Armi da fuoco: le 10 stragi che hanno scioccato il mondo

Se Stephen Paddock – il killer di Las Vegas – stava cercando di entrare nel guinness dei primati delle peggiori stragi commesse con armi da fuoco, possiamo parlare di missione fallita. Il massacro del Mandala Bay si colloca, infatti, al terzo posto della classifica degli ultimi 30 anni per numero di vittime (59). La più grave continua a essere la strage di Parigi del 13 novembre 2015, costata la vita a 137 persone, delle quali 128 uccise nel corso di sparatorie.

I killer

Pur restando in cima alla top 10 delle carneficine perpetrate con l’ausilio di fucili, mitra e pistole, quella eseguita dall’Isis nella capitale francese è, tuttavia, l’unica riconducibile al terrorismo di matrice jihadista, il quale più volentieri ricorre agli esplosivi (pensiamo agli attentati di Bruxelles del 2016) o ad armi non convenzionali (come automobili, furgoni e tir). Il primo dato interessante che emerge dal ranking è, dunque, quello legato agli autori delle stragi: quasi sempre uomini comuni che hanno agito con le armi possedute in virtù del proprio mestiere (poliziotti, ex soldati ecc.) o grazie a una legislazione particolarmente morbida, come quella americana.

Il caso americano

Proprio gli Stati Uniti sono stati teatro di 6 delle 10 stragi più gravi dell’ultimo trentennio, per un totale di 210 morti. Un dato su cui l’amministrazione Trump è chiamata a riflettere, con buona pace del II emendamento e della National Rifle Association, la potente lobby delle armi che esercita un’influenza trasversale sulla politica Usa ma con un particolare occhio di riguardo nei confronti del partito Repubblicano.

Scendiamo ora nel dettaglio della classifica, ricostruendo i 10 peggiori massacri commessi a seguito di sparatorie dal 1984 a oggi.

1 – Gli attacchi di Parigi (128 morti)

Rappresentano nel loro insieme il più grave attentato terroristico mai compiuto in Europa. Il 13 novembre del 2015 un commando jihadista dell’Isis composto dal almeno 10 persone colpì quasi simultaneamente nel I, X e XI arrondissement di Parigi e nel quartiere di Saint-Denis. Tre esplosioni si concentrarono nei pressi dello Stade de France, dove si stava svolgendo l’amichevole Francia-Germania, mentre una quarta si verificò in boulevard Voltaire (in centro). Le deflagrazioni nel complesso provocarono 5 morti (un civile e 4 kamikaze). Furono le sparatorie a causare il maggior numero di vittime (128). Quella più sanguinosa avvenne all’interno del teatro Bataclan dove si stava svolgendo il concerto di una rock band americana. Le persone rimaste uccise furono 93.

2 – La carneficina di Breivik (69 morti)

Il 22 luglio 2011 l’esplosione di un’autobomba nel quartiere di Regjeringskvartalet, a Oslo, causò la morte di 8 persone e il ferimento di altre 209. Due ore dopo l’estremista di destra Anders Behring Breivik, camuffato da poliziotto e con documenti falsi, raggiunse l’isola di Utøya, nel Tyrifjorden, dove si stava svolgendo un campus giovanile del Partito laburista norvegese, con la scusa di cercare bombe. Dopo aver eliminato con una pistola Glock i direttori del campo, Breivik si diresse verso i giovani dai 12 ai 20 anni raccolti in un punto di ristoro, e dopo aver estratto un fucile automatico aprì deliberatamente il fuoco. Le vittime sull’isola furono 69. All’arrivo della polizia il killer si consegnò spontaneamente. Successivamente rivelò che l’attacco rappresentava “messaggio forte al popolo, per fermare i danni del partito laburista” e per porre fine a “una decostruzione della cultura norvegese per via dell’immigrazione in massa dei musulmani”.

3 – Las Vegas (59 morti)

Il 1° ottobre 2017 il pensionato 64enne Stephen Paddock (incensurato) ha iniziato a sparare dalla sua stanza del Mandalay Bay di Las Vegas contro la folla che stava assistendo al Route 91 Harverst Festival, uccidendo 59 persone. All’arrivo della polizia l’uomo si è suicidato. Le autorità stanno ancora indagando sul movente della strage. Paddock, secondo il fratello Eric, era “un investitore multimilionario che aveva fatto una fortuna nel settore immobiliare”.

4 – La strage di Uiryeong (56 morti)

Venne commessa tra il 26 e il 27 aprile del 1982 dal poliziotto ed ex militare sudcoreano Woo Bum-kon con una serie di attacchi nella contea di Uiryeong. Il primo avvenne in un ufficio postale, dove Woo uccise 4 persone. In seguito lanciò una granata e aprì il fuoco sui passanti nel mercato di Torongni. La sera dello stesso giorno assaltò un negozio di alcolici, eliminando il proprietario e un giovane preso in ostaggio. Poi fu la volta di due intere famiglie del villaggio di Pyongchon-Ni. Seguirono altri massacri. L’ultimo alle prime ore del mattino del 27 aprile. Dopo aver lasciato a terra 56 persone, Woom si tolse la vita. La fidanzata (malmenata dal suo compagno prima della strage) rivelò che Woom “soffriva di complessi di inferiorità ed era infastidito dai pettegolezzi dei suoi compaesani sulla nostra convivenza”. Il massacro di Uiryeong provocò un terremoto politico che portò alle dimissioni, fra gli altri, del ministro degli Interni e del capo della polizia sudcoreana.

5 – La tragedia del Pulse Club (49 morti)

Intorno le ore 02:02 del 12 giugno 2016, all’interno del noto locale gay Pulse di Orlando, un uomo armato di un fucile semiautomatico Sig Sauer Mcx e di una pistola semiautomatica Glock 17, dopo aver superato i controlli all’ingresso del locale ed esservi entrato, ha aperto il fuoco sulla folla intenta a danzare sulla pista da ballo. Il killer era un uomo bianco, di origini afgane, poi identificato come Omar Mateen. Dopo essersi asserragliato nel locale e aver preso in ostaggio i sopravvissuti l’assalitore ha chiamato il 911 e giurato fedeltà all’Isis. La matrice dell’attacco, tuttavia, secondo la polizia non sarebbe terroristica bensì omofobica. Poco dopo le 5 del mattino, gli agenti dell’Orlando Police District, dopo essere penetrati nel night club ed essersi fatti largo tra i cadaveri hanno sparato a Mateen, freddandolo. L’omicidio di massa è costato la vita a 49 persone.

6 – Port Arthur (35 morti)

Tra il 28 e il 29 aprile 1996 Martin Bryant, originario di un sobborgo di Hobart, uccise a colpi d’arma da fuoco 35 persone e ne ferì altre 21 in varie località della cittadina di Port Arthur in Australia. La mattina del 28 aprile Bryant entrò nel “Broad Arrow Cafè“, una tavola calda piena di turisti, estrasse da una borsa da tennis un fucile semiautomatico e iniziò a sparare, uccidendo 20 persone. In seguito aprì il fuoco contro la folla in coda davanti all’ingresso di un ex penitenziario trasformato in museo. L’ultimo atto della carneficina avvenne in un cottage, dove il killer si era asserragliato prendendo in ostaggio gli anziani proprietari. Malgrado la presenza di 200 agenti speciali, alle 08.30 del giorno successivo, Bryant appiccò il fuoco al villino prima di uscire e consegnarsi alle forze dell’ordine.

7 – Il massacro del Virginia Polytechnic Institute (32 morti)

Fu compiuto il 16 aprile del 2007 dallo studente sudcoreano Cho Seung-hui, poi suicidatosi, all’interno del Virginia Polytechnic Institute di Blacksburg. Il giovane (23 anni) era cresciuto a Centreville, sobborgo di Washington nel quale si era trasferito assieme alla sua famiglia nel 1992, all’età di otto anni. In possesso della carta verde, viveva all’interno del campus – nell’area Harper Hall – e frequentava il quarto e ultimo anno della facoltà d’inglese. In due distinte sparatorie Seung-hui uccise complessivamente 32 persone, tra studenti, professori e dipendenti dell’istituto.

8 – La Sandy Hook Elementary School (27 morti)

Cinque anni dopo, un’altra scuola, stavolta elementare, fu teatro di una strage. Dopo aver ucciso la madre e aver trafugato le armi da lei regolarmente detenute, Adam Lanza (20 anni) si recò in auto davanti alla Sandy Hook Elementary School di Newtown (Connecticut) e, una volta entrato, cominciò a sparare causando la morte di 27 persone, 20 delle quali bambini di età compresa tra i 6 e i 7 anni. Anche Lanza si suicidò prima dell’arrivo della polizia.

9 – La sparatoria di Luby’s (23 morti)

Il 16 ottobre 1991, il 35enne George Hennard, un disoccupato ex dipendente della marina mercantile misogino e xenofobo, irruppe con il suo furgone Ford Ranger del 1981 all’interno del ristorante Luby’s di Killeen nel Texas. Sceso dal mezzo di trasporto si mise a urlare: “Tutte le donne di Killeen e Belton sono serpi. Questo è per quello che hai fatto a me e alla mia famiglia! Questo è per quello che mi ha fatto Bell County! E’ il momento di fare i conti”. Poi aprì il fuoco sui gestori e sul personale con una Glock 17 e una Ruger P89. Prima di togliersi la vita uccise 23 persone.

10 – Sangue al McDonald’s (21 morti)

Il 18 luglio 1984 James Huberty, un 42enne che sosteneva di essere affetto da disturbi mentali ma non era stato preso sul serio dalla clinica psichiatrica cui si era rivolto, assaltò un McDonald’s del quartiere San Ysidro di San Diego (California). L’attacco durò poco più di un’ora e costò la vita a 22 persone. Intorno alle 17.17 Huberty venne raggiunto da un colpo al collo sparato da un cecchino degli Swat piazzato sul tetto di un ufficio postale, situato nei pressi del fast food.