Italia, inutile equilibrista

Sarà anche populista, ma la verità è che guardando la nostra storia recente l’Italia è sempre colei che, in caso di controversia internazionale o di fatti cruenti, non riesce a difendere i propri connazionali, annaspa per cercare le reali responsabilità di ciò che accade, viene relegata ai margini delle inchieste. Diciamolo: non siamo capaci ad alzare la voce, come se avessimo un complesso di inferiorità internazionale. Che sia la grande America, la lontana India o il disastrato Egitto siamo sempre noi a dover abbassare le penne. O meglio, non le alziamo proprio, in nome dei rapporti internazionali, della necessità di non creare tensioni, di una diplomazia che finora non ci ha premiato granché.

Sono anni che il copione è lo stesso. L’incidente della funivia del Cermis, avvenne il 3 febbraio 1998 nei pressi di Cavalese, località sciistica delle Dolomiti a 40 km nord-est di Trento. Venti persone rimasero uccise quando un aereo militare statunitense Grumman EA-6B Prowler della United States Marine Corps, volando a una quota inferiore a quanto concesso e in violazione dei regolamenti, tranciò il cavo della funivia del Cermis. Peccato che i militari statunitensi furono rispediti in fretta e furia negli Usa, e che solo la caparbietà di alcuni magistrati italiani inchiodò (almeno quello) gli americani alle proprie responsabilità.

Di certo il governo italiano non ha usato la stessa strategia con i due fucilieri di marina rispetto al caso dell’Enrica Lexie, che vide l’arresto, da parte della polizia di Nuova Delhi, di due fucilieri di marina italiani (marò), imbarcati sulla petroliera italiana Enrica Lexie come nuclei militari di protezione, e accusati di aver ucciso Valentine (alias Jelastine) e Ajeesh Pink – due pescatori imbarcati su un peschereccio indiano – il 15 febbraio 2012 al largo della costa del Kerala, stato dell’India sud occidentale. Siamo nel 2016, e ancora oggi chiediamo la liberazione dei nostri soldati (e forse stavolta ci siamo).

Infine il caso Regeni. “Abbiamo fiducia nelle nostre istituzioni e andremo avanti con loro, ma crediamo che un richiamo forte sia necessario se non arriveranno risposte concrete”. Claudio Regeni, il papà dell’italiano seviziato e assassinato in Egitto, ha risposto così a una domanda su quale debba essere l’atteggiamento del governo italiano qualora continuassero i depistaggi e la mancanza di risposte da parte delle autorità egiziane che indagano sulla morte del figlio. E come dargli torno… Troppo spesso l’Italia attende, aspetta, media… fa l’equilibrista tra le esigenze di verità delle vittime e i calcoli di convenienza internazionale. Un esercizio che non ci ha mai visti arrivare dall’altra parte del filo incolumi. A precipitare, troppo spesso, è stata la dignità di un intero Paese.