Tutte le cose si perdono, Dio no

Il Vangelo con cui inauguriamo il tempo prezioso della Quaresima, ci presenta due tipi di umanità: una istruita dal cielo, l’altra dal diavolo. Non ci sono vie di mezzo tra queste due antropologie. Satana disegna un uomo che, essendo il Cristo, pretende da Dio il potere di cambiare la natura delle cose (le pietre in pane); è un uomo che si soddisfa attraverso il cambiamento delle cose perché non le può prendere così come sono. È una visione sotto la quale si può leggere l’ottima realtà dello sviluppo, una realtà buona in se, ma che può diventare il delirio autoreferenziale di un’umanità che sta cambiando tutto. E noi ci stiamo. Le pietre sono pietre, la natura è la natura, ma la stiamo facendo divenire una cosa commestibile. Stiamo abusando della realtà.

Quest’uomo non può che essere letto in maniera negativa. Ma se uno si astrae, cade nel tranello del maligno. È un uomo meraviglioso: ha potere, cambia le cose, toglie i problemi, fa diventare tutto vantaggioso e usufruibile. È un uomo che ha dominio su tutti i regni della terra. Non solo la usa come vuole lui, ma la possiede. Cioè è un uomo che insegue, desidera, cerca il sogno della sua supremazia. Molti genitori insegnano ai loro figli a diventare i padroni, ad esercitare il possesso delle cose invece che la carità, la donazione, l’oblazione. Al centro c’è l’affermazione del nostro ego. “Le cose sono mie, io devo avere tutto questo”.

È un uomo “spettacolare”: il successo, l’affermazione, il look. Un bambino lo cresciamo dicendogli che deve affermarsi, che dev’essere straordinario, bello, notevole. Dev’essere soddisfatto da tutto, deve possedere tutto e dev’essere guardato da tutti. Quest’uomo non è un granché, ma in noi è seminata questa tendenza. In tal modo ci roviniamo la vita, le relazioni, gli ambienti di lavoro. Ma il Vangelo ci propone un altro uomo, che non è un remissivo. È molto più serio, nobile e forte. La prima frase che dice è “Non di solo pane”: troppo poco quello che gli è stato offerto. C’è molto di più che sfamarsi. Avere una relazione con Dio. Il pane è solamente il segno. Vivere delle parole di Dio, vivere una relazione con lui, è molto di più che non darsi soddisfazione attraverso le cose di questo mondo.

Quest’uomo stana l’inganno: per possedere tutto bisogna inchinarsi. Ciò è necessario perché nessuno possiede qualcosa se non lo paga. Ma vince Gesù presentandosi come nuovo Adamo: “C’è uno solo a cui mi inchino. Il potere, il successo, non possono spezzare la mia dignità”. Su questa terra ci sono i ladri, la ruggine, i tarli. Tutte le cose che possediamo si perdono, e comunque si perderanno. Dio non si perde. A cosa mi prostro io? Per cosa mi spendo? A un possesso inalienabile, il rapporto con Dio. “Lui solo adorerai”. Questa parola implica si la prostrazione, ma implica anche l’intimità, l’adorare, il portare alla bocca, il baciare.

Non abbiamo bisogno della spettacolarità. Quando io devo essere visto dagli altri, vuol dire che non so chi sono. Chiedo agli altri il diritto di esistere. Non c’è bisogno di mettersi in antagonismo con Dio. Si tratta di entrare un rapporto docile con lui. Nel segreto sa regalare molto più di quanto l’uomo riesce a dare nella spettacolarità. Un uomo che non è schiavo dei beni di questa terra, che ha un rapporto con Dio, è un uomo meraviglioso. Questo è l’uomo verso cui camminare in questa Quaresima.