La Rete dell’odio

A parole tutti si dicono paladini della democrazia, a chiacchiere sventolano la difesa dei diritti altrui. Sui social network è un fiorire di disegnini e vignette in cui la libertà di pensiero sembra il dogma intoccabile per ogni Paese che voglia dirsi civile, condite da migliaia di “like” e “sorrisi”. La realtà però è un’altra, ed è inquietante.

Si è arrivati ad un livello tale di odio che ogni confronto non passa più per il dialogo ma per le barricate. Si alzano muri “a prescindere”, e quindi non si vede più cosa c’è dall’altra parte. Si percepisce solo il “nemico”, senza valutare nel concreto cosa fa e chi lo fa. E contro di lui si vomita tutto il possibile, in un crescendo inarrestabile che mette a nudo il livello nel quale è sprofondata la nostra società.

Il caso dell’annuncio della maternità di Giorgia Meloni è emblematico: una selva di prese in giro, sfociate in alcuni casi nelle offese personali, nel turpiloquio. Non entro nel merito delle battute sessiste, perché non è questo il punto, seppur grave.

Ciò che non è accettabile è la violenza con la quale ci si scaglia ormai contro chi non la pensa come noi, un’aggressività che non si ferma nemmeno davanti a una cosa bella come l’annuncio di una nascita. Tutto diventa sporco, corrotto, strumentale. Anche in questo il relativismo ha mietuto le sue vittime: tutto è concesso, purché a farlo sia una parte. Non esiste il limite invalicabile, ma lo sproloquio “a far male”.

Il web è pieno di persone che sanno tutto, capiscono tutto, giudicano tutti. Ognuno si erge dalla propria tribuna e come un novello imperatore prepara il pollice verso. La presentano come democrazia, perché – dicono – ciascuno ha il diritto di dire la propria. Ma non è così, e per capirlo basterebbe ricordare la definizione del termine rispetto: disposizione ad astenersi da atti offensivi o lesivi, implicita nel riconoscimento di un diritto. Quanto siamo lontani dalla presunta indipendenza della Rete.