ogni giorno, inoltre, nel tragitto verso la scuola, Carlo Acutis si fermava a chiacchierare con i tanti che incontrava. Aveva una parola o semplicemente un sorriso per tutti. Ricchi o poveri che fossero, giovani o anziani”, racconta a Interris.it Catia Caramelli, giornalista di Radio24, l’emittente del Gruppo Sole24Ore della Confindustria.
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Beato Acutis, esempio per i giovani

Ha un senso profondo per la Chiesa e la società scosse dalla pandemia la beatificazione del giovane che aveva “con Gesù un rapporto personale, intimo, profondo”. Come sottolineato dal cardinale Agostino Vallini, rappresentante del Papa, nell’omelia della Messa celebrata nella Basilica Superiore di Assisi. Carlo Acutis viene celebrato ogni anno il 12 ottobre, giorno della sua nascita al Cielo.
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Quale modello di santità è racchiusa nella figura di Carlo Acutis?

“Carlo Acutis è stato definito in molti modi, dal santo della porta accanto al santo in scarpe da ginnastica. Sono tutte espressioni che ben fotografano il suo essere santo. Un modello di santità la sua che trova infatti espressione nella vita di tutti i giorni. Quella di un ragazzo amante dello sport. Degli animali. Dell’informatica. Della musica. Della compagnia. La sua vita ci mostra come la strada della santità non sia qualcosa riservato a pochi. Bensì è un percorso per tutti”.ChiesaCioè?

“Tutti abbiamo la possibilità  di prendere nelle nostre mani la nostra vita. E, come diceva San Giovanni Paolo secondo, trasformarla in un capolavoro”.Papa FrancescoCosa può insegnare il giovanissimo Beato ai suoi coetanei?

“L’Esortazione postsinodale “Christus Vivit” è il documento conclusivo del Sinodo dedicato ai giovani. In quel fondamentale documento pontificio Francesco dedica un passaggio alla figura di Carlo Acutis. Il Papa lo indica come un modello per i giovani. E ricorda le grandi abilità informatiche del ragazzo. ‘Ha saputo usare le nuove tecniche di comunicazione per tramettere il Vangelo. Per comunicare valori e bellezza’. Carlo Acutis infatti, ricorda anche la mamma Antonia Salzano, utilizzava la rete e le sue grandi abilità informatiche. Non per semplice intrattenimento. Ma soprattutto per far conoscere il messaggio evangelico”.

Può farci un esempio?

“Carlo Acutis aveva dedicato molto tempo all’allestimento di alcune mostre online. Prima fra tutte quella dedicata ai Miracoli Eucaristici. Una rassegna che ancora oggi viene ospitata dalle parrocchie di tutto il mondo.  Carlo era convinto della necessità di dover far comprendere a tutti la centralità dell’Eucaristia. La definiva ‘la mia autostrada per il cielo’.  Ai giovani dunque indica, come spiegato dal Papa, innanzitutto un diverso modo di rapportarsi alle nuove tecnologie”.A cosa si riferisce?

“Alle tecnologie non come forma di isolamento e ripiegamento su se stessi. Bensì come strumento per diffondere la parola di Dio e la bellezza. Nello stesso documento post-sinodale Papa Francesco cita anche una frase che amava ripetere Carlo Acutis”.PapaQuale?

“‘Tutti nascono originali. Ma molti muoiono fotocopie”. Questo è il grande invito ai giovani. Ai coetanei di Carlo Acutis. E’ l’esortazione a non omologarsi. A non farsi trasportare dalle mode passeggere. Perché, diceva il giovanissimo Beato, ‘Dio ha scritto per ognuno di noi una storia unica ed irripetibile. Ma ci ha lasciato la libertà di scriverne la fine’. La sua testimonianza, ha ripetuto il Papa dopo la beatificazione lo scorso ottobre, è rivolta ai giovani di oggi. E indica che la vera felicità si trova mettendo Dio al primo posto. ‘Trova Dio e troverai il senso della vita’, diceva Carlo Acutis.

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Foto © Vatican Media

In che modo si può trasmettere la sua testimonianza di carità e di fede?

“Sulla scia di san Francesco che tanto amava, al punto da volere essere sepolto ad Assisi, Carlo Acutis aveva  una grande cura e un grande rispetto per la ‘casa comune’. E per tutti i suoi abitanti. Un popolo sterminato di ‘amici’, i suoi  che il giorno dei funerali la chiesa non riusciva neanche a contenere. Con grande stupore dei familiari. In quella chiesa infatti, il giorno dell’ultimo saluto all’adolescente morto nel 2006 per una leucemia fulminante, c’erano tutti”.AcutisOssia?

“C’erano ricchi, poveri, cristiani, musulmani, bianchi e neri. C’erano poi gli amici e compagni di classe che Carlo aiutava con i compiti. A cui Carlo aveva confezionato la tesina di terza media per fargli fare bella figura. E che Carlo difendeva dai bulli. C’erano i bambini del catechismo a cui Carlo dedicava le sue giornate. Come catechista ma anche come compagno di giochi”.  AcutisQuale lezione individuale e collettiva si può trarre dalla beatificazione di Carlo Acutis?

“’Felicità è lo sguardo rivolto verso Dio. Tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi’. In questa frase di Carlo Acutis è racchiusa, a mio avviso, la  lezione che il beato ci trasmette. Convertirsi, spiegava Carlo, vuol dire proprio questo. Cambiare la propria prospettiva. ‘Basta un semplice movimento degli occhi’. E il gioco è fatto. Ciò cosa comporta?

“Il nostro tempo non va sprecato. Perché è proprio qui, sulla Terra, che si costruisce l’aldilà. E ‘ogni minuto che passa è un minuto in meno che abbiamo per santificarci’. La preghiera, in questo percorso, era fondamentale per Carlo Acutis”.

Il Papa in una precedente visita sulla tomba di San Francesco, ad Assisi

In che modo?

“Il suo kit per la sanità non poteva prescindere dal Rosario. Recitato ogni giorno. Dalla partecipazione alla Messa. Da qualche minuto di adorazione eucaristica. Così come fondamentale era il sacramento della riconciliazione. Perché, spiegava,  come la mongolfiera per salire in alto ha bisogno di scaricare i pesi, così l’anima per elevarsi al Cielo. Grande anche il suo insegnamento sulla morte. ‘Muoio sereno’, confidò a chi gli stava accanto. Perché ho vissuto la mia vita senza sciupare neanche un minuto di essa in cose che non piacciono a Dio”.