L’Aja conferma l’ergastolo per i macellai di Srebrenica

Genocidio e crimini contro l’umanità. Sono queste le accuse con cui Vojadin Popovic e Ljubisa Beara – entrambi alti ufficiali dell’esercito serbo-bosniaco – sono stati condannati all’ergastolo. A confermare in appello la sentenza sono i giudici del Tribunale Penale internazionale dell’Aja (Tpi). La Corte ha anche condannato altri militari che avevano chiesto l’appello, in particolare Drago Nikolic a 35 anni di reclusione, radivolge Miletic a 18 anni e Vinko Pandurevic a 13. Tutti sono stati condannati per il loro ruolo nella strage di Srebrenica, in Bosnia ed Erzegovina.

Nel luglio 1995 la città fu teatro del primo genocidio dalla fine della seconda guerra mondiale che vide il peggiore massacro di civili da parte delle truppe militari e paramilitari serbo-bosniache di Ratko Mladic. Srebrenica, al momento della strage, era una zona protetta dell’Onu, popolata da civili bosniaci quasi completamente a maggioranza musulmana. Il 9 luglio del 1995 la zona protetta fu attaccata dalle truppe della Vojska Republike Srpske e dopo un assedio di alcuni giorni l’esercito riuscì ad entrare nella città di Srebrenica.

Nel territorio erano presenti i Caschi Blu dell’Onu, che aiutarono l’esercito serbo-bosniaco a dividere gli uomini dai 12 ai 77 dalle donne, dai bambini e dagli anziani, pensando in un primo momento di aiutare così nello sfollamento della popolazione. In realtà tutti gli uomini furono uccisi dalle truppe serbo-bosniache che causarono così oltre 8000 vittime, che poi furono gettate nelle fosse comuni. Il tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia, istituito presso le Nazioni Unite, ha accusato Mladic, Arkan Zeljko Raznatovic e altri ufficiali serbi di diversi crimini di guerra, tra cui il genocidio, la persecuzione e la deportazione.