Gemelli, i consigli agli italiani per la fase 2 della pandemia

Il professor Maurizio Sanguinetti illustra lo studio dell'Università Cattolica (pubblicato oggi dalla più prestigiosa rivista specialistica europea) su come riadattare le strutture diagnostiche all'emergenza coronavirus

Un passeggero con mascherina all'aeroporto Arlanda di Stoccolma - Foto © Sky
“Noi forniamo sedute diagnostiche fino alle 3 di notte tutti i giorni dall’1 marzo e riceviamo intorno ai 400/450 campioni, che vengono gestiti in una giornata. Tutto questo ha comportato un rivoluzionamento delle diagnostiche ricovertite all’analisi di
Covid con soluzioni piuttosto originali che abbiamo attuato al Gemelli– spiega a Dire il professor Maurizio Sanguinetti-. Proprio oggi è stato pubblicato un nostro lavoro scritto per descrivere questa nostra esperienza su European Journal of Clinical Microbiology & Infectious, rivista della società europea di microbiologia clinica e malattie infettive, proprio per condividere questa ristrutturazione del laboratorio per venire incontro all’emergenza. In nessun momento è stato tralasciato tutto il resto, che naturalmente è stato ridotto ma mantenendo i giusti tempi. Il risultato non è il mio, ma di tutto il personale che collabora con me nel laboratorio, che ha aderito a questo progetto in modo entusiastico e che io ringrazio sempre”.

Modello Taiwan

Governo e comitato tecnico-scientifico sono al lavoro per delineare le strategie da mettere in campo nella “fase due” dell’emergenza coronavirus. Tra gli argomenti più discussi, le future regole di comportamento dei cittadini: prima tra tutte, quella legata alla questione dell’app “Immuni”. Afferma a Sanguinetti (dipartimento di Scienze di laboratorio e infettivologiche del Policlinico Gemelli di Roma):”La linea guida è fare in modo che si ci siano meno occasioni possibili di contagio e poi mantenere il distanziamento sociale, pari almeno ad un metro, indossare protezioni, sicuramente su tutte la mascherina, e lavarsi le mani. Le precauzioni sul luogo di lavoro ci sono, ma vanno ridotte in modo importante le situazioni di assembramento, come indicherà il governo. Stessa cosa vale per i mezzi pubblici: infatti l’idea è di riproporre quanto realizzato in Cina, quindi ridurre il numero delle persone che utilizzano contemporaneamente i mezzi e questa è una grossa sfida per i decisori.  Questa è una situazione che ci porteremo avanti per molto tempo e bisogna convivere con questo modo di comportarsi. Quando avremo un vaccino dobbiamo pensare che non ci potrà proteggere in modo totale e in ogni caso c’è la necessità comunque di ridurre le possibilità di contagio“.

App Immuni

La app “Immuni” per essere efficace deve essere scaricata dal 60% della popolazione. Precisa Sanguinetti: “E’ uno dei tre capisaldi per combattere efficacemente il virus: il primo, lo abbiamo detto, è costituito dal vaccino e dal distanziamento sociale; il secondo riguarda la messa a punto di terapie o raffinare quelle esistenti. Terzo, fare una diagnosi quanto più precoce possibile che da clinico per me è la priorità. Dalle esperienze in varie parti del mondo, penso alla Corea ma anche a Taiwan, è emerso che fare solo tamponi per la diagnosi serve a poco. Ecco perché la app serve a tracciare gli spostamenti di ogni singolo individuo, da aggiungere ai test“. Inoltre, sottolinea Sanguinetti, è “utile perché nel momento in cui identifico una persona positiva, posso rintracciare tempestivamente tutte le persone con cui questa è entrata in contatto e dunque le persone potenzialmente infettate. Tutti i problemi sollevati legati alla privacy devono essere ben gestiti a livello istituzionale. Certamente, poi, più la scaricano meglio è. Per quanto riguarda gli anziani, già ora è meglio che escano di casa il meno possibile, quindi si può compensare la problematica della loro mancanza di confidenza con le app e la tecnologia con un lockdown prolungato”.